“Se la proposta è seria ci misureremo, ma il Pd lavori a un testo alternativo”
09 Marzo 2011
Disponibile a valutare la riforma costituzionale della giustizia che oggi sarà varata nel Consiglio dei ministri se “sarà seria”, ma indipendentemente da Berlusconi e la sua maggioranza, ciò che conta e serve è che il Pd avanzi una propria proposta. Perché la riforma "è necessaria al Paese". Nel giorno in cui il Guardasigilli Alfano sale al Colle (accolte le indicazioni di Napolitano) e Bersani chiude la porta a ogni dialogo col centrodestra, Enrico Morando autorevole esponente dell’area moderata e riformista dei democrat analizza la questione senza pregiudizi ma con la consapevolezza che la “crisi che attraversa la maggioranza, non consentirà di portare avanti la riforma”. Anche per questo sollecita il Pd a fare fino in fondo la propria parte.
Senatore Morando la riforma della giustizia è necessaria o no al Paese?
Faccio una premessa sulle intenzioni del governo e le possibilità di realizzarle.
Purchè sia breve.
Ad oggi non ho capito se ci troviamo di fronte all’ennesima finzione di iniziativa o di fronte a un’iniziativa vera. Nel corso di questi anni la riforma ‘epocale’ della giustizia è stata enunciata da Berlusconi con riunioni di Consigli dei ministri e proposte almeno una decina di volte. Il tempo è passato ma di riforme non se ne sono viste.
Eppure Alfano non sembra fare per finta e oggi la riforma è a Palazzo Chigi.
Non ho la più pallida idea se fanno sul serio o no. E ammesso anche che facciano sul serio, non so se abbiano la forza per realizzare un disegno di riforma profonda che prevede interventi sulla Costituzione perché il governo si è molto indebolito e la leadership di Berlusconi ancora di più con la crisi del Pdl.
Sì ma riformare il sistema giustizia serve o no?
E’ assolutamente necessario e non da oggi che si realizzi un disegno molto profondo e coerente di riforma del servizio giustizia perché anche se la raccolta dei dati costa tanta fatica, al sottoscritto come ad altri e di per sé questa fatica è testimonianza della scarsa serietà del confronto in questo paese, gli elementi comparativi che ho ritrovato nel lavoro della commissione sulla spesa pubblica presieduta dal professor Muraro, insediata dall’allora ministro Padoa Schioppa per fornire al governo la base per lo spenning revue che poi questo esecutivo ha bloccato, dicono che in Italia spendiamo o di più o come gli altri paesi europei sia in rapporto al Pil che in rapporto alla popolazione ma otteniamo molto di meno perché le performance del servizio giustizia sono insufficienti. Tra le ragioni della scarsa attrattività di investimenti dall’estero c’è il cattivissimo funzionamento della giustizia, specie per ciò che riguarda quella civile. Questo per dire che ormai la mancata riforma ha un rilievo per la vita civile del paese perché si tratta di diritti non tutelati, oltre ad avere un enorme rilievo economico.
Se è la riforma è necessaria perché questa volta non può essere quella giusta?
Temo che con questa maggioranza non si possa dire.
Ma i numeri in Parlamento ci sono.
Sì, ma la crisi politica che sta conoscendo questa maggioranza è evidente. Non metto limiti alla Provvidenza ma se devo fare una previsione penso che non riusciranno a fare granchè anche se immagino loro ci proveranno. Detto questo vorrei aggiungere un altro aspetto…
Quale?
Penso che a prescindere persino dall’iniziativa del governo, il Pd se vuole affermare ed affermarsi come forza di governo alternativa, capace di conquistare il consenso anche di elettori delusi dall’impotenza riformatrice del governo Berlusconi, deve presentare una sua proposta organica per rendere il servizio della giustizia più giusto ed efficiente.
C’è oggi sul tavolo del Pd questa proposta?
Credo che dobbiamo lavorare alla presentazione di un disegno organico. Al di là di ciò che farà il governo, personalmente sono rimasto dell’idea che avevo quando da membro della Bicamerale D’Alema, ho approvato anche la parte della riforma costituzionale che riguardava la giustizia. Quel disegno riformatore mi sembrava convincente allora e lo trovo tuttora attuale.
Quali erano i cardini?
Mantenendo l’unicità della carriera si introduceva una distinzione molto netta tra le funzioni della magistratura requirente e della magistratura giudicante. Per questo si introduceva l’articolazione di un Csm che restava unico e unitario, in due sezioni: una per l’autogoverno della magistratura requirente e una per quella giudicante. Così, salvava perfettamente l’autonomia e l’indipendenza della magistratura tutta, ma faceva corrispondere al nuovo principio costituzionale del giusto processo una distinzione netta delle funzioni in modo tale che l’unitarietà del corpo della magistratura non collidesse coi principi del giusto processo fissati con la riforma introdotta negli anni 2000. Vedremo cosa propone il governo.
Ma anche la maggioranza prevede la separazione netta tra pm e giudici. Dunque qual è la differenza? Anche Orlando, responsabile giustizia del Pd dieci mesi fa proponeva la stessa cosa.
Un conto è distinguere le funzioni, un conto è separare le carriere in via definitiva, tanto è vero che se separazione delle carriere ci sarà, ci saranno due Csm. Non lo considero una bestemmi ma è una cosa diversa da quella elaborata allora dalla Bicamerale D’Alema. Per quanto riguarda la gestione della parte disciplinare, la proposta della Bicamerale era l’introduzione del principio di obbligatorietà dell’azione disciplinare sulla scorta di una vecchia proposta che avanzai insieme a Macaluso in un lontano congresso Pds dei primi anni ’90 e che stabiliva l’obbligo di dare una risposta.
Si spieghi.
In presenza di una notizia che giunge alla magistratura questa ha l’obbligo di aprire un fascicolo salvo poi chiuderlo se venisse accertata l’infondatezza dell’ipotesi di accusa ma in ogni caso c’è l’obbligo della risposta. C’è poi l’introduzione di un alta corte di giustizia interna, sempre capace di tutelare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura dal governo e che però aumenti la terzietà i questi organismi.
Nella proposta del centrodestra c’è il tentativo di ridimensionare il peso delle correnti interne. Come lo valuta?
La disciplina va tenuta lontana non solo dall’esecutivo ma anche dal conflitto tra le componenti interne della magistratura. Su questo punto la proposta fatta allora dalla Bicamerale resta convincente. Sul piano dell’organizzazione penso che la proposta-chiave per la quale non ci vorrebbe nemmeno una riforma costituzionale, è quella contenuta nel programma elettorale del Pd e cioè l’introduzione in ogni ufficio giudiziario territoriale della figura del manager che non è un esterno ma un magistrato con specifiche competenze maturate attraverso una formazione mirata. Esattamente come avviene ad esempio al tribunale di Torino con l’azione di Barbuto. Dobbiamo fare in modo che una gestione manageriale risolva il problema della lentezza degli uffici giudiziari.
E sull’obbligatorietà dell’azione penale qual è la sua opinione?
Sono per mantenerla in Costituzione. Non sono uno che si nasconde dietro un dito e lo hanno scritto fior di magistrati – ricordo la circolare dell’allora procuratore Zagrebelski – che va fatta seguendo un criterio e il criterio lo dà il capo dell’ufficio cercando suggerire un ordine di priorità. Ora qualcuno dice affidiamolo al Parlamento, non mi scandalizzo per questo ma ritengo sarebbe sufficiente lo facessero i responsabili della giustizia, purchè lo facciano in modo trasparente. Resto contrario al superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Cosa intende per ‘trasparente’?
Nel senso che oggi accade ma non lo sa nessuno.
Ma insomma, è possibile che oggi il Pd valuti la proposta della maggioranza in modo costruttivo e a prescindere da Berlusconi? Bersani ha gità detto che si tratta di una proposta inaccettabile.
La linea di proposta che allora seguimmo fu quella di riprendere in Bicamerale le bozze Boato e l’esito finale lo ritengo sostanzialmente ancora valido. Dopodichè, noi dobbiamo proporre un testo alternativo a quello che proporrà Berlusconi; dobbiamo muoverci da qui alla fine della legislatura con l’intenzione di dimostrare che noi abbiamo un progetto riformatore a fronte di un esecutivo che non è morto ma è molto malato. Se le nostre proposte coincideranno in parte con quelle della maggioranza ci misureremo, vedremo e sulla parte che non coincide ci batteremo. Se cambiano registro ci si misura, se continueranno a fare come hanno fatto in questi anni con leggi ad personam, non c’è possibilità di confronto.
L’altro dato è lo scontro tra poteri dello Stato, tra magistratura e politica. Come si risolve?
La politica è entrata in crisi nell’89 con la caduta del muro di Berlino e questa crisi ha rotto degli equilibri politico-istituzionali. Ha creato un vuoto, la politica non è capace di autoriformarsi e combattere efficacemente coi mezzi della politica ad esempio il fenomeno della corruzione in politica. Questo vuoto nella relazione tra poteri fondamentali dello Stato democratico non si mantiene mai tale a lungo; c’è sempre un altro potere che occupa lo spazio vuoto. In quegli anni abbiamo avuto progressivamente uno squilibrio in cui i poteri di controllo hanno svolto un ruolo non loro a causa delle dimissioni della politica. Con Berlusconi si è tentato di riempirlo quel vuoto cercando di compromettere – per altro con scarso effetto – il potere di controllo.
Sì ma anche la magistratura spesso sconfina dal proprio campo assumendo iniziative e azioni in modo improprio.
Le ho già risposto.