Se il multiculturalismo arriva al fallimento

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Se il multiculturalismo arriva al fallimento

26 Luglio 2011

Solo in Italia, Paese in cui tutto diventa un tentativo di dimostrare che c’è nei dintorni qualcuno da disprezzare e mettere all’indice, qualcuno a cui sei superiore, un opportunista strumentalizzatore, un pecione, un cretino, un essere moralmente inferiore, la tragica vicenda di Oslo è diventata terreno di insulti e di colpe. Io sono fra quei giornalisti, come quasi tutti quelli che hanno chiuso in orario normale, intorno alle nove, che, occupandosi da lunghi anni di terrorismo (fra i tanti, un mio pezzo fu usato il 12 settembre del 2001 dal Wall Street Journal per spiegare che cosa è, in essenza, un terrorista), aveva stavolta potuto approfondire quasi solo la parte relativa all’autobomba di Oslo; e poco ancora sapeva dell’isola, della micidiale vicenda dei ragazzi uccisi, che ha poi molto chiarito il contesto.

Sull’attacco al centro di Oslo, gli elementi raccolti, fra cui la rivendicazione di Al Qaeda, quasi non lasciavano dubbi. Non voglio appesantire i lettori ripetendo quello che già sanno: nomino appena i due contingenti norvegesi in Afghanistan e in Libia; le minacce di morte di Al Zawahiri, il successore di Bin Laden; le vignette su Maometto ripubblicate (ma ve lo ricordate che l’Europa prese fuoco per quei disegni?); e soprattutto, il grande sfondo: Al Qaeda e il fondamentalismo islamico in genere hanno coperto il mondo di un numero di attentati che sfiora i diecimila. E ci ha annegato, insieme anche a gruppi sciiti, come gli Hezbollah, che ha già compiuti grandi attentati in Sud America, o Hamas, che i suoi attentati li fa in Israele, di una letteratura immensa e articolata, in cui l’uccisione di massa di innocenti, di passanti, di bambini secondo la modalità norvegese, è il comma indispensabile.

La variabile dell’orribile assassino pazzo non l’avevo messa in conto, confesso; e per ora egli sembra restare un vampiro solitario, uno psicopatico stragista non prevalentemente cristiano o islamofobo, ma soprattutto psicotico, un tipo che, anche se computa 1500 pagine di delirio e scrive ai siti di estrema destra, nessuna politica sociale avrebbe mai curato la sua sete di sangue. Non mi convince nemmeno il lato oscuro delle società aperte di cui si è molto scritto citando la letteratura nordica: il lato oscuro di uno che cannoneggia ottanta ragazzini a sangue freddo sta nella sua testa, quale ne sia il contesto. Tutt’altra cosa è il terrorismo islamico, ormai ricco di una tradizione, di martiri, di convinzioni teoriche, di soldi, di organizzazione, di piani. Era logico, di fronte a un così grande attentato, pensarci.

Ed ecco che il giornalista (e nel mondo sono migliaia), messo di fronte a dati già scandagliati molte volte, è giunto a conclusioni poi rivelatesi errate ma che avevano molte ragioni di essere credute: e tuttavia si è trovato di fronte a due diverse accuse, una personale, l’altra dannosa per tutti. La prima è quella di essere stato preda di una smania “frettolosa, compiaciuta e spaventosamente disinformata con cui i cantori dello scontro di civiltà hanno subito gridato alla marca islamista”. Questo l’ha scritto sul Corriere Pierluigi Battista. Ma lui, acuto analista, sa che cantore non sono, e neppure disinformata.

Tutte le informazioni fino a quell’ora conducevano decisamente in quella direzione, e non in superficie. Il loro sfondo analitico l’ho rimuginato per anni: e ce n’era di che. Bali (202 morti) Madrid (191), Londra (52) Istanbul (tutte le sinagoghe 25, più altri 26), Mumbai, Algeri, Khobar, Amman e più tutti gli altri attacchi terroristi non di Al Qaeda, compresi i più di mille morti nell’Intifada in Israele. Dunque, anche la prossima volta che ci sarà un attentato mi prenderò il rischio di esaminare la pista di Al Qaeda e simili. Speriamo di chiudere il Giornale tardi.

E ora la seconda questione: è insopportabile e pretestuoso che su Repubblica Bernardo Valli sostenga, esempio di un’attitudine diffusa, che la critica al multiculturalismo, la preoccupazione in particolare per una presenza islamica in Europa, abbia creato le premesse per l’impazzimento omicida. La Merkel, Cameron, che Valli biasima, e anche Frattini, che ne hanno denunciato il fallimento non facevano altro che registrare con coraggio una realtà: e che cosa, ora non si può più dire? avevamo sbagliato nel nostro modo di guardare all’immigrazione, ci siamo innamorati dei colori e dei costumi, e anche dello sfruttamento a basso costo, senza guardare se c’era quella “passione inquieta e ardente” e l’”avidità verso l’immensa preda” che Tocqueville vedeva nei nuovi immigrati in America, puntata tutta ad acquisire modernità e democrazia. Al giorno d’oggi, non è andata così.

Non abbiamo verificato, contato, stabilito norme accettabili da tutti: l’immigrazione è immensa, portatrice oltre che di novità e ricchezza anche di grandi guai. Per esempio, una rinnovata oppressione della donna, il ritorno del delitto d’onore, mutilazioni genitali, famiglie poligamiche (a Parigi ci sono più di 200mila persone che ne fanno parte), una crescita smisurata di popolazione che ha usi e costumi che cambiano per sempre il modello di vita maturato in secoli, che creano paura nelle classi più deboli. In Norvegia nel 2047 la popolazione musulmana avrà pareggiato quella locale, difficile pensare che su questo dato si possa fare uno sbadiglio.

In più, c’è un Islam religioso con cui si convive pacificamente, ce n’è uno politico e conquistatore. Esso non ha intenzione di accettare la nostre scelte di vita. Lo scrittore Bruce Bawer, omosessuale che dagli USA aveva scelto Oslo dove la società aperta gli consentiva di vivere una vita più tranquilla, da tempo teme di uscire col suo compagno per via delle aggressioni di gruppi omofobi stranieri.

Le classi delle elementari in Norvegia dovrebbero includere ciascuna fino a quindici bambini immigrati contro cinque bambini locali, e i quindici giungono a scuola spesso senza sapere la lingua. E’ un problema questo? Altroché. Dimostra che l’integrazione se dilaga è un difficile affare e che ci siamo comportati leggermente? Sì. Dimostra che io, parlandone qui sto fomentando l’odio di qualche orribile mostro nascosto nei dintorni? Chi osa sostenerlo, lo denuncio.

(Tratto da Il Giornale)