Se l’indennità di disoccupazione viene estesa anche ai collaboratori

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Se l’indennità di disoccupazione viene estesa anche ai collaboratori

10 Novembre 2008

Pare che il ministro Maurizio Sacconi stia pensando ad introdurre nel ‘collegato’ n.1441-quater, ora all’esame del Senato, una norma che estenderebbe l’indennità di disoccupazione ai collaboratori iscritti alla Gestione separata dell’Inps. E’ sicuramente un intendimento lodevole – da valutare attentamente sia nelle modalità applicative che nell’ammontare delle risorse necessarie per la copertura – in quanto andrebbe incontro a quelle esigenze di maggiore tutela da riconoscere ad un settore svantaggiato del mercato del lavoro, al quale la sinistra, fino ad ora, ha fatto soltanto delle promesse insostenibili di stabilizzazione. E’ bene ricordare, però, che nessuna forma di tutela – tra quelle a loro riconosciute dalla legge – sarà mai garantita ai collaboratori se non si risolve a monte un problema ignorato, spesso dimenticato, solitamente negletto, ma essenziale. Per spiegare l’arcano dobbiamo compiere un passo indietro.

Uno dei capisaldi del diritto della previdenza sociale (la materia che ho insegnato negli ultimi quattro anni nell’Università di Bologna) è il c.d. principio dell’automaticità delle prestazioni (articolo 2116 c.c., comma 1), in forza del quale al ‘prestatore di lavoro’ le prestazioni sono dovute anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza.

Sull’argomento, dal 1942 ad oggi, sono state scritte intere biblioteche. La norma è ritenuta dalla dottrina la principale dimostrazione del fatto che, in un sistema di sicurezza sociale, è venuto meno ogni rapporto sinallagmatico tra prestazioni e contribuzione, tipico del contratto assicurativo privato, in quanto il lavoratore ha un preciso diritto soggettivo a ricevere le prestazioni riconosciutegli, mentre la contribuzione è soltanto un mezzo di finanziamento delle stesse. E’ compito dell’istituto previdenziale garantirsi, nel caso di lavoro subordinato, il regolare versamento dei contributi da parte del datore di lavoro che è il solo titolare dell’obbligazione contributiva e che quindi ha un diritto di rivalsa sul dipendente per la quota a suo carico. Se l’istituto non è in grado di svolgere il compito dell’esattore l’evasione e l’irregolarità del datore non possono andare a scapito del lavoratore e dei suoi fondamentali diritti (che in alcuni casi sono sottoposti al limite della prescrizione). In sostanza, spetta all’ente previdenziale contrastare l’evasione. Ovviamente, è diverso il caso dei lavoratori autonomi, i quali sono tenuti in prima persona all’obbligazione contributiva. I collaboratori in via esclusiva – privi di partita IVA – si trovano nella medesima condizione del dipendente, perché il versamento dei contributi (anche quelli ritenuti al lavoratore) è a carico del committente. Ma l’Inps, in caso di inadempienza del committente, non riconosce le prestazioni perché considera non applicabile ai collaboratori il principio dell’automaticità delle prestazioni, vigente (dal 1942, quando entrò in vigore il codice civile) per i lavoratori dipendenti.

Recentemente, il presidente/commissario dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, ha dichiarato che l’istituto è disponibile a cambiare orientamento. Ma non è facile. Come relatore alla Camera del ddl 1441-quater ho presentato un emendamento che tendeva a risolvere il problema, ma è stato dichiarato inammissibile dalla Commissione Bilancio per mancanza di copertura. Una tesi ben poco fondata. Infatti, le prestazioni dei collaboratori sono tassativamente quelle previste dalla legge. Per finanziarle sono disposte apposite aliquote che assicurano alla Gestione separata dell’Inps (a cui sono iscritti i collaboratori) un saldo attivo di 6,5 miliardi circa ogni anno, tanto che, dal 1996 ad oggi, grazie ai suoi saldi positivi, la Gestione ha tenuto in piedi (con ben 40 miliardi di euro) il bilancio dell’Inps.

Riconoscere, in via di interpretazione autentica dell’articolo 2116 c.c., l’applicazione del principio dell’automaticità anche ai collaboratori sanerebbe una grave ingiustizia a danno dei più deboli. E consentirebbe di edificare, sulla base di una piattaforma solida, una nuova prospettiva di tutela per questi lavoratori.