Se i trans vanno di moda è colpa degli stilisti e del modello Jessica Rabbit

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Se i trans vanno di moda è colpa degli stilisti e del modello Jessica Rabbit

Se i trans vanno di moda è colpa degli stilisti e del modello Jessica Rabbit

30 Novembre 2009

Alla quotidiana presenza dei trans sui media, come se all’improvviso il maschio italiano fosse preda dell’attrazione fatale per le varie Natalì, Brenda e Jennifer, nella realtà effettuale c’è un fenomeno in controtendenza: quest’anno la moda della strada vede il successo di morbidi vestitini di lana stile impero. Vestitini comprati al mercato per pochi euro, che invitano alla maternità e infatti parecchie donne incinte li usano come premaman. Un pancino rotondo è l’ideale per il vestito stile impero.

La moda è un indicatore più eloquente di tante fumoserie intellettuali – già l’esaltazione della pancia scoperta degli ultimi anni procedeva in questa direzione – e quindi se la crisi economica, come in ogni epoca, registra il boom di escort e trans, forse il ciclo della trasgressione, parola chiave di mezzo secolo, potrebbe essere paradossalmente in via di esaurimento. Le donne sembrano rispondere alla sfida trans facendo bambini, perfino le coppie gay vogliono sposarsi e mettere su famiglia, magari affittando un utero, e anche questa è una vittoria delle donne, che stanno facendo di tutto per dimostrare di potere lavorare e fare le mamme. Chissà, forse sta per chiudersi il ciclo della trasgressione teorizzata ed esibita, anche se il femminiello, come la prostituta, nonostante la famosa legge Merlin, continueranno a esistere sempre, perché esistono dall’antichità.

Certo, lo sappiamo, la trasgressione iniziò con la minigonna di Mary Quant e la pillola, ingredienti fondamentali della rivoluzione sessuale proclamata dal femminismo, una rivoluzione iniziata a Berkeley nel ’68, che comprendeva anche la lotta per i diritti delle minoranze sessuali e etniche. Oggi abbiamo un afroamericano alla Casa Bianca, ma Obama è la negazione della trasgressione e la celebrazione delle virtù familiari, della disciplina perfino nel cibo. Ed è negli States che i gay lottano per sposarsi, rinunciando alla trasgressione.

Le donne sono storicamente un soggetto sociale debole e in conflitto tra loro: hanno accettato la minigonna e la pillola come rivolta generazionale – in un giorno fecero sentire vecchie le più splendide maggiorate quarantenni –, così hanno accettato il femminismo per entrare in politica e nel mondo del lavoro: era l’unica arma che avevano. Hanno pagato prezzi alti: si stanno giocando perfino la longevità e vengono accusate di avere messo in crisi il maschio, di avere ucciso il desiderio maschile.

A fine anni ’70 capitava di sentire qualche discussione tra uomini: “Fino a qualche anno fa, per eccitarci bastava una gonna al vento, una donna mentre scendeva dall’auto…Quei tre centimetri di coscia….Ora abbiamo cosce in faccia di continuo con la minigonna e anche il nudo integrale. Ma una spiaggia piena di ragazze nude vi eccita? Io penso solo a Zabriskie Point, ad Antonioni, Visconti, a Fellini, al cinema italiano, non al sesso. E mi chiedo: noi uomini, cosa dovremo inventarci in futuro per eccitarci?”. “Hanno ucciso il desiderio”, concludevano e forse c’era qualche verità. I trans sono anche la risposta al bisogno di qualcosa di nuovo per suscitare il desiderio maschile. Tra ragazze sempre in jeans, colleghe, mogli e fidanzate in tailleur corazza e le modelle pin up di Versace di fine anni ’80 e primi ’90, i maschi optarono decisamente per quest’ultime.

La moda invitò le donne a gettare via spalle imbottite, fuseaux e cappottoni da generali, a correre a comprarsi rossetti e lingerie. Passarono ore a sfiancarsi in palestra, a strizzarsi negli attuali centri benessere per glutei alla Naomi Campbell, ma il trans era già nato. Nel 1980 era uscito “Dressed to kill” (“Vestito per uccidere”) di Brian De Palma, con Michael Caine, psichiatra transessuale indeciso se tagliarselo o no, che impazzisce e comincia a mollare rasoiate alle donne. Se Michael Caine, donnaiolo impenitente e morbido, una specie di Mastroianni inglese a volte, era quasi credibile travestito da donna, il problema esisteva sul serio.

Nella “Moglie del soldato inglese” (“ The Crying Game”) del 1992 il trans Dil ( l’ermafrodito Jaye Davidson) è affascinante, delicato, positivo e redime addirittura un terrorista dell’Ira. Un’Eva Robin’s inglese, un trans soft, “femminile”, ma veloce con la pistola a mirare al cuore. Con labbra al silicone e protesi mammarie le donne diventarono negli anni ’90 Jessica Rabbit, la caricatura della femme fatale. I tanti cloni di Jessica Rabbit sono di casa in tv da anni e le incontriamo perfino al supermercato: così, in mezzo a tante donne che sembrano trans, qualche maschio insoddisfatto va a trans, donnone gonfiate, alte come giocatori di basket e col pisello. Perfino Carlo Ripa di Meana, Orgasmo da Rotterdam, confessa orgogliosamente di non essersi perso l’avventura col trans, anni fa. Ormai Il trans è alla portata di tutti, sulla strada, e, in certi casi, tira più della prostituta, ormai globalmente escort.

Cos’è accaduto? Chi va a trans non è necessariamente gay, perché al gay piace talmente essere maschio da volere un altro maschio come partner. L’uomo che va a trans cerca una femminilità esasperata, una Jessica Rabbit col pisello. Vuole emozioni forti, per questo entra in gioco la coca, emozioni forti che è difficile trovare con una donna. Forse è la sindrome “Basic Instinct”, dove la bisessuale Sharon Stone era una dominatrice sexy e sadica al punto di scannare gli amanti in pieno orgasmo. Insomma, l’impero dei sensi in versione occidentale. Nell’immaginario maschile esiste anche il piacere di essere preso a sculacciate – basta pensare alle Confessioni di Rousseau –, il piacere di essere dominato e umiliato, come il marito di Bree Van de Kamp, la casalinga disperata ossessionata dalla perfezione e dall’eleganza, ma le donne capaci di picchiare e di uccidere come Sharon Stone in “Basic Instinct” sono rare: basta guardare le statistiche delle donne assassine. Per questo, il sesso con un trans a qualcuno dà più brivido. Queste donnone esagerate, alte come corazzieri, hanno mani forti che possono fare immaginare una stretta mortale.

Più del desiderio di sesso, c’entra forse il desiderio del brivido della morte, della punizione, delle sculacciate. Di donne troppo nude, troppo rifatte, troppo gonfie, troppo disponibili, poi, gli uomini ne hanno a bizzeffe. Gratta gratta, il sogno segreto di tanti signori maturi non è Sophia Loren, ma Brigitte Bardot, la lolita perversa ed innocente, il vestito con gonna gonfia e la scollatura a balconcino, fragile e delicata, incontrollabile, con la voglia di libertà: in fondo un’icona romantica. Forse, alla fine, l’antidoto al trans è il consiglio che le nonne di una volta davano alle nipotine: “Fateli soffrire un po’, per favore”.