Se Obama si compra la Casa Bianca
23 Ottobre 2008
Negli Stati Uniti, di questi tempi, è difficile acquistare una casa. Barack Obama però si sta comprando la Casa Bianca. La battuta che circola in alcuni ambienti conservatori (vedi la rivista “American Thinker”) dà un po’ il senso dell’incredibile exploit del senatore afro-americano nella raccolta fondi. Proprio la quantità di soldi a disposizione nelle casse di Obama spiegherebbe il suo sprint, apparentemente inarrestabile, verso Pennsylvania Avenue.
Solo nel mese di settembre, il senatore dell´Illinois ha raccolto 150 milioni di dollari. La sua campagna elettorale avrebbe così, dall´inizio delle primarie, sfondato il tetto dei 700 milioni di dollari (quasi il doppio di quanto raccolse Bush 4 anni fa) rendendo Barack Obama una sorta di "Mr Miliardo" delle presidenziali americane. I numeri rivelati dal "campaign manager" di Obama, David Plouffe, sono eclatanti: nel solo mese di settembre il senatore dell’Illinois avrebbe ricevuto fondi da 632 mila nuovi sostenitori portando la cifra totale a 3.1 milioni di supporter. Il contributo medio non arriva ai 100 euro. "E’ salutare per la democrazia avere tante persone che versano 5 o 10 dollari. E’ una riforma spontanea del finanziamento della politica", ha dichiarato soddisfatto al “Chicago Tribune” lo stratega di Obama, David Axelrod.
Chi non la pensa, così, ovviamente, è il campo avverso. Intervenuto domenica scorsa alla trasmissione “Fox News Sunday”, John McCain ha dichiarato che “gli americani hanno il diritto di sapere da dove arriva ogni penny di finanziamento alla campagna elettorale”. In effetti, come ricorda il “Wall Street Journal” di lunedì scorso, lo staff di Obama non ha ancora reso pubblico l’elenco completo dei suoi “piccoli donatori” come fatto invece dal senatore dell´Arizona. Il Comitato Nazionale Repubblicano ha chiesto alla Commissione Federale Elettorale di indagare su queste zone grigie.
Il GOP fa notare, ad esempio, che tra i donatori di Obama risultano contribuenti dai nomi bizzarri come “Mr Good Will” (“Signor Buona Volontà”), peraltro protagonista di donazioni multiple. Ancora, i repubblicani accusano Obama di aver accettato una quantità sproporzionata di fondi dall’estero, introiti illegali secondo la legge federale. D’altro canto, Obama è oggetto di critiche (per la verità, non solo dai repubblicani) per aver, in un primo momento, accettato di accedere ai fondi elettorali pubblici (più limitati e più controllati) per poi cambiare idea. Decisione invece presa e mantenuta da John McCain (a dire il vero, mai particolarmente brillante come fundraiser) che si è ritrovato così con un “misero” assegno una tantum di 84 milioni di dollari.
“Questa è un’elezione, non un’asta”, ha dichiarato, forse con una punta d’invidia, il portavoce di McCain, Tucker Bounds. Già, perché la schiacciante superiorità di fondi a disposizione consente a Barack Obama di mettere in campo l’artiglieria pesante, mentre a McCain restano solo le baionette. O, per dirla con Evan Tracey della TNS Media Intelligence, “McCain parla a voce, Obama con un megafono”. Eloquente è il divario tra i due candidati nella “guerra degli spot”. La settimana scorsa, sulle tv della West Virginia (Stato incerto) è andato in onda un profluvio di spot pro-Obama, costati al senatore democratico 1,2 milioni di dollari al giorno. In tutti gli Stati chiave, gli “Swinging States”, dove si giocherà la partita del 4 novembre, Obama ha potuto mandare in onda un numero di spot superiore di 3 o 4 volte a quelli trasmessi dal suo avversario.
L’ammissione di impotenza più rilevante da parte di McCain è stata la rinuncia a fare campagna elettorale in Michigan, proprio mentre Obama va ad insidiarlo negli Stati un tempo solidamente repubblicani. La disparità economica si riflette in maniera forse perfino più influente nel “controllo del territorio”. In Ohio, fondamentale per le speranze dei repubblicani, Obama può contare su 76 “uffici” (noi li chiameremmo circoli elettorali), McCain solo 45. In North Carolina, il divario è ancora più ampio: 47 a 20. Inverso il rapporto in Florida: 56 circoli per Obama; 60 per McCain. Con una sostanziale differenza, però: quelli del veterano del Vietnam sono in realtà uffici finanziati dal partito repubblicano locale su cui McCain ha un margine di manovra limitato. Obama invece si avvale di strutture proprie, distinte da quelle del partito dell’Asinello. Come a dire, meglio conti separati.