“Se Mursi fosse eletto presidente l’Egitto farebbe la fine di Gaza”

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“Se Mursi fosse eletto presidente l’Egitto farebbe la fine di Gaza”

30 Maggio 2012

In Egitto, il cuore pulsante delle rivolte arabe, siamo finalmente giunti allo scontro finale per l’elezione del capo dello Stato, dopo mesi di reggenza da parte del governo ad interim della Giunta militare del maresciallo Tantawi, con il governo costretto ad erodere le riserve e con una disoccupazione molto alta.

Al ballottaggio del 16-17 Giugno, si affronteranno Mohammed Mursi, il candidato della Fratellanza musulmana e vincitore al primo turno con il 24% dei suffragi e Ahmad Shafiq, ex-premier di Mubarak e unico argine laico all’avanzata dei Fratelli musulmani, che ha ottenuto un solido 23% dei voti.

L’Occidentale si è rivolto a una vecchia conoscenza della fondazione Magna Carta: Tarek Heggy. Il liberale egiziano ci dice che nella scelta tra Mursi e Shafiq, gli egiziani si troveranno a scegliere tra "un Egitto secolarizzato e uno teocratico". Ma non ha dubbi Heggy, Shafiq è la scelta giusta: "E’ l’unico che può impedire il prevalere del caos in Egitto ma l’uomo si deve impegnare a non far ricadere il paese nel passato" dittatoriale.

Lo scorso Marzo 2011 alla fondazione Magna Carta, ricordo che aveva ‘confessato’ che era intenzionato a correre per la presidenza. Alla fine perché non si è candidato?

Ho considerato che queste elezioni fossero troppo ingarbugliate, soprattutto per la forte presenza politica degli islamisti. Ho ritenuto che fosse più opportuno posporre la mia discesa in campo alle prossime presidenziali che, come noto, si terranno tra soli quattro anni. La situazione politica sarà molto più chiara allora.

Parliamo di questo primo turno di presidenziali egiziane. Primo dato: l’astensionismo al 53%! Quanto ai risultati, Mursi della Fratellanza musulmana ha ottenuto il 24,7% e Shafiq, ex-premier di Mubarak, il 23,6%. I due andranno al ballottaggio. Lo scontro tra Mursi e Shafiq cosa ci dice sul futuro dell’Egitto?

Il primo turno delle presidenziali ci dice che gli egiziani stanno compiendo una scelta tra un Egitto teocratico o uno secolarizzato. Da una parte ci sono coloro che vogliono una teocrazia egiziana e che hanno preferito un candidato come Mursi che è ufficialmente della Fratellanza musulmana, che non fa giochetti sull’islamismo moderato, come Fotouh. Mursi è uno che dice quel che vuole: una teocrazia. Dall’altra parte ci sono coloro che vogliono un Egitto secolarizzato e che si sono rivolti a Shafiq. Interessante notare che Amr Moussa in sostanza aveva lo stesso messaggio di Shafiq ma non è stato ritenuto all’altezza della sfida.

Perché v’è stato quest’exploit di Shafiq?

E’ considerato un uomo d’ordine ed ha un passato di prestigio nelle forze armate. Viene dal basso, da una famiglia di modeste origini. E soprattutto ha esperienza di governo. 

Al secondo turno è molto probabile che i voti di Fotouh, ex-Fratello musulmano, vadano a Mursi e che quelli di Amr Moussa finiscano a Shafiq. Il nasseriano Hamdeen Sabahi ha già fatto sapere che non farà convogliare i propri voti su Shafiq. Secondo lei i giochi sono già fatti, Mursi sarà presidente oppure c’è ancora qualche possibilità per Shafiq?

