Se Obama vuole aiutare l’Iran faccia come Reagan con l’URSS

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Se Obama vuole aiutare l’Iran faccia come Reagan con l’URSS

25 Giugno 2009

Supponiamo che il presidente Obama decida di sostenere la rivoluzione in Iran. Potremmo giudicarlo inverosimile. Ma non è la rivoluzione stessa qualcosa di dannatamente improbabile? Gli eventi, in se stessi, hanno una logica terribile. Obama non voleva essere definito un “mediatore”, voleva conservare una sorta di verginità politica nei confronti dell’Iran, ma gli è stato attribuito comunque il ruolo di mediatore con la “M” maiuscola:

“…il governo iraniano ha convocato l’ambasciatore svizzero, che rappresenta gli interessi degli Stati Uniti in Iran, per lamentarsi dell’interferenza americana. I due Paesi hanno rotto le relazioni diplomatiche dopo la Rivoluzione Islamica del 1979. Un canale iraniano in lingua inglese ha citato il governo Ahmadinejad che parla di una ‘intollerabile interferenza occidentale’ ”.

Forse adesso Obama sta chiedendo ai propri esperti cosa si potrebbe fare per aiutare gli iraniani ad abbattere il regime. E loro cosa potrebbero rispondergli?

1. La cosa più importante è dare accurate informazioni al popolo iraniano su cosa stia succedendo in Iran. In questo momento gli iraniani che manifestano dipendono dal passaparola e da Twitter, che spesso è uno strumento veritiero ma altrettanto spesso è ingannevole. Visto che tutti sanno che Twitter è il social network di questa rivoluzione il regime sta facendo di tutto per azzittire i twitters più attendibili e inondare la rete con la disinformazione. E’ una grande tecnologia, ma qualche volta mi fa venire in mente una delle mie battute preferite sull’informatica: “Basta che avvenga una rivoluzione nell’informazione e qualsiasi cosa passi è buona per farne scoppiare una vera”.

Quindi gli iraniani hanno bisogno di fonti d’informazione affidabili. Il regime sta facendo il peggio possibile per disturbare le trasmissioni radiotelevisive nel paese. Sicuramente noi possiamo batterli in questo gioco e, nel provare a farlo, potremmo noi stessi innescare una rivoluzione interna: rimpiazzare la banda di apologeti del VOA (Voice of America) persiano con qualche vero americano che creda nella libertà. La nostra migliore opzione è Farda – il servizio RFE/RL (Radio Free Europe/ Radio Liberty) che opera a Praga. Il loro sito web dovrebbe trasformarsi in un report continuo sugli eventi che stanno accadendo in Iran. Lo stesso quotidiano inglese Guardian ha un sito di questo tipo che aggiorna le notizie ogni minuto. Farda ha numerosi fonti di informazioni in tutto il Paese; dovrebbe usarle molto più efficacemente di quanto non lo stia già facendo adesso.

Qualcuno di noi – in particolare il senatore Tom Coburn – ha combattuto per anni in favore di misure del genere, contro chi non vorrebbe avvallarle. Se l’amministrazione avesse preso la cosa sul serio, avrebbe potuto fare molto in poco tempo.

2. Dovremmo essere capaci di introdurre nel Paese dei cellulari satellitari che funzionino, in modo tale che la gente possa chiamare per dare informazioni aggiornate che a nostra volta potremmo far circolare e trasmettere agli iraniani. Una volta la CIA era in grado di fare questo genere di cose; dubito, però, che oggi vogliano farlo, ma ci sono numerose aziende che possono svolgere questo compito . Lo stesso discorso vale per i computer portatili , i server, eccetera.

3. Nonostante il regime continui a filtrare le informazioni, Internet non ha smesso di funzionare. Molti iraniani stanno sconfiggendo i censori attraverso quei siti web nati per superare i filtri cinesi. Si tratta di siti in lingua cinese ma gli iraniani li hanno utilizzati per parecchi anni. Gli organizzatori di siti come questi sono perennemente  a corto di soldi (ancora una volta, gli sforzi per convincere il governo americano a concedergli risorse economiche hanno sempre fallito), così hanno dovuto restringere il numero di “hits” (le richieste di accesso al sito, ndt) provenienti dall’Iran. Tuttavia, date le circostanze, negli ultimi giorni ci stanno andando piano. Secondo uno dei “ragazzacci” che gestiscono questi siti, “lo scorso 13 giugno abbiamo iniziato a togliere le restrizioni al traffico iraniano. Il 16 giugno, il numero quotidiano di ‘hits’ proveniente dall’Iran ha superato i 200 milioni e il numero giornaliero di user iraniani è stato molto al di sopra dei 400mila”.

Aiutiamo questa gente.

4. Costruiamo un fondo per sostenere i lavoratori iraniani in sciopero. Diamogli cibo per i propri figli. Jimmy Hoffa, mi stai ascoltando? Una volta in Occidente c’erano i sindacati che facevano miracoli per Lech Walesa e “Solidarnosc”. Ora sembrano scomparsi. Scommetto che hanno speso tutti i loro soldi per le elezioni.

5. C’è bisogno anche del richiamo, del coraggio e della chiarezza dei nostri leader. Specialmente da parte di Obama e di Hillary. E’ necessaria anche una denuncia costante dell’oppressione e del massacro di persone innocenti in Iran, così come il costante appello ai “valori universali” che tutti noi sosteniamo.

Non voglio essere coinvolto nei piccoli dettagli della rivoluzione iraniana. Francamente, non penso che sia una buona idea che Obama chiami Mousavi. E’ una mossa troppo elitaria, ignora la vera natura del momento rivoluzionario. Bisogna dare sostegno al popolo e dare loro quello di cui hanno bisogno per vincere: informazione, strumenti e segnali di viva preoccupazione. Non è difficile. Lo abbiamo già fatto in passato. E ha funzionato. Chiedetelo a Mikhail Gorbaciov.

Michael A. Ledeen è Freedom Scholar alla Foundation for the Defense of Democracies ed è autore di Freedom Betrayed. How America Led a Global Democratic Revolution, Won the Cold War and Walked Away (The AEI Press 1996), tra gli altri. 

Tratto da "Human Events"

Traduzione di Fabrizia B. Maggi