Se l’allarme del Ft si rivelerà vero bisognerà ridurre il pubblico impiego

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Se l’allarme del Ft si rivelerà vero bisognerà ridurre il pubblico impiego

Se l’allarme del Ft si rivelerà vero bisognerà ridurre il pubblico impiego

04 Aprile 2012

L’allarme sui conti pubblici italiani non è passato e l’effetto Monti sembra essere già svanito, riportando l’Italia alla cruda realtà, fatta di recessione e alti rendimenti sui titoli di debito pubblico, che rischiano di mantenere talmente alta la componente della spesa per interessi da richiedere una nuova manovra correttiva sui saldi. Stando a quanto anticipato ieri dal Financial Times, durante i lavori dell’Eurogruppo di Copenhagen sarebbe circolato un Rapporto sulla situazione di bilancio dell’Italia, elaborato dalla Commissione Europea, dove si leggerebbe che la terribile combinazione dovuta al crollo del PIL e agli alti spread potrebbe obbligare il governo a rimettere mano, per l’ennesima volta, ai conti pubblici.

Preoccupa innanzitutto la situazione dello spread BTP-Bund, ritornato a salire, dopo che il 19 Marzo era riuscito a toccare la quota di 278 basis points. Sembrava la definitiva consacrazione della politica del nuovo governo, la dimostrazione che il prestigio del nuovo presidente del consiglio avesse definitivamente convinto i mercati finanziari e gli investitori che l’Italia era stata capace di intraprendere un nuovo ed efficace percorso di risanamento e sviluppo. Da quel giorno, gli spread sono invece tornati a risalire fino agli attuali 330 basis points e il rischio che si possa verificare un ulteriore incremento fino a sfondare nuovamente la soglia dei 350 basis points è concreto. L’inversione ad "U" non è quindi riuscita. Tutto questo è ovviamente molto preoccupante, poiché il premier confidava palesemente nella riduzione del costo di emissione di nuovo debito pubblico come condizione necessaria per passare alla fase B del suo piano d’intervento, tutto improntato sull’obiettivo della crescita. Si accorge, invece, che siamo ancora in piena fase A, quella del risanamento dei conti, della lotta senza quartiere agli elevati rendimenti, del rischio di dover nuovamente aggiustare i conti mediante il taglio di spese e l’incremento di entrate.

Ci si chiede, tuttavia, com’era possibile credere ad una drastica riduzione del differenziale, dopo che l’OCSE ha stimato pochi giorni fa per l’Italia un calo del Pil per il primo trimestre pari a -1,6%, mentre le ultime stime per il Pil tedesco danno una crescita del +0,8% per il 2012. Con un gap produttivo così evidente, di cui Monti non è evidentemente colpevole, è del tutto illusorio credere ad una riduzione degli spread che, ricordiamolo, rappresentano una approssimazione del differenziale del rischio paese, di cui la crescita è una delle determinanti più importanti. Come si può credere che questo differenziale scenda, quando la locomotiva tedesca sta vivendo uno dei momenti più felici della sua storia economica e la lumaca italiana uno dei peggiori? Quando la Germania, dal punto di vista della tenuta dei conti, è vista come l’esempio da seguire e l’Italia quello da evitare?

Ecco allora che il rischio di non centrare gli obiettivi di finanza pubblica è assolutamente concreto. Da qui sorge una seconda domanda. Quale tipo di manovra pensa di fare il governo, nel caso gli obiettivi non vengano raggiunti? Con un livello di pressione fiscale che ha oramai raggiunto il record mondiale (stimato attorno al 55%) appare ovviamente impossibile un ulteriore incremento delle entrate. La manovra dovrebbe quindi svilupparsi tutta sul lato della spesa e, se questo fosse il caso, non è inverosimile pensare ad un rivoluzionario taglio dei dipendenti pubblici, dal momento che la spesa per stipendi della pubblica amministrazione è la voce più incisiva. E’ successo in Grecia, nel Regno Unito e in molti altri paesi europei. L’Italia è rimasta l’ultima a conservare l’intoccabilità delle posizioni lavorative dei dipendenti statali. Ma in una situazione dove nessun altro aumento delle tasse sarebbe sopportato, in un paese dove già le alte tasse stanno provocando un incremento del tasso di disoccupazione e il fallimento di migliaia di imprese, la riduzione del pubblico impiego potrebbe essere una soluzione obbligata.