E’ vero quel che lei dice. Quelli che hanno votato per Fotouh, voteranno per Mursi. E coloro che hanno votato per Moussa, voteranno per Shafiq. Questo scenario ci lascia però due incognite. La prima è cosa faranno gli elettori del nasseriano Sabahi. La seconda è capire cosa faranno gli astenuti, quei 26 milioni di egiziani, la maggioranza silenziosa, che ha guardato lo ‘spettacolo’ delle presidenziali dal divano del proprio salotto. Io credo, e l’ho scritto in un articolo pubblicato il 29 Maggio, che benché Sabahi abbia negato l’endorsement a Shafiq, con un po’ d’approssimazione si può dire che, un terzo degli elettori di Sabahi voterà Mursi, un terzo Shafiq e un terzo si asterrà. Il prossimo presidente avrà una grande missione: riconquistare quella maggioranza silenziosa che non si è espressa a queste elezioni. Per questo ho deciso di mettermi al servizio di Ahmad Shafiq, proprio per andare a riconquistare quella maggioranza silenziosa.

Questo è uno scoop! Allora in qualche modo sta prendendo parte a queste elezioni?

Sto collaborando alla stesura di una piano d’azione per Shafiq. A questo punto è l’unico che, in primis, può portare in dote un Egitto secolarizzato e che può impedire lo scivolamento nel caos dell’Egitto. Ma Shafiq deve anche dichiarare di non tentare mai di resuscitare il passato dittatoriale che abbiamo vissuto con Mubarak, e deve dichiarare che lascerà il potere al termine del suo primo mandato, o al più tardi al secondo, qualora rieletto.

Senta, sul WSJ Fouad Ajani ha sottolineato un aspetto importante: nessuno dei due contendenti, né Mursi né Shafiq, sono espressione del movimento giovanile emerso a piazza Tahrir al Cairo. Siamo al paradosso: gli egiziani devono scegliere tra un ex-uomo del regime e un islamista. Perché?

Gli ultimi quindici mesi sono stati contraddistinti da una profondo caos sociale e politico. Se avessimo chiesto alle persone che manifestavano a piazza Tahrir se avrebbero immaginato che di lì a pochi mesi avrebbero votato Shafiq come argine all’islamismo, nessuno c’avrebbe creduto. La verità è che oggi le preferenze degli egiziani si muovono su bisogni molto basici, il mangiare, la sicurezza. Questo è il risultato, ripeto, di quindici mesi di caos politico.

Se Mursi dovesse effettivamente diventare presidente, tenterà d’imporre uno stato fondato sulla sharia. Crede davvero che la Fratellanza musulmana tenterà di seguire la via dell’islamizzazione delle strutture politiche egiziane?

Se Mohammed Mursi dovesse andare alla presidenza, l’Egitto finirà come Gaza, dove i governanti islamisti, una volta andati al potere, non se ne vanno più. D’altronde è logico: se si è emanazione politica d’Allah, come si può cedere il potere a chi non lo è? Logica assurda, ma è la loro logica. La Fratellanza musulmana ha due obiettivi principali: far rivivere il califfato, scomparso nel 1922 con la fine dell’Impero Ottomano; e imporre un sistema giuridico fondato sulla sharia. Il problema è che quando si fa un esperimento del genere in Egitto – non per essere sciovinista ma pure Napoleone disse che l’Egitto è “Il” paese arabo -, c’è un rischio emulazione in tutto il mondo arabo musulmano, e oltre, che avrebbe delle conseguenze nefaste. Shafiq è l’unico a questo punto che può opporsi a questo progetto.

Non crede che gli egiziani siano piuttosto interessati a trovare un candidato che sia in grado di dare all’Egitto nuova speranza soprattutto sul piano economico?

Sul piano economico, da quel che immagino, il candidato Shafiq metterà in campo una politica d’attrazione d’investimenti esteri, e non fondata su una richiesta d’aiuti, che darà modo di trasformare l’Egitto in una paese più orientato al business. Credo anche che sul piano della politica internazionale, sarà maggiormente in grado di dare all’Egitto più sicurezza grazie alle sue capacità e alla sua storia di uomo dell’esercito.

*Tarek Heggy è membro del The New York Hudson Institute. Egiziano, è stato amministratore delegato della Shell International Petroleum Company. Professore in molte università prestigiose, ha creato la "Tarek Heggy Scholarship" per i programmi MA/PhD per le relazioni ebraico-musulmane" all’Università di Toronto. Heggy è anche co-fondatore della cattedra di Studi Copti all’American University del Cairo. Nel 2008 è stato insignito in Italia del premio "Grinzane Terra d’Otranto".