Se il “global warming” c’è anche su Marte, sulla Terra qualcosa non torna
25 Giugno 2016
La pressione psicologica cui da anni ci sta sottomettendo, e sottoponendo, l’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) è l’effetto collaterale di una religione politeista tanto simile a quella dell’antica Grecia. E di essa riflette tutti gli ingredienti che ne evidenziano le peculiarità: le divinità (gli scienziati e i politici) che fanno i dispetti e mettono in castigo; le indicazioni su come mantenere la concordia con gli dei e cosa mangiare per non eccitarne l’ira; il timore delle divinità che lo stesso culto provoca, perché connesso alla dimensione del sacro; l’aver assegnato all’uomo un confine preciso, il cui superamento comporta la hýbris e quindi l’irrisione degli scettici e la scomunica dei dissidenti; e gli oracoli, certo: i meteorologi.
Un culto, questo, che, a dispetto delle religioni millenarie, manifesta un superbo devotismo e vanta apostoli diffusi per il continente. Per esempio la Cina e la California si sono appena alleate per collaborare alla campagna “Less Meat, Less Heat, More Life” (Meno carne, Meno calore, Più vita). Pronti, quindi, a salvare il pianeta convinti che contenere la domanda di cibi a base animale sia “essenziale se si vuole limitare il global warming a 2 gradi, come deciso dalla Conferenza di Parigi Cop21”. Dall’altra parte del mondo, invece, c’è chi suona tra i ghiacciai galleggianti dell’Artico per proteggerlo dalle minacce che subisce a causa del riscaldamento globale: Ludovico Einaudi, il noto pianista e compositore italiano, si è imbarcato sulla nave di Greeenpeace, ‘Arctic Sunrise’, e ha girato un video con un pianoforte a coda per unirsi all’appello proprio di Greenpeace.
Da un lato, allora, c’è l’esigenza di difendere il pianeta dagli animali, dall’altro dall’uomo. Di mezzo ci passano la scienza, la realtà e le bufale. Manifestazioni al limite del paradossale che evidenziamo, soltanto, come la fede del riscaldamento globale, nata per imputare all’uomo le sue responsabilità rispetto al clima, si sta dimostrando ridicola, bugiarda e persino insostenibile nelle costose, e inefficaci, prescrizioni. Basti pensare che solo tra il 2005 e il 2015 sono stati investiti 176 miliardi di dollari (dati della World Bank) per le politiche del clima. Numeri da capogiro. Come quelli delle numerose baggianate cui vorrebbero indottrinarci. E possiamo fare qualche esempio.
Mentre si maledice l’effetto serra, la CO2 e troppi uomini che osano respirare, la più importante rivista del settore, Nature Geoscience, già nel 2012, rifletteva, piuttosto, sull’esigenza di ringraziare queste presunte disgrazie per averci salvati dal rischio di una nuova era glaciale. Secondo il mensile, l’attività antropica, infatti, nel riscaldare il Pianeta, sta semplicemente allontanando il pericolo. Addirittura, il ricercatore capo dell’Istituto di Potsdam per la Ricerca sull’impatto climatico, sostiene che una nuova era glaciale avrebbe dovuto iniziare 200 anni fa se la concentrazione di CO2 fosse stata quella normale.
Quindi d’improvviso, fonti non sospette, hanno fatto dell’uomo la panacea di tutti i mali. Proprio l’elemento principale da cui la nuova religione voleva difendersi. Perché la dottrina del riscaldamento del clima è nata esattamente per contrastare, e contestare, la sostenibilità dei modelli di sviluppo e la crescita della popolazione. Ma nel frattempo, è subentrato un nuovo problema per i dottori dei cambiamenti climatici: Earth isn’t the only planet grappling with climate change”. Lo ha denunciato il Washington Times il 31 maggio scorso: non è solo la terra ad essere interessata dal global warming, ma anche Marte. Proprio su Marte si registra un marcato fenomeno di riscaldamento. Ma come?! E adesso cosa ne faremo delle conclusioni della Cop21 di Parigi? L’uomo che con le sue tecnologie, le emissioni carboniche, l’energia e i suoi modelli, ha causato ogni sorta di cambiamenti, è stato capace di coinvolgere anche Marte? Un video musicale su Marte si può girare per attutire i colpi?
Il dogma è, semplicemente, sbugiardato. Ma non era così difficile da prevedere. Gli esperti, e i politici capitanati dall’Onu, non hanno mai coinvolto i fenomeni “naturali” nelle spiegazioni del clima per lasciare sole, al centro di ogni considerazione, le cosiddette “cause antropiche.” L’articolo del Washington Times, senza remore, pone la domanda: come escludere che il riscaldamento terrestre non abbia le stesse motivazioni, “naturali” e non antropiche, che ha su Marte? Lo studio è stato pubblicato da Science, la più prestigiosa, insieme a Nature, rivista scientifica Usa. La squadra guidata da un noto scienziato planetario ha monitorato, per due anni, i dati forniti da una sonda polifunzionale della Nasa.
Per gli scienziati c’è una spiegazione al cambiamento climatico sul Pianeta rosso: la variazione, in lunghi cicli naturali, delle oscillazioni dell’asse del pianeta. È la combinazione tra effetti solari e geometria dell’orbita dei pianeti a determinare, nelle lunghe epoche planetarie, l’alternarsi di glaciazioni e riscaldamento. Vale per Marte e per ogni altro pianeta, Terra compresa. Tutto nella norma, insomma. E proprio la Terra, che secondo le previsioni, oggi doveva essere arrostita e desertificata, non solo è in forma, ma grazie alla maggior quantità di anidride carbonica, è pure più verde. E ce lo racconta anche il grafico interattivo proposto dal Washington Post.
Anche perché, come il premio Nobel Ivan Giaever ha dimostrato, negli ultimi 100 anni, la temperatura è aumentata di meno di un grado. La verità è che, senza dilungarci ancora molto, ci è stato chiesto di soggiogare il Pianeta che abitiamo. Perché il rischio, al contrario, è lasciarci divorare dalla natura, che benigna non è. Ed è proprio la scienza a ricordarcelo richiamandoci ad un sonoro: “Contrordine, compagni! Mangiate, moltiplicatevi e vivete!”