“Se la Consulta dice no, le elezioni sono più vicine”
10 Gennaio 2011
Dal legittimo impedimento al patto di pacificazione ‘made’ in Casini passando per gli avvisi ai naviganti di Bossi e i silenzi di Fini. Il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello mette sul tavolo i temi dell’agenda politica di gennaio sui quali si misurerà la stabilità di governo e maggioranza, ma non archivia del tutto l’ipotesi del voto anticipato, specie se la Consulta dirà no al legittimo impedimento. Non manca poi una riflessione critica sul caso Battisti, l’analisi di Napolitano e le mosse del centrodestra.
Presidente Quagliariello come legge il patto offerto da Casini?
Penso che la posizione di Casini può essere valutata secondo una doppia ottica. La prima è quella contingente: in un momento di grande difficoltà economico-internazionale se c’è un’opposizione che si propone di essere responsabile, questa opportunità, proprio per senso di responsabilità, non può essere rimandata al mittente nè sottovalutata. La sfida in questo senso va accettata. La seconda è più in un’ottica di sistema: l’offerta di Casini può essere letta come un passo per cercare di destrutturare il bipolarismo. Qui, invece, bisogna ribadire che al centro del sistema non ci sono rendite di posizione ma elettori che di volta in volta scelgono se schierarsi con questa o quella parte. E’ una conquista di modernità e anche di moralità politica ed è per questo che il Pdl deve rilanciare il bipolarismo. Il vero problema è che il suo compito è più difficile perché sembra che dall’altra parte, cioè a sinistra, non ci sia più chi è interessato allo stesso obiettivo.
Sì, ma al netto delle buone intenzioni, da oggi riprende l’attività parlamentare ma di cose concrete tra voi e l’Udc non c’è ancora traccia.
Penso che in queste settimane oltre al federalismo ci sarà tutta una serie di scadenze, alcune di tipo programmatico: penso alle mozioni sulla cristiano-fobia, le questioni etiche, la riforma della giustizia che stiamo presentando al Senato. Altre, invece, hanno una natura prettamente economica: mi riferisco, per esempio, al mille-proroghe. Scadenze sulle quali si vedrà se il gruppo dei cosiddetti ‘responsabili’ che si aggiungono alla maggioranza per evitare che la legislatura finisca, è in grado di offrire stabilità al governo.
Altrimenti?
Il problema fondamentale anche per la sorte della legislatura si gioca non in astratto o sulle convenienze di questo o quel gruppo ma sulle convenienze del paese. Se un governo è in grado di andare avanti, garantire il rigore della finanza pubblica così come ha fatto finora ha il dovere di farlo; se diversamente, iniziano a passare emendamenti di spesa che possono sciupare i risultati incredibili che l’esecutivo ha portato a casa anche ultimamente – ricordo la riduzione di 19 miliardi della spesa corrente realizzata senza grandi opposizioni sociali – a quel punto è chiaro che le elezioni sono il male minore.
È un messaggio per Casini su federalismo e mille-proroghe?
Mi pare che sul federalismo Casini abbia sostanzialmente concesso strada. Se poi in commissione arriveranno correzioni o obiezioni di buon senso, non mi sembra che sia questo il momento di mettersi a fare questioni di principio.
Che garanzie per la stabilità di governo e maggioranza vi possono dare i “responsabili”, un gruppo di parlamentari molto composito al proprio interno.
Anzitutto dipende dall’ampiezza di questo gruppo. Stabilire a priori che con venti voti di vantaggio alla Camera non si governa sarebbe un precedente gravissimo. Il punto vero è l’atteggiamento del governo che non deve essere disponibile a tutto pur di accontentare qualcuno. Al centro deve esserci l’interesse del paese; se questo sarà e fino a quando si aggrega la maggioranza si va avanti, se e quando questo non ci sarà più si torna dal popolo sovrano.
Giovedì il verdetto della Consulta sul legittimo impedimento. In caso di bocciatura come e quanto peserà sul quadro politico e che impatto potrebbe avere sul destino della legislatura?
Le sentenze della Consulta non si prevedono, si commentano una volta che sono state emesse. L’unica cosa che si può dire è che evidente che in caso di bocciatura del legittimo impedimento ci può essere un interesse oggettivo ad una nuova legittimazione da parte della sovranità popolare perché per noi una cosa è decisiva…
Cosa?
Non la sorte di questo o quel politico, ma il fatto che la vicenda politica del paese venga decisa dal popolo sovrano e non da una sentenza giudiziaria.
Quindi se la Consulta dice no si va a elezioni anticipate?
Dico che le motivazioni per il voto si fanno più serie.
Giustizia, federalismo e bioetica sono i provvedimenti incardinati al Senato. Come vi rapporterete col terzo polo di Casini, Fini e Rutelli?
Credo che esista una questione dei moderati in Italia, nel senso che molti elettori ma anche molta classe politica convinta veramente che a sinistra si potesse strutturare una sorta di moderno partito democratico – all’americana per intenderci – sono rimasti senza bussola. Oggi per questa parte del paese e della classe politica c’è o la prospettiva di confluire in una sorta di terzo polo, oppure, rilanciando il bipolarismo nella sua essenza, è necessario saper dimostrare coi contenuti che c’è la possibilità di un nuovo approdo. Le nostre mozioni, hanno anche questo senso.
Si spieghi meglio.
Sulle questioni etiche bisogna esprimere una posizione culturalmente coerente, non clericale, che imposti un coretto rapporto con la scienza e il progresso tecnologico senza fare di questi elementi una sorta di contro-religione che mini le radici della nostra civiltà. Sulla giustizia: dimostrare come una giustizia efficace che guardi più ai problemi reali che non a esercitare indebitamente influenza politica sia una risorsa per il paese e sulle riforme istituzionali rilanciare il fatto che la modernizzazione del nostro sistema politico e il rafforzamento dell’esecutivo rappresenti una scelta che nulla ha a che fare con quella deriva plebiscitaria sciorinata come una litania dai nostri avversari.
E con Bossi che torna ad alzare la voce come la mettete?
Credo che Bossi sia un politico intuitivo e responsabile. Ha le sue convinzioni e nella Lega e intorno alla Lega si agitano opinioni delle quali lui deve tener conto. Ma anche chi non la pensa come il Carroccio deve riconoscere che questa forza nell’ultimo periodo sta contribuendo, in mezzo a tante difficoltà, a tenere in piedi questo paese e io non penso che questa propensione sia destinata ad esaurirsi. Il fatto poi che Lega guardi al proprio interesse di parte, se ciò è inserito in questa cornice, diventa legittimo. Il problema non è la Lega, sono gli altri che devono contrastarla in una competizione virtuosa.
Secondo lei c’è ancora spazio per un governo di grande coalizione come invoca il leader Udc?
Certamente non in questa legislatura.
Caso Battisti: lei non ha lesinato critiche all’analisi di Napolitano.
Guardare agli errori in casa nostra è un fatto positivo. Non c’è dubbio che da noi il potere è stato sempre considerato come qualcosa di illegittimo e questo fin dalle origini. Un difetto originario che non è mai stato abbandonato. La storia italiana è fatta anche di drammi che derivano da questa origine. Fermandoci solo al secondo dopoguerra ma si potrebbe andare più a ritroso pensiamo alla solitudine di De Gasperi, le accuse di essere un dittatore rivolte a Fanfani, il dramma di Moro, l’esilio e la fine di Craxi si spiegano pure in questo modo. Il tema si è trasferito anche a livello di analisi storiografica, quella che Rosario Romeo chiamava la ‘storiografia della disfatta’ riferendosi all’analisi di Mark Smith e altri denigratori delle origini italiane, che si nutriva proprio di questo sentimento di illegittimità. Si tratta di un grande tema sul quale riflettere nel centocinquantenario dell’unità d’Italia.
Sì ma perché le parole del capo dello Stato non l’hanno convinta?
La mia perplessità muove dalla consapevolezza che il caso Battisti non si spiega solo guardando in casa nostra e dicendo quali sono state le nostre inefficienze, perché dobbiamo ammettere che nel mondo a livello intellettuale e di classe politica ci sono tanti orfani della rivoluzione, cioè di quel grande ciclo della politica mondiale che si è inaugurato nel 1789 e concluso nel 1989. Orfani che vivono la loro condizione con un complesso di colpa che li porta a essere indulgenti nei confronti di quelli che la rivoluzione non l’hanno coltivata solo nei salotti e che lungo questa deriva magari sono diventati delinquenti comuni. Il fatto che Battisti abbia ucciso quattro innocenti non è cosa che ha bisogno di tante spiegazioni, è una cosa che offende il naturale senso di giustizia di un popolo. E questo se non c’è una sovrastruttura ideologica che, invece, nel caso di Lula e nella classe politica ha svolto un ruolo importante, è cosa che si coglie intuitivamente.
Qual è il senso della mozione che presenterete in Senato?
Non dobbiamo fare l’errore di scrivere una mozione ideologica ma un documento che da una parte faccia valere i nostri diritti e dall’altra mantenga un filo politico e che quindi privilegi anche gli aspetti giuridici del caso, specie dopo che la Corte Suprema ha impedito la scarcerazione di Battisti. In sostanza, non si tratta di inscenare una protesta sterile ma rivendicare un diritto e riuscire a raggiungere un risultato. In quest’ottica sarebbe fondamentale l’unanimità dell’Aula.
Torniamo al quadro politico italiano: lei come interpreta il silenzio di Fini?
Come l’atteggiamento più adeguato di chi conosce la politica e sa che dopo aver preso una mazzata, deve far passare un pò di tempo per attutirne gli effetti prima di tornare a parlare con un minimo di credibilità.
I finiani ‘duri e puri’ hanno assicurato che Fli renderà la vita impossibile alla maggioranza. Al di là dell’Aula, resta il nodo delle commissioni in alcune delle quali Pdl e Lega non hanno la maggioranza.
Penso siano in tanti, anche dentro Fli, che iniziano a rendersi conto dei danni ricevuti dai cosiddetti finiani oltranzisti. Spero che questa consapevolezza contagi anche Fini. Dopo la direzione del Pdl nella quale Berlusconi era tornato a riconoscere Fli come terza gamba della coalizione, aveva offerto un patto di legislatura fondandolo su una revisione del governo e una disponibilità a discutere del programma, Fini e Fli avevano a portata di mano una vittoria, se non si fossero fatti prendere dall’oltranzismo prevalso a Bastia Umbra. In altri termini, non avrebbero sprecato tutto.
Dunque con Fini e Fli la partita è chiusa definitivamente?
In politica le partite non si possono mai dire chiuse ma non è nemmeno possibile scordare quanto è accaduto.