Se la “nuova stagione” è quella  di Berlusconi

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Se la “nuova stagione” è quella di Berlusconi

20 Novembre 2007

Quando Berlusconi ha annunciato la nascita del suo nuovo partito aveva in mente poche, chiare cose. Andare al voto al più presto, perché l’energia è ancora straripante ma l’anagrafe incalza; vincere le elezioni a man bassa, perché è lui che vuole salire al Quirinale il giorno dopo il voto; chiudere con la Cdl perché vincere le elezioni con Fini e Casini equivale a perdere la partita del governo. C’è poi un quarto elemento che non si desume ancora dai fatti di questi giorni ma che diremo in seguito.

Questi  sono gli obiettivi, tutti il resto è strumento per raggiungerli.
A cominciare dal sistema elettorale e dalle conseguenze sul bipolarismo. A Berlusconi in realtà importa poco delle “technicalities”. Aprire un tavolo di dialogo su questa materia serve soprattutto a mettere in agitazione alleati e avversari e a tenere il governo sotto minaccia. 

Il sistema tedesco, quello spagnolo, la miscela dei due o il risultato del referendum, sono tutti modi per dire: voglio correre da solo e fare il pieno dei miei voti. Ma nel sistema circolatorio del governo, ognuno di questi esiti equivale a un possibile infarto e dunque avvicinano il primo degli obiettivi di Berlusconi: andare subito al voto.

Allo stesso tempo, tenere il bandolo della matassa elettorale serve a mettere in allarme gli ex alleati. Con Fini che deve fare i conti con una prospettiva di emarginazione e Casini che si vede bruscamente detronizzare dalla sua auto-investitura a  signore e padrone di ogni manovra centrista.

Quanto alla sparata contro il bipolarismo ha anche essa una forte dose di strumentalità. Innanzitutto serve a spazzar via quel velo di ipocrisia con cui Veltroni e D’Alema continuano a strologare di sistemi proporzionali e insieme a rendere un vuoto omaggio al bipolarismo. Almeno Berlusconi chiama le cose col loro nome e costringe gli altri a fare lo stesso. Poi il Cav. sa bene che non è solo il maggioritario a garantire esiti bipolari, e tantomeno bipartitici. La sua è una conversione tattica: tanto che se fosse certo di avere da solo il 51 per cento di certo il bipolarismo gli parrebbe ancor il miglior sistema possibile per l’Italia.

Nella “nuova stagione” berlusconiana anche Forza Italia torna a essere solo uno strumento. Nato come partito tagliato per una coalizione, oggi non è più adatto se la corsa è in solitaria. Berlusconi ha bisogno di un contenitore allo stesso tempo più identitario sui contenuti e più aperto a nuove immissioni. Più spazioso per chi vuole trovarvi posto e meno condizionato dagli equilibri della vecchia Cdl. Non è detto che l’impresa riesca ma certo è la strada da tentare.

Anche Veltroni oggi rischia di diventare solo uno strumento. Checchè ne pensi Giuliano Ferrara, l’uomo non è adatto a reggere uno scenario da “grande coalizione” e neppure quello di co-firmatario di un grande patto per la terza repubblica. Veltroni oggi è prezioso perché come Berlusconi sente l’urgenza di chiudere l’era Prodi. Con lui dunque è possibile solo un dialogo sulla legge elettorale ma niente di più. Il capitolo delle grandi riforme Berlusconi lo colloca già dopo la sua vittoria elettorale e con interlocutori che potrebbero non essere gli stessi sul campo oggi.

Ed appunto è alzando ancora un poco il piano dell’orizzonte che si può provare a intuire il punto prospettico della “rupture” berlusconiana. Nell’ordine dovremmo avere: la caduta di Prodi, le elezioni con questo sistema elettorale o con un altro, ma comunque con il nuovo partito del popolo della libertà (o quale sarà il nome definitivo) che corre da solo, l’affermazione di Berlusconi come leader della maggioranza relativa, incarico, formazione del governo.

Per ulteriori dettagli è troppo presto fare previsioni. Ma tutto lascia immaginare che se questo dovesse realizzarsi, per Berlusconi si aprirebbe la possibilità di rendere ancora più profonda e permanente la traccia già impressa nel sistema politico italiano. E il terreno non potrebbe essere che quello della “Grande Riforma”. Quella sfuggita a Craxi negli anni ’80 e a D’Alema nella bicamerale e continuamente attesa e rincorsa. E’ probabilmente questo l’obiettivo più profondo del Cav. Una riforma radicale e strutturale del paese, che lo metta in grado – per dirne solo qualcuna – di prendere di petto il secondo debito pubblico più grande del mondo, di strangolare il fisco più esoso d’Europa, di rimettere il paese sui binari della competitività. Può darsi che Berlusconi non ci riesca da solo, ma chiunque altro voglia provarci dovrà farlo con lui.