
Se l’amore per il pubblico dei grillini getta nell’inferno le partite Iva

24 Gennaio 2020
Il Movimento 5 Stelle, sia nello scorso governo che in quello attuale, ha dato prova di un aspetto peculiare: amare follemente il pubblico impiego a scapito del privato. Lo ha dimostrato con l’introduzione del “Decreto dignità” da una parte e con l’ “infornata” di 188.600 assunti nel pubblico, tra i quali 40.000 impiegati comunali, 11.600 addetti ai centri dell’impiego e 5.500 dipendenti INPS. Questo durante il governo giallo-verde.
Durante il governo giallo-rosso, questa tendenza è arrivata alla sua apoteosi. Infatti, l’ultima manovra finanziaria restituisce ai dipendenti con un reddito dai 35.000 euro annui in giù tre miliardi di imposte, probabilmente attraverso un’estensione degli 80 euro di renziana memoria come ricorda anche Nicola Porro nel suo blog.
Non solo, il governo sembra impegnato in una trattativa con i sindacati per abolire la norma Brunetta contro i cosiddetti “malati immaginari” che infestano la pubblica amministrazione. Tutto questo, ovviamente, ha un costo carissimo che ricade, neanche troppo velatamente, sulle spalle delle Partite IVA. Basti pensare che, per finanziare le restituzioni ai dipendenti, non solo si sono inventate imposte come la sugar tax e la plastic tax che coperte da una coltre di buone intenzioni, colpiranno direttamente gli autonomi, ma verrà cancellato il regime forfettario del 15% (anche retroattivamente) per le Partite IVA che incassano più di 30.000 euro. Dai banchi dell’opposizione qualcosa si sta muovendo per limitare i danni che quest’ultimo provvedimento potrebbe arrecare ma le speranze sono tenui.
In pratica nel nome di un’ “indiscutibile” lotta all’evasione fiscale, 500.000 lavoratori autonomi vengono privati, retroattivamente è giusto ricordarlo, di un regime fiscale favorevole.
Come se la vita di una Partita IVA con un fatturato sopra i 30.000 euro fosse facile già di per sé. Infatti, secondo un report fatto dal Centro Studi di Unimpresa, una Partita IVA che fattura 50.000 si ritrova a fine anno con 16.752 euro vale a dire 1382 euro al mese. Questo perché nel corso di un anno si è trovata a pagare il 64,5% di quanto guadagnato. Le spese sono così ripartite: 13.625 euro di saldo Irpef, 5.241 di acconto Irpef, 956 euro di addizionale regionale Irpef, 236 euro di addizionale comunale Irpef, 71 euro di acconto addizionale comunale Irpef, 53 euro con diritti alla Camera di commercio, 1.689 di Irap, 797 euro di acconto Irap, 7.191 euro di contributi previdenziali e 3.779 di acconto contributi previdenziali. Senza contare le retribuzioni per eventuali dipendenti.
A ciò si aggiungono tante forme di fiscalità molto più subdole. La caccia all’evasore genera sempre nuovi mostri. Stando a quanto riportato da Federcontribuenti ogni anno l’Inps commina agli autonomi sanzioni, da pagarsi entro 5 giorni, basate su ricalcoli fatti su dichiarazioni dei redditi che risalgono a 6 o 7 anni prima. Il 98% delle Partite Iva si trova ad avere a che fare con rateizzazioni di debiti che neanche sapeva di aver contratto. A ciò si aggiunge la cosiddetta imposta sul valore aggiunto, che impone ad un autonomo di anticipare allo stato i soldi derivanti da un eventuale guadagno.
L’allarme di Federcontribuenti non si ferma qui. L’inferno personale di una Partita Iva italiana non è fatto solo di tasse e spese amministrative ma anche di controlli. Quasi 100 controlli da, almeno, 15 enti diversi e questi si tramutano, per il 25%, in verbali. Ovviamente questi controlli portano, poi, a spese aggiuntive: consulenti del lavoro, commercialisti, avvocati tributaristi, licenze software, agenzia delle entrate e F24, studi di settore, scadenze del DURC, corsi di formazione e per la sicurezza sul lavoro, Sistri e registro dei rifiuti.
Il 95% delle microimprese italiane ha debiti col fisco derivanti da spese, tasse e controlli. Ma si sa, per la vulgata mainstream, se una Partita Iva ha dei debiti è perché evade il fisco.
Poco importa se i costi delle pensioni, dei dipendenti pubblici (compresi i 188.600 neoassunti) e del tanto decantato reddito di cittadinanza ricadono proprio sulle spalle di autonomi e Partite IVA.