Sempre colpa dei francesi: con il libro ‘Indignez-vous!’ sono nati gli Indignati
17 Ottobre 2011
“Indignez vous !” è il titolo di un libriccino, scritto da Stephane Essel per il Natale 2010: Essel all’epoca aveva 93 anni; persona allegra estroversa, militante della Resistenza francese e amico di molti intellettuali celebri nella gauche transalpina. Cosa dicevano le 35 pagine del libriccino? Giovani, ragazzi siete un mortorio; il mondo si sta sviluppando a ritmi frenetici e voi state lì impalati a giocare con i balocchi del benessere; svegliatevi!
I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri; sta arrivando una dittatura dei mercati finanziari; i sistemi di assistenza e protezione sociale si stanno restringendo; i movimenti migratori si scontrano con nazionalismi e violenze. Il capitalismo, espressione dell’unica ideologia rimasta, il liberalismo, ha una crisi grave; e voi dormite, guardate, non partecipate. Indignatevi!
Essel è socialista, di quella socialdemocrazia francese che ora si candida a riprendere il potere presidenziale; è amico di Delors e di sua figlia Aubry; solo per dire che il suo “indignatevi “ non è nato come grido rivoluzionario, anarchico o antagonista. Il grido fu ripreso dai giovani spagnoli, gli indignados, e poi ha fatto il giro del mondo, assorbendo dentro all’indignazione tutto e il contrario di tutto. Sbarcato in Italia, sembra essersi concentrato su due “indignazioni”maggiori; il debito pubblico e, ovviamente, Berlusconi.
Sul debito pubblico i nostri cari rampolli, ben vestiti, ben nutriti e ben equipaggiati, sembrano essersela presa con i nonni o i genitori; una bella ragazzina si è presentata in TV indignata: “perché mai noi dobbiamo pagare per gli errori e i debiti delle nostre progenie? Non paghiamo! Falliamo e chissenefrega!” Ecco fatto; a forza di dire che oggi paghiamo gli errori del passato, questo è il risultato; ad essere superficiali e approssimativi, non ci dobbiamo meravigliare che i frutti siano altrettanto superficiali e beceri.
L’Italia uscì dalla seconda guerra mondiale con le pezze al sedere; negli anni 80 era diventata la quarta potenza industriale del mondo; in 30 anni da uno stato di miseria diffuso, siamo passati al benessere; dall’emigrazione all’immigrazione; da perdenti di una guerra disastrosa, a prestigiosi partecipi dei consessi internazionali politici, economici e finanziari.
Se l’Italia si è indebitata è stato per crescere, per svilupparsi; forse si è indebitata troppo, forse sono stati fatti errori, forse si poteva avere una politica economica e finanziaria migliore (a cominciare dalla gestione della nostra entrata nell’euro); ci possono essere tanti “forse”; ma il dato di partenza non può mai essere dimenticato; noi siamo un Paese privo di risorse, un Paese povero e manifatturiero; la nostra unica forza sta nella trasformazione dei prodotti, nel dare valore aggiunto a materie prime o semi lavorate che ci arrivano da fuori; o a servizi che riusciamo a fare meglio di altri.
Quindi abbiamo bisogno di risorse finanziarie che noi dobbiamo prendere dalle banche, mentre altri le hanno nel proprio suolo; nel nostro suolo c’è un patrimonio smisurato, che non è monetario e non è monetizzabile, quello storico, artistico, culturale e ambientale. Ma questo non può coprire i debiti fatti e da fare per lo sviluppo.
Una volta non c’era la mondializzazione delle finanze e c’era la gestione della propria moneta; e i debiti dello Stato venivano pagati da tutti con la svalutazione; la gestione “tedesca” dell’euro non prevede questa parola, “svalutazione”; anzi per la verità non prevede alcuna politica monetaria vera; e quindi la spirale perversa del debito pubblico tende a soffocare l’economia di impresa: in Italia e nel mondo. Ci dobbiamo indignare con i nostri nonni? No, assolutamente no; se con qualcuno dobbiamo prendercela è con chi ha voluto e vuole che la Banca europea sia gestita come uno sportello postale e per di più con tutte le voglie e le forme dei ricchi e tutti i mezzi dei poveri.
Sull’indignazione contro Berlusconi emersa anche questa da molte interviste agli “indignados” nostrani (che forse dovrebbero essere ricondotti alla loro reale essenza di semplici incazzati, con rispetto parlando), stendiamo un velo pietoso ; questi giovani e meno giovani sono realmente vecchi : mancano di fantasia e di cultura umana (lasciando da parte la semplice erudizione), quella del confronto, delle idee, dei progetti e anche quella dei sogni: ripetono i ritornelli del “piove governo ladro”; lì si fermano e ballano.
