Se saranno ancora Sanders, Hillary & Co. a sfidare Trump, allora lunga vita al “Don”

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Se saranno ancora Sanders, Hillary & Co. a sfidare Trump, allora lunga vita al “Don”

21 Febbraio 2019

Booker, Buttigieg, Castro, Delaney, Gabbard, Gillibrand, Harris, Klobuchar, Williamson, Yang, Hincknlooper, tutti perlopiù ignoti all’opinione pubblica europea, e poi i vari Sanders, Warren, Clinton (Illary, of course), Biden, Torello, Bloomberg, Kerry, Marrone, de Blasio, Bennet, più conosciuti da queste parti, i quali, tutti, chi più chi meno, prenderanno parte, a vario titolo, alla corsa per la nomination nelle primarie Usa del partito democratico, tentando di aggiudicarsi la Casa Bianca. Ma se davvero sono questi, i nomi, The Donald, come unico avversario per compiere il secolo di vita alla presidenza americana – se, come sostengono alcuni studiosi, il ciclo populista in corso sarà più che ventennale – ha davvero solo il limite vincolante dell’insuperabile doppio mandato (diversi costituzionalisti, però, aggiungono “consecutivo”, lasciando una via aperta ad una possibile ricandidatura dopo un intervallo di quattro anni). Se da una parte, dunque, c’è Julián Castro, che predica un “Medicare” (un sistema sanitario quasi gratuito) per tutti e una riforma sull’immigrazione, dall’altra abbiamo Bernie Sanders, che ad un Medicare free affianca un’università gratuita generalizzata.

Poi Elisabeth Warren, che nei giorni scorsi ha mostrato pubblicamente un certificato, firmato da Carlos Bustamante, un famoso genetista, che attesta, con un tasso di errore inferiore a uno su mille, che la senatrice ha le sue origini tra i nativi americani, e John Biden, l’ex vice di Obama, che propone, come punti di forza della sua campagna elettorale, di ripristinare la posizione dell’America sulla scena globale e di rafforzare le protezioni economiche per i lavoratori a basso reddito in settori come la produzione e il fast food, o Michael Bloomberg, l’ex sindaco di New York, ex repubblicano e miliardario, che offre come piatto forte un disaccordo con i progressisti su questioni quali la regolamentazione delle banche, sulle tattiche di polizia stop-and-frisk e sulle tesi sostenute dal movimento #MeToo. Dell’italo-americano Bill de Blasio, attuale sindaco della Grande Mela, al momento si ricordano solo le sue passate incursioni nella politica nazionale, presentandosi come un progressista universalista e un attivismo per un fermo sostegno di Hillary Clinton: tutte azioni finite in un disastro politico. E che dire di John Kerry, ex segretario di Stato, che si proclama «profondamente turbato dalla presidenza Trump» e che ha dichiarato che vorrebbe continuare a svolgere un ruolo nella vita pubblica?

Per Hillary, alcuni alleati di lunga data dell’ex sfidante alle primarie di Obama e di Trump alle ultime elezioni presidenziali, nonché ex moglie di Bill ed ex segretario di Stato, spingono tranquillamente verso l’idea di un’ennesima candidatura; altri vicino a lei dicono, al contrario, che la stessa ex first lady abbia poco interesse a lanciarsi di nuovo. Poi ci sarebbe anche Sherrod Brown, un senatore dell’Ohio, con il suo “populismo economico”, il quale si mostra come un feroce critico di Trump su ogni questione, tranne una: il commercio. Insomma, se queste sono alcune delle figure che, chi più chi meno, sta valutando una possibile candidatura in sfida a Trump, nel 2020, c’è chi, invece, si è chiamato fuori dalla competizione. Come il sindaco di Los Angeles, Eric Garcetti, che ha deciso di voler continuare nell’amministrazione della città, oppure il volto molto più noto di Oprah Winfrey. L’ex conduttrice di talk show, e magnate dei media, ha sottolineato che non sarebbe «in grado fare il presidente». In più, Winfrey considera il ruolo di governo presidenziale, in generale, «non un business pulito. Mi ucciderebbe». Su un aspetto, tuttavia, tutta la politica americana sembra essere d’accordo. La futura presidenza Usa non sarà una carica per giovani, visto che, non solo il probabile nuovo presidente sarà di nuovo Trump, che nel 2020 avrà 74 anni, ma anche i principali sfidanti (Sanders, 79; Bloomberg, 78; Biden, 78; Warren 71) sono ormai vicini dall’essere ottuagenari o ultrasettantenni.