Se la soluzione all’immigrazione clandestina arriva dal Senegal (e non dall’Europa)
27 Novembre 2017
Fermare l’immigrazione illegale nel continente africano. Non “dal” continente, ma al suo interno, contrastando gli spostamenti illegali tra gli Stati: l’Unione africana dovrebbe inoltre sanzionare il commercio illegale di persone mentre il Presidente della Corte del Parlamento della Comunità Economica dell’Africa Occidentale (ECOWAS) “dovrebbe impegnarsi in un’azione coordinata per rimpatriare, senza ulteriori ritardi, i cittadini africani in Libia”. A chiederlo non è l’Unione europea e neppure l’Onu che, recentemente, ha denunciato indignata la barbarie dei campi dove vengono tenuti i migranti in Libia, ma il presidente del Senegal Macky Sall che ha anche puntato l’indice sulle “pratiche anormali alle frontiere che sono una forma aggravata di corruzione”. Lo riferisce il quotidiano inglese “The Sun” riportando la cronaca della seconda sessione ordinaria del 2017 dell’ECOWAS che si è tenuta ad Abuja, la capitale della Nigeria. Parole che indicano all’Occidente una strada alternativa al fingere di non sapere delle drammatiche condizioni dei campi libici e una “soluzione africana” al dramma delle migrazioni clandestine.
Macky Sall, classe 56 anni, è presidente del Senegal dal marzo del 2012 quando ha battuto il presidente uscente Wade (in corsa per il terzo mandato) con il 65% delle preferenze. Mentre da una parte la “fortezza Europa” stenta a difendere i propri confini a Sud dai continui sbarchi illegali, il presidente del Paese dell’Africa Occidentale ha detto che il suo Paese ha rimpatriato 2.480 dei suoi cittadini dalla Libia. “Il Senegal è un modello da sostenere e accompagnare perché rappresenta un modello di stabilità in un’isola problematica” aveva detto nel corso di un’intervista rilasciata nel 2014 a Isabelle Kumar di “Global conversation”, trasmissione di Euronews, “un tale modello di tolleranza e stabilità merita il sostegno della comunità internazionale”. Per evitare che la povertà e la disoccupazione giovanile possa fare da sponda all’estremismo, aveva proseguito il presidente del Senegal, “il nostro ruolo di dirigenti è trattenere i giovani in patria con progetti economicamente sostenibili perché non finiscano in fondo all’Oceano o a Lampedusa”.
Sempre nel corso della riunione dell’ECOWAS, Sall, intervenendo sul tema della tratta dei migranti, ha affermato che “è una pura forma di violazione dei diritti umani che non dovrebbe rimanere impunita; questi atti dovrebbero essere portati davanti al tribunale internazionale dell’Aia per smantellare le reti clandestine”. Quella nei confronti dell’Aia è un’apertura e una richiesta di cooperazione importante da parte di Sall che, in precedenza, era stato molto critico nei confronti del tribunale internazionale dell’Aia accusandolo di intervenire troppo liberamente in Africa violando, di fatto, prerogative di Stati sovrani in un modo che non avrebbe usato in Paesi occidentali. Una critica che lo aveva portato a indire, per la prima volta, su mandato dell’Unione Africana, un tribunale speciale per processare sul territorio nazionale per crimini contro l’umanità l’ex presidente del Ciad Hissene Habre rifiutando la sua estradizione in Europa.
Già tre anni fa, Sall aveva detto che “i popoli si vogliono spostare qualunque siano le condizioni in campo, è la natura umana delle migrazioni storiche, ma l’Europa deve lavorare con i paesi d’origine per capire quali sono i modi migliori di collaborare e di cooperare allo sviluppo di quei paesi per trattene i propri giovani. Abbiamo visto che l’aiuto pubblico non ha permesso all’Africa di svilupparsi, dobbiamo trovare nuove strade: gli europei hanno una comprovata esperienza in materia di infrastrutture e collegamenti ferroviari, i cinesi hanno il capitale, gli africani offrono la loro piattaforma, il loro mercato, la crescita, l’occupazione: tutti possono guadagnare in questa strategia vincente per tutti”. Gli unici che non hanno da guadagnarci sono le organizzazioni criminali che gestiscono la tratta e le organizzazioni estremistiche che non vogliono perdere il loro bacino di sostenitori di odio e morte.