Se le sanzioni Ue al Venezuela servono a poco (per non dire a nulla)

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Se le sanzioni Ue al Venezuela servono a poco (per non dire a nulla)

15 Novembre 2017

L’Europa ha definitivamente approvato un pacchetto di sanzioni nei confronti del Venezuela di Nicolás Maduro bloccando la vendita di armi da parte di Paesi europei, ma le sanzioni fissate dai ministri degli Esteri dell’Unione lasciano più di qualche dubbio sulla effettiva utilità. 

Il primo dubbio riguarda l’oggetto delle sanzioni, ovvero il blocco della vendita di armi: negli ultimi cinque anni, infatti, solo tre Paesi europei avevano venduto armi a Maduro (Spagna, Paesi Bassi e Austria), ma i contratti firmati prima di oggi potranno essere ancora onorati. Inoltre, secondo l’Istituto di Ricerca per la Pace Internazionale di Stoccolma, oltre il 90% delle armi che il Venezuela ha comprato nello stesso periodo sono stati venduti da Russia e Cina e, in ogni caso, la stessa fonte rileva che il Venezuela ha drasticamente ridotto gli acquisti di armi all’estero, soprattutto per i suoi problemi economici. Nel 2016, avrebbe speso l’80% in meno rispetto al 2007.

I ministri degli Esteri hanno anche approvato la decisione di colpire le persone legate alla repressione del regime, siano essici civili o militari: tutti i loro beni potrebbero essere congelati e sarà loro vietato l’ingresso in tutti i Paesi dell’Unione, ma questa parte verrà applicata solo fino a quando sarà verificata l’efficacia dell’embargo sulle armi. Il permanere delle sanzioni, inoltre, sarà legato a quattro condizioni: negoziati politici credibili e significativi, il rispetto delle istituzioni democratiche, l’adozione di un calendario elettorale e il rilascio dei prigionieri politici. L’Europa ha infatti ribadito di non riconoscere il risultato elettorale del 15 ottobre scorso e, dunque, neppure l’Assemblea Costituente che è stata nominata.

La vera novità delle sanzioni pare essere, dunque, solo il fatto che è la prima volta in assoluto nella storia del Pesc (Politica Estera e Sicurezza Comune) guidato da Federica Mogherini che gli stati membri comminano sanzioni ed embargo votando la risoluzione quasi in modo unitario. Intanto, mentre l’inflazione del Venezuela oscilla tra il 700% e il 1.100 per cento annuo, gli abitanti non dispongono dei beni di prima necessità e le principali Agenzie di Rating prevedono un default del Paese, Maduro e il suo Governo tirano dritto: non solo il dittatore venezuelano ha dichiarato che il suo Paese non dichiarerà mai il default, ma il vicepresidente venezuelano, Tareck El Aissami, ha dato la colpa delle difficoltà del Paese alle sanzioni Usa