Se il futuro non è più nelle nostre mani

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Se il futuro non è più nelle nostre mani

Se il futuro non è più nelle nostre mani

01 Ottobre 2025

Cronaca di una famiglia dall’interno: il padre, operaio, alle prese con periodi di cassintegrazione; la madre casalinga (sì, esistono ancora le casalinghe); una figlia liceale. Scorrono le immagini in televisione: quella generalista, perché poi ci sono i pacchi. Immagini delle due guerre ai confini di casa (Ucraina e Gaza), le manifestazioni di piazza pro-Pal, gli scontri.

Il padre sbotta: “Poveri bambini a Gaza, ma anche poveri ostaggi israeliani nelle mani dei terroristi di Hamas”. La giovane è più oltranzista, sta dalla parte dei palestinesi, “senza se e senza ma”. All’improvviso interviene la casalinga, che prepara la cena: “Domani scadono le bollette del gas e della luce”. Cala il gelo nella stanza. Maledetti soldi, ci combatti appena incominci ad avere la consapevolezza della vita.

La realtà quotidiana, con il suo carico di problemi, di ansie, di speranze perdute piomba prepotentemente nella stanza, nel ménage familiare: la tv, con i suoi mega-problemi, resta sullo sfondo. L’Ucraina, i bambini di Gaza, gli ostaggi non scompaiono, ma lentamente si dissolvono, non per indolenza o insensibilità ma perché la vita ti sbatte in faccia le sue cambiali e non puoi farci nulla.

Stessa città, uno scenario solo apparentemente analogo: famiglia medio-borghese, acculturata, giornali e libri in bella mostra, pochi problemi economici. Altro che show leggeri, naturalmente l’attenzione serale si concentra sui talk giornalistici, in cui ogni componente della famiglia veste i panni del tifoso perché “noi siamo dalla parte giusta della storia” mentre “loro”, gli “sprovveduti” si lasciano travolgere dagli eventi e dalla propaganda.

Ma dov’è la realtà? È quella quotidiana di chi lotte e soffre con la vita, con le bollette, con l’insicurezza, con un futuro tutto da costruire e un presente pieno di affanni, o quella di coloro che vivono nel mondo dell’iperuranio, dove non arriva l’incertezza, la precarietà del tempo in cui ci è dato vivere, nuovi cittadini del mondo, residenti ovunque e in nessun luogo?

Profetico l’incipit di Anna Karenina: “Tutte le famiglie felici si assomigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”.

Le due famiglie vivono nella stessa città, ma non respirano la stessa aria. Sembrano appartenere a sfere diverse, parlano a malapena la stessa lingua. È la nuova frontiera dello scontro sociale: destra e sinistra, capitale e lavoro, collettivisti e liberali sembrano ormai categorie quasi desuete. Non appaiono più esaurienti a comprendere il nuovo tempo. Quello di internet, “il mercato dell’identità illimitate” (Zygmunt Bauman), dell’intelligenza artificiale. Forse il futuro non è più solo nelle nostre mani.