Se la Gelmini va a scuola da Obama

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Se la Gelmini va a scuola da Obama

26 Febbraio 2010

Preoccupata dallo scarsissimo rendimento dei suoi studenti, Frances Gallo, la sovrintendente di una scuola del Rhode Island, negli Stati Uniti, ha chiesto ai suoi professori di trascorrere più tempo con i ragazzi e frequentare dei corsi di aggiornamento. Quando gli insegnanti si sono ribellati, appoggiati dai sindacati, la Gallo ne ha licenziati 74 giudicandoli incapaci di svolgere il proprio lavoro.  

Da un’amministrazione liberal, che si pone a tutela dei diritti dei lavoratori, e che ha investito gran parte della propria credibilità nei piani di salvataggio dell’industria e dell’economia americana, forse qualcuno poteva aspettarsi uno "scudo" per gli insegnanti licenziati, una qualche forma di protezione o reintegrazione per venire incontro alle proteste dei sindacati.

E invece, con grande sorpresa degli obamiani de noantri, il ministro dell’istruzione americano, Arne Duncan, ha commentato così il licenziamento di massa alla Central Falls: “Il preside ha mostrato coraggio e fatto la cosa giusta per i ragazzi”. L’amministrazione Obama, che ha promesso 4 miliardi di dollari al sistema scolastico, ha comunque legato l’attribuzione dei fondi a due fattori: la valutazione degli insegnanti e l’aggancio delle loro retribuzioni alle performance degli alunni, mettendo in pratica una vecchia regola che sorregge da sempre il sistema americano: chi sbaglia paga.

Non stiamo qui a sindacare se la Gallo abbia fatto bene o male. Saremmo tentati di credere che non tutti i professori licenziati fossero inadempienti rispetto al loro dovere e tutti gli studenti immeritevoli di uno straccio di promozione. Ma immaginiamo cosa sarebbe accaduto in Italia se un Preside avesse seguito la strada indicata dalla Gallo, licenziando in tronco tutti i suoi insegnanti.

Ci saremmo trovati picchettaggi e bivacchi di docenti e – paradossalmente – pure discenti nelle aule scolastiche, i sindacati pronti a fare il Quarantotto, i giornali progressisti in rivolta, “il merito” messo sul banco degli imputati, stortura della società postfordista, e i professori licenziati, trasformati di colpo in martiri, abbarbicati sul Colosseo per gridare a tutto il Paese l’ingiustizia subita, figli e nipoti dei militanti politici di turno sfilare in processione al grido: "Nessuno tocchi il posto fisso". E il governo – nonostante le buone intenzioni della povera ministra dell’istruzione Maria Stella Gelmini, che ha fatto del merito una parola ritrovata – avrebbe tremato sotto i colpi della protesta. Ma gli americani, si sa, “so’ troppo forti” e anche questo è made in Italy.