Se non c’è alternativa a Letta, il Governo dia un’alternativa al Paese

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Se non c’è alternativa a Letta, il Governo dia un’alternativa al Paese

26 Luglio 2013

Ha fatto bene il premier Enrico Letta a ricordare una verità banale, che però tanti esponenti politici (tesi a rincorrere la polemicuccia del momento) sembrano quotidianamente dimenticare: non ci sono alternative all’attuale governo. Per capirlo basta non perdere memoria di cosa è accaduto negli ultimi mesi. Il governo delle larghe intese, infatti, non nasce da una perversa volontà di "inciucio", né è animato da un criminoso disegno dittatoriale, ma è il frutto inevitabile di un risultato elettorale inconsueto.

Nel febbraio scorso dalle urne non è emersa una maggioranza netta, ma si è verificato un sostanziale pareggio tra le due principali forze politiche. A complicare il quadro c’è stato poi un fortissimo voto di protesta che si è indirizzato verso il Movimento cinque stelle. Una volta che i "grillini", fermi sulla linea del "tanto peggio, tanto meglio", hanno fatto sapere che non erano disponibili a nessun accordo con le altre forze politiche, tutti gli attori politici hanno dovuto prendere atto che l’unica alternativa al governo delle larghe intese era quella, decisamente peggiore, delle elezioni anticipate. Tale situazione, che ha rasentato la crisi istituzionale, spiega anche la inedita rielezione di Napolitano alla presidenza della repubblica.

Tuttavia le affermazioni del primo ministro non si possono ridurre a una realistica, e magari un po’ ricattatoria, presa d’atto di una condizione di fatto, ma vanno ricondotte a un più generale orizzonte politico. Per intenderlo occorre tenere a mente il perimetro entro cui si muove la inusuale alleanza tra il PD ed il PdL. Il governo Letta, infatti, non nasce come un governo di legislatura, bensì come un governo a tempo. L’orizzonte cronologico della sua azione è stato indicato, fin dal discorso d’insediamento del primo ministro, in diciotto mesi.

In questo arco di tempo l’esecutivo deve concentrare la sua azione su due ambiti ben definiti. In primo luogo assumere misure volte a migliorare la situazione economica e finanziaria del paese; in secondo luogo promuovere i necessari aggiustamenti costituzionali. Se questi due obiettivi vanno perseguiti contemporaneamente, l’arco di tempo indicato è soprattutto funzionale alle riforme istituzionali. Diciotto mesi, infatti, sono il termine minimo necessario per istruire, discutere e approvare le modifiche alle parti difettose o invecchiate del nostro ordinamento costituzionale, e poi per sottoporre tali modifiche alla ratifica popolare.

Per riassumere tutto con una formula possiamo dire che, se il governo attuale non ha un’alternativa, lo scopo di questo governo è appunto quello di offrire un’alternativa al paese. Una modifica costituzionale condivisa e mirata che superi il bicameralismo simmetrico, rafforzi l’esecutivo, consolidi il legame tra voto popolare e governo consentirà di superare la vera anomalia italiana: quella di una vita politica instabile, logorata da una guerra civile sorda, perpetuamente insidiata dal trasformismo, o messa sotto assedio dalla demagogia nullista. Tenere a mente tutto questo è il modo migliore per fronteggiare non solo le polemiche quotidiane ma anche gli ostacoli prossimi venturi che si preannunciano all’orizzonte.