Se Marino e il Pd vanno ai materassi

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Se Marino e il Pd vanno ai materassi

21 Giugno 2015

Che sta succedendo nel Pd romano dopo la pubblicazione della relazione di Fabrizio Barca sulle condizioni del partito nella Capitale? C’è davvero una spaccatura tra il segretario Renzi e il commissario Orfini sui destini della giunta Marino? Come interpretare la dichiarazione del sindaco, «resto fino al 2023», solo un messaggio di arroccamento, una testimonianza di fragilità fatta da chi cerca un rilancio o c’è di più? Andiamo con ordine.

 

Non è ancora emerso un quadro chiaro sulla situazione interna al Pd capitolino. A dirla tutta, l’ipotesi dello scontro di vertice tra Renzi e Orfini appare un po’ inverosimile mentre sembra più credibile l’ipotesi che sia in atto un gioco delle parti, una sorta di strategia del “poliziotto buono, poliziotto cattivo”. Da una parte si affida a Orfini il compito di riportare progressivamente con i piedi per terra Marino e indurlo a una sorta di ‘resa negoziata’, dall’altra ci sono le indiscrezioni sulla stampa intorno a eventuali dimissioni degli assessori ‘governativi’ in giunta che sembrano voler fare sul serio e andare fino in fondo (spunta il nome di Improta).

 

A questo si aggiunge la relazione che il prefetto Gabrielli sta preparando sul caso “Mafia Capitale”, giudicato «un documento esplosivo» nelle anticipazioni apparse sul Sole24Ore, con «pesantissime evidenze» sulla commistione tra politica e affari nella gestione degli appalti romani. In attesa di saperne di più, il tentativo dei democrats di far assurgere Marino a paladino della legalità semplicemente sull’assunto che il sindaco non è indagato, non sembra destinato a reggere.

 

Se è vero che per tutti gli indagati vale il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, guardando alle nomine riconducibili all’amministrazione Marino, un problema c’è e non è di lieve entità: indagati per associazione mafiosa, assessori che si sono già dimessi o sono in carcere e ai domiciliari, dirigenti sui quali pende l’accusa di corruzione.

 

Il numero di persone coinvolte nel caso “Mafia Capitale” è talmente elevato, a tutti i livelli, territoriale, municipale, comunale, nella Giunta e nel Consiglio capitolino, che quand’anche alla fine Marino ne uscisse immacolato bisognerebbe in ogni caso prendere atto che il sindaco è stato perlomeno incauto. Il fatto che Marino non abbia ricevuto un avviso di garanzia non preclude a un negativo giudizio di ordine politico sulla opportunità che possa continuare a guidare la Capitale.

 

«Resto fino al 2023,» rilancia il primo cittadino e una dichiarazione del genere sembrerebbe una boutade, un giochino comunicativo, uno di quegli eccessi verbosi che nella politica italiana contraddistinguono spesso chi si trova in difficoltà. Tuttavia resta il fatto che Marino potrebbe avere in mano una vera arma che gli consentirebbe di scatenare il vietnam contro il Pd ed ecco perché il partito non può liberarsi di lui con una scrollata di spalle.

 

Fino a oggi il sindaco Marino non ha mai espresso compiutamente in un memoriale la sua versione della vicenda, se cioè ci siano state o meno pressioni su di lui, se qualcuno abbia potuto chiedergli di fare questa o quell’altra nomina degli indagati del “Mondo di mezzo”.

 

Dalle intercettazioni a Salvatore Buzzi sappiamo indirettamente che l’ex assessore del Pd Ozzimo si sarebbe speso in favore della riconferma del direttore generale di Ama ma è possibile che il sindaco della capitale si facesse dettare l’agenda da terzi? Se mai andrebbe capito meglio il funzionamento di questo meccanismo e se ci furono delle pressioni per spingere il sindaco a fare determinate scelte. Quando l’ex assessore Cutini afferma che «Marino mi disse che al mio posto voleva metterci Ozzimo» sarebbe interessante spiegare in quale sede abbia eventualmente preso forma una decisione del genere.

 

In conclusione, dal quadro che si va delineando potrebbe emergere una debole propensione del Pd ad ‘andare ai materassi’ con il sindaco Marino. Di conseguenza non è semplice né scontato che il partito democratico a Roma imploda nel giro di qualche settimana.