Se la società si dimentica dei bambini non diamo la colpa agli animali
02 Maggio 2011
di Paola Rossi
Gentile Professore, penso di aver colto lo spirito di ciò che voleva comunicarci e proprio per questo vorrei ripercorrere i suoi concetti. Quando osserva che l’appello a non abbandonare gli animali è promulgato da una cultura malata ha ragione, ma a mio avviso non è malata perché guarda i gatti e scorda i bambini, è malata perché scorda i bambini pur non guardando ai gatti. Non è l’attaccamento agli animali che fa dimenticare o trascurare i bambini, questo avviene a prescindere perché i capi saldi della morale e dei valori universali si sono diluiti lungo la corsa ad altri valori: potere, soldi e lussuria. E gli animali in questo non hanno nessun ruolo.
La cronaca ci parla tutti i giorni della scelleratezza degli uomini verso i piccoli. Gli animali c’entrano poco. Alcune mamme fanno nascere bambini in famiglie benestanti eppure ancora prima del compimento di un anno lasciano i figli al nido che è tanto ben tenuto e tanto ben attrezzato. In questo c’è la frenesia della competizione, del lavoro, dell’economia e del guadagno, non l’amore che si prova per gli animali. Adottare una balena invece di una bambino ha un valore diverso, ma se fatto con lucidità e consapevolezza è altrettanto rilevante perché la balena fa parte di un tutto che è stato voluto e creato da Dio e che abbiamo l’obbligo di consegnare proprio ai bambini. Alcune persone nascono con un dono poco comprensibile a chi non ce l’ha ed è quello di sentire un legame speciale ed interiore con gli animali. E’ ciò che accade quando si avverte un irrefrenabile bisogno di contatto con loro. Penso che vada considerato un mistero, un dono e quindi un valore, non un disvalore. Questo non collide con i figli o l’amore per i bambini. Sono due cose diverse, che stanno su due piani diversi. A volte non si hanno figli per tante ragioni ed è vero, gli animali prendono un posto nella famiglia come membri.
Eppure nell’economia della creazione divina gli animali sono stati creati anche per l’uomo e se vengono vissuti con equilibrio e misura non c’è peccato. I cibi e le cliniche estetiche per gli animali sono un prodotto aberrante dell’industria, questo tuttavia non toglie il cibo ai bambini che muoiono di fame. I bambini muoiono di fame perché i governi mondiali producono carestie e guerre per vendere armi, per prendere petrolio, oro, gas, per ottenere i beni di cui si nutre l’Occidente. Se è vero che l’etimologia della parola veterinario è "vetus" è altrettanto vero che nei secoli la società, il diritto, gli uomini e anche la Chiesa sono cambiati, si sono modellati ed evoluti e con essi anche la sensibilità verso gli animali e i diritti dei piccoli, per fortuna.
Il problema grave non è che la società scambia gli animali con i bambini ma che la società non è strutturata per i figli o per lo meno non ancora. Questa non è la società in cui è nata mia madre, dove tutta la famiglia interveniva quando arrivava un nipote. Oggi pure mia madre è "de-strutturata" su nuovi valori e non sarebbe in grado di dedicarsi ad un nipote. E gli animali non c’entrano. La società non è strutturata neppure per aiutarsi l’un l’altro e quando accade lo si fa per scelta, per valore, per amore verso Dio. Non sono gli animali che tolgono vigore all’amore per l’altro. Semmai possono essere un’opportunità a rafforzarlo perché insegnano la gratuità dell’amore, la fedeltà, la mitezza, l’affetto. Gli animali si fanno capire da quelli che hanno il dono e parlano una lingua universale che tutti dovremmo ascoltare, quella dell’amore, anche dell’amore per Dio.