Se l’Italia si getta nella rete islamista di Qatar e Iran, ma perde il mondo arabo moderato
23 Novembre 2018
di Souad Sbai
Lo sbarco, piuttosto rumoroso, del Qatar in Italia sta avendo più ampie ripercussioni che riguardano la politica estera italiana in Medio Oriente nel suo complesso. Perché le relazioni pericolose con il regime di Doha e la scelta della Fratellanza Musulmana come interlocutore privilegiato, rischiano di compromettere i legami con il mondo arabo moderato. Non ancora in termini d’interessi affaristici di breve periodo, gli unici a cui sembra guardare l’establishment politico ed economico nazionale: non è probabilmente un caso che il premier Conte si sia recato velocemente ad Abu Dhabi prima di sedersi al “pranzo di stato” a Roma con l’emiro del Terrore, Tamim Al Thani. Ma sul versante politico, culturale e anche delle relazioni tra i popoli, il mondo arabo moderato ha già messo da parte l’Italia come partner in Europa, individuando nella Francia un paese certamente più affidabile per la costruzione di relazioni strategiche di lungo periodo.
Mentre i vertici del Qatar venivano ricevuti al Quirinale, il leader degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed Al Nahyan, accompagnato dal Ministro degli Esteri, Abdullah bin Zayed Al Nahyan, era in viaggio per Parigi, dove ad accoglierlo ha trovato il Presidente Macron, il Primo Ministro Philippe e il Ministro degli Affari Esteri Le Drian, insieme ai vertici di Total, Thalès e Airbus. “Gli Emirati Arabi Uniti e la Francia sono partner nella lotta all’estremismo e al terrorismo”, ha affermato convintamente Mohammed bin Zayed durante il suo incontro con Macron, a voler implicitamente sottolineare come l’Italia abbia invece operato una scelta in senso contrario, associandosi con chi l’estremismo e il terrorismo li finanzia (Qatar) e alimenta ideologicamente (Fratelli Musulmani).
Nonostante gli sbandamenti interni, Macron prova a mantenere (come può) dritta la barra della politica estera francese, rinsaldando le relazioni con il mondo arabo moderato in questa fase di accesa contrapposizione con il polo dell’estremismo targato Qatar, Turchia e Iran. Da quando è all’Eliseo, Macron ha incontrato il Re di Giordania Abdullah, il Re del Marocco Mohammed VI, il Presidente egiziano Al Sisi e l’erede al trono saudita Mohamed bin Salman, finito al centro del tourbillon causato dalla malaugurata uccisione a Istanbul del controverso giornalista Jamal Khashoggi. Al riguardo, Parigi si è dissociata dall’allineamento mediatico internazionale che ha fatto da eco alla propaganda veicolata dalla Turchia, dal Qatar e dalla lobby trasversale legata alla Fratellanza Musulmana in Occidente, con una dura critica del Ministro degli Esteri a Erdogan, accusato di sfruttare la vicenda per i suoi “giochi politici”.
D’altro canto, l’Italia si è gettata a capofitto nella rete islamista tesa dal Qatar e sorretta dal regime khomeinista iraniano. Se con la Turchia di Erdogan permangono divergenze come nel caso della Libia, dove l’Italia ha finalmente capito di dover legittimare il generale Haftar per sottrarlo guarda caso alla Francia (meglio troppo tardi che mai), la scelta di Doha e Teheran come partner privilegiati in Medio Oriente è stata confermata in tutta evidenza dai lavori dei “Mediterranean Dialogues”, mega-convention annuale promossa dal Ministero degli Affari Esteri attualmente in corso a Roma.
Rome MED 2018 ha infatti offerto la sua tribuna d’onore ancora al Ministro degli Esteri del Qatar, al leader dei Fratelli Musulmani tunisini, a Rachid Ghannouchi, sempre più impopolare e contestatissimo in patria, e a una delle consumate interfacce con gli europei inviata dal Ministero degli Esteri del regime khomeinista iraniano. Il filo rosso del jihad che parte da Doha finirà per soffocare anche l’Italia?