Se l’Abi blocca i mutui per le famiglie in difficoltà qualche tornaconto ce l’ha

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Se l’Abi blocca i mutui per le famiglie in difficoltà qualche tornaconto ce l’ha

22 Ottobre 2009

Ieri mattina il direttivo dell’ABI, l’associazione che rappresenta le banche italiane, ha approvato il “Piano Famiglie”. Attraverso tale provvedimento ABI intende adottare delle misure a sostegno dei rapporti di credito con le famiglie in difficoltà a seguito della crisi. Si apprende dal comunicato stampa che l’associazione dei banchieri intenderebbe sospendere il rimborso dei mutui per un tempo di 12 mesi, nei confronti di famiglie disagiate. Rientrano in questa categoria i nuclei famigliari in cui i soggetti percettori di reddito abbiano perso il posto di lavoro. Siano essi lavoratori dipendenti con un contratto a tempo determinato o indeterminato. Possono beneficiare della moratoria anche gli artigiani e piccoli imprenditori che hanno chiuso la propria attività e le famiglie in cui sia venuto a mancare uno dei componenti percettore di reddito.

ABI ha altresì annunciato altre misure di sostegno al reddito dei lavoratori che si trovano in cassa integrazione o mobilità che saranno precisate nelle prossime settimane.

Il Piano Famiglie prevede che i titolari dei mutui ricomincino a pagare le rate dopo 12 mesi a partire dal prossimo gennaio 2010. L’importo delle rate tuttavia deve essere calcolato secondo modalità ancora da stabilire. Sembrerebbe che i banchieri pensino di "spalmare" sui successivi 5 anni gli importi del 2010 oppure su 10 anni. Il criterio di calcolo e l’armonizzazione con le forme di sostegno già esistenti dovrebbero essere definite entro la fine di novembre.

Del resto le banche sono impegnate non solo a prevenire l’insolvenza delle famiglie nei loro confronti ma anche in un più generico sostegno dei consumi. I banchieri sono consapevoli che senza la domanda dei nuclei familiari, le aziende medie e grandi faranno più fatica a riprendersi peggiorando la propria situazione debitoria nei confronti degli stessi istituti.

Allo stesso modo la flessione della domanda e la scarsa liquidità delle famiglie opprime le attività di piccoli imprenditori e arigiani, in generale ottimi clienti e fonte di redditività del sistema bancario.

Le banche nostrane che pur si sentono parte del sistema paese e punto nevralgico dello sviluppo della nostra economia, di sicuro non trascurano gli aspetti contabili di una simile operazione. A fine agosto infatti le sofferenze lorde delle banche italiane hanno raggiunto quasi 52 miliardi di euro, oltre 12 miliardi in più rispetto a novembre 2008. In particolare, si calcola che nel 2009 le sofferenza derivanti da default di mutui erogati alle famiglie corrisponderanno a circa 1,5 miliardi. E nei bilanci di una banca tali insolvenze corrispondono all’obbligo di accantonamenti a riserva che di fatto vincolano risorse cospicue degli istituti. Tali immobilizzazioni hanno un doppio impatto. Innanzitutto limitano liquidità che le banche possono immettere nel sistema per stimolare i consumi e sostenere le imprese. E in secondo luogo determinano un taglio netto dei dividendi. Gli utili infatti non possono essere distribuiti a fronte degli obblighi codicistici di accantonamento in funzione di possibili perdite. E in una stagione delicata, come la prossima primavera che vede il rinnovo dei vertici di primari istituti del paese, gli azionisti, già penalizzati dal crollo delle borse, sarebbero ulteriormente scontentati da un taglio ai dividendi.

E’ da rilevare inoltre che queste misure limitano il crollo del prezzo degli immobili. Bisogna infatti considerare che il default di un mutuo comporta il pignoramento dell’immobile. E un enorme volume di insolvenze potrebbe causare un numero elevatissimo di vendite giudiziarie che finirebbero con abbattere i prezzi solo a favore degli speculatori e di soggetti che hanno necessità di fare girare denaro, come la criminalità organizzata e gli evasori.

Il crollo del valore degli immobili non conviene nemmeno alle banche. Gli istituti del nostro paese infatti si contraddistinguono per la ricchezza del proprio patrimonio immobiliare consolidatosi nel corso di una tradizione secolare. Di conseguenza la svalutazione degli immobili iscritti a bilancio nelle banche determinerebbe un ostacolo per gli istituti che, come Unicredit, stanno procendendo a una ristrutturazione del proprio portafolio immobiliare al fine di garantirsi una maggiore liquidità e rafforzare il proprio capitale.