Se la carta stampata piange, il giornalismo online non ride

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Se la carta stampata piange, il giornalismo online non ride

26 Aprile 2009

La crisi economica e finanziaria non salva proprio nessuno, nemmeno l’informazione. Pochi giorni fa lo ha confermato anche il magnate dell’informazione Rupert Murdoch, suggerendo ai giornali Usa di far pagare l’accesso alle proprie notizie web come una misura per salvare il giornalismo. Le dichiarazioni di Murdoch giungono proprio nel momento in cui il Times – che di recente ha dichiarato di non riuscire a coprire i costi con la pubblicità – sta valutando la possibilità e l’opportunità di offrire dei servizi a pagamento per la consultazione di alcuni o di tutti gli articoli del sito.

A lanciare l’allarme è stata la sesta edizione del rapporto annuale sul giornalismo americano, The State of the News Media 2009, che prevede un futuro a dir poco buio per il giornalismo della carta stampata. Il report analizza tutti i fattori che ne stanno minacciando la sopravvivenza e può servire come chiave di svolta per capire come affrontare la crisi dell’editoria anche nel nostro Paese.

Uno dei primi dati che emerge dal rapporto è allarmante e indicativo allo stesso tempo: nel 2009, un giornalista su cinque ha perso il lavoro negli Usa. Una cifra che potrebbe aumentare fino alla fine dell’anno. La ragione? Molti quotidiani sono in bancarotta (per esempio il Tribune) e altri hanno perso fino a tre quarti del proprio valore. Altri ancora, come il Christian Science Monitor, hanno deciso di passare dall’edizione stampata quotidiana a quella online, con una sola versione settimanale. Il reddito che deriva dalla pubblicità – la fonte principale di introiti per i giornali americani – è calato del 23 per cento negli ultimi due anni. Dati poco rassicuranti per chi vive nel e grazie al mondo dell’informazione.

La cosiddetta “migrazione dei lettori” è uno dei principali fattori che contribuiscono al futuro nero dei giornali degli Usa. Il numero di americani che consultano regolarmente le informazioni su Internet sta salendo in modo impressionante. Secondo i dati contenuti nel rapporto, il numero dei lettori che ritengono i quotidiani online “la loro fonte informativa principale per ottenere notizie nazionali e internazionali” è incrementato del 67 per cento in quattro anni e, se si prendono in considerazione i primi 50 siti di notizie, nel 2008 il dato è rimbalzato del 27 per cento. Nonostante questa grande diffusione, l’informazione online rimane un sistema riservato prevalentemente a una audience prevalentemente istruita. A quanto pare, nell’ultimo decennio, questo dato è rimasto invariato nonostante la crescita degli utenti.

Ma chi crede che la morte della carta stampata significhi la rivincita del mondo digitale si sbaglia. Anche l’informazione online deve fare i conti con la crisi. Se è vero che Internet è considerata sempre di più “la risorsa più importante per ottenere informazioni” – indipendentemente dal gruppo d’età – anche il mondo dell’online sta perdendo terreno. La causa è principalmente il rallentamento del tasso di crescita delle entrate derivate dalla pubblicità. Nei primi nove mesi del 2008, l’entrata proveniente da questa fonte era pari a 17,3 miliardi di dollari, con una crescita del 14 per cento rispetto all’anno prima. Il 2009 si sta invece mostrando l’“annus horribilis” dell’informazione che viaggia su Internet: secondo gli analisti questo sarà il primo anno in cui la pubblicità interattiva avrà poca o nessuna crescita. Un dato non trascurabile se teniamo in conto che il valore della pubblicità è praticamente dimezzato: il prezzo (calcolato sul costo necessario per raggiungere 1.000 utenti di un sito web) è passato dai 50 centesimi di dollaro della fine del 2007, ai 26 centesimi dell’autunno del 2008. Una cifra preoccupante se consideriamo che la pubblicità online legata all’informazione è davvero limitata in confronto a quella dei motori di ricerca in generale.

Di fronte alle ristrettezze economiche provocate dalla crisi, i quotidiani si trovano di conseguenza a dover ridimensionare le proprie (e poche) risorse d’investimento, risparmiando sul capitolo delle spese. Una delle soluzioni più vantaggiose è investire nelle tecnologie. Quest’anno, ad esempio, anche le più grandi e consolidate società di aggregazione informativa come Yahoo hanno preferito investire in tecnologie piuttosto che nel personale. A dimostrare l’efficacia di questa strategia è il risultato di un’inchiesta inclusa nel rapporto da cui è emerso che, per la prima volta, tra i compiti della gran parte dei giornalisti appena entrati nel mondo del giornalismo c’è quello di dover utilizzare la rete e imparare a scrivere sul web (dal webwriting al webediting).

Un altro settore di investimento che pare stia avendo un notevole successo è l’editoria online di nicchia e i siti d’informazione alternativa. Appartengono a questa categoria quotidiani come Politico e HuffingtonPost.com che, nonostante continuino a dipendere dalla pubblicità come unica risorsa di reddito, stanno vivendo una forte espansione. Una delle ragioni principali, secondo il rapporto, è la specializzazione delle loro tematiche. A settembre dell’anno scorso, per esempio, Politico annunciò l’aumento del suo personale per incrementare la copertura delle notizie provenienti dal Congresso e dalla Casa Bianca. “L’idea è quella di offrire ai lettori la più veloce, intelligente, più autorevole copertura alla nazione di ciò che accade a Washington”, ha dichiarato Robert Allbritton, editore del quotidiano. Ma, a quanto pare, Politico ha un progetto molto più ambizioso: quello di diventare una risorsa regolare di contenuti per i quotidiani di tutto il Paese. Una proiezione che potrebbe risparmiargli una triste fine.

Lo sfruttamento dei sistemi tecnologici di nuova generazione potrebbe essere un altro metodo di sviluppo del giornalismo online. Sono molte le sperimentazioni che si stanno facendo negli ultimi anni e piattaforme come Youtube, Facebook e l’informazione sui cellulari mostrano la versatilità di questi sistemi. Tra i primi a cogliere il potenziale del mondo digitale e mobile è stata l’Associated Press che, dopo un solo mese di servizio nella rete mobile, ha ricevuto più di 16 milioni di visite per pagina e, dopo neanche due mesi, ha ottenuto che quasi mille organizzazioni sottoscrivessero il servizio offerto (un grande successo dal punto di vista numerico che però non ha ancora ottenuto grandi profitti a livello di entrate). Come spiega il rapporto, l’avvento della tecnologia mobile e delle sempre più veloci reti 3G – come l’iPhone e il sistema operativo “Android” di Google – sta iniziando ad attirare l’attenzione della pubblicità. Si tratta infatti di un mercato di 40 milioni di utenti attivi, un dato che sicuramente tenderà ad aumentare con la diffusione delle tecnologie.

Ecco quindi qual è la fotografia dell’informazione online. Un futuro nero se l’industria dell’informazione non si appresta quanto prima a reinventare un sistema in cui l’audience si trasformi in entrate. Il tempo stringe e mentre gli editori continuano a domandarsi se mettere a pagamento i propri siti web, grandi quotidiani storici degli Usa hanno già dichiarato bancarotta, stanno tagliando i posti di lavoro e riducendo gli stipendi o, peggio ancora, hanno chiuso (come è successo al Hearst e EW Scripps). Ma se non vogliamo che accada lo stesso ai nostri quotidiani, qualcosa deve cambiare, e quanto prima.