Se la Corea del Nord vuole gli aiuti umanitari deve rinunciare al nucleare

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Se la Corea del Nord vuole gli aiuti umanitari deve rinunciare al nucleare

30 Ottobre 2009

Per la prima volta dopo due anni, la Corea del Sud invierà aiuti umanitari alla Corea del Nord. Lo ha annunciato il portavoce del ministero per l’Unificazione sudcoreano, Chun Hae-sung, sottolineando che si tratta di aiuti inviati “esclusivamente su base umanitaria” attraverso la Croce Rossa nazionale. L’invio di aiuti umanitari oltre la linea demilitarizzata, un tempo ingenti e frequenti, erano stati interrotti all’inizio del 2008 con l’arrivo alla presidenza sud coreana di Lee Myung-bak. A differenza dei suoi predecessori, il conservatore Lee ha deciso di adottare una linea più dura verso il Nord, condizionando il sostegno umanitario all’interruzione del programma nucleare da parte del regime nordcoreano.

In attesa di un’accettazione dell’offerta da parte del governo di Pyongyang, i funzionari sudcoreani hanno tenuto a precisare che la decisione di riprendere l’invio di aiuti umanitari oltreconfine non cambia la posizione di Seoul verso il vicino comunista: una politica di sostegno ad ampio raggio sarà ripresa solo a patto che la Repubblica Democratica Popolare arresti la sua escalation nucleare. Gli aiuti consistono in 10 mila tonnellate di grano, 20 tonnellate di latte in polvere, medicinali e altri beni di prima necessita. Si tratta di un gesto di un’importanza per lo più simbolica: le quantità inviate sono irrisorie di fronte alla drammaticità della crisi economica in cui versa la Corea del Nord.

La situazione alimentare del paese è “disperata“, come affermato da un inviato dell’Onu. Gli aiuti inviati dal Programma alimentare mondiale coprono solo un terzo del fabbisogno della popolazione più colpita dalla fame. La disponibilità di beni di prima necessita, già critica a causa delle insostenibili politiche agricole e industriali adottate dal regime nordcoreano, è ulteriormente diminuita a seguito delle sanzioni adottate dall’Onu nel giugno scorso. La Corea del Nord, periodicamente colpita da siccità e inondazioni (la più devastante nell’agosto del 2007), è di fatto dipendente dagli aiuti che riceve dall’estero, in particolare dalla Corea del Sud e dalla Cina.

Il drammatico aggravamento delle condizioni economiche in cui versa il Paese, ormai sull’orlo del collasso, stanno costringendo Kim-Sung Li ad ammorbidire i toni. Nella recente visita a Pyongyang del premier cinese Wen Jiabao, il dittatore nordcoreano ha addirittura abbracciato il suo ospite, nel disperato tentativo di ricordare l’amicizia storica tra i due paesi comunisti ed ottenere una ripresa degli aiuti da parte del gigante asiatico. I rapporti diplomatici tra Pechino e Pyongyang si sono alquanto irrigiditi a seguito del secondo esperimento nucleare nordcoreano, che aveva portato la Cina a votare le sanzioni e a ridimensionare il commercio con il suo vicino. Negli ultimi mesi, la Cina ha diminuito le esportazioni di petrolio verso il suo vicino comunista, sostituendole con l’invio di riso. Il commercio tra i due paesi è sceso drasticamente, passando dai 2,79 miliardi del 2008 a 1.85 nei primi nove mesi del 2009.

Durante l’incontro con Wen Jiabao, Kim Jong-il si è detto disponibile a una ripresa dei colloqui a sei sul disarmo nucleare, a cui si era fermamente opposto fino a pochi mesi fa, a patto che questi siano preceduti da colloqui bilaterali con gli Stati Uniti. Il “Caro leader” si è addirittura dimostrato conciliante sull’ipotesi di un’ispezione da parte dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Questa settimana, un alto funzionario nordcoreano, Ri Gun, è negli Stati Uniti per dei colloqui informali con il rappresentante americano per le discussioni sul programma nucleare  della Corea del Nord, Sung Kim. Le recenti aperture nordcoreane potrebbero essere in realtà un’ulteriore riproduzione dell’abituale braccio di ferro: la creazione di una crisi, seguita da un’offerta di ritorno al dialogo, con il solo obiettivo di ottenere ricompense.

Secondo Michael J.Green, consulente per il Giappone del Centro di Studi strategici e internazionali, l’amministrazione Obama deve “diffidare dall’apparire troppo morbida nel processo di disarmo nucleare della Corea del Nord”, per non creare un precedente negativo, che potrebbe influire nella questione del nucleare iraniano. “Gli Usa non devono mostrare che si può ottenere un allentamento delle sanzioni, solo in cambio di un ritorno ai negoziati”. La settimana scorsa, Hillary Clinton si è detta disponibile a dei colloqui bilaterali con la Corea del Nord, a patto che questi portino a un ritorno dei colloqui a sei. “Il ritorno ai negoziati non sarà comunque sufficiente”. “Gli Usa non aboliranno le sanzioni e non normalizzeranno i legami con Pyongyang, sempre che non si facciano passi irreversibili verso la denuclearizzazione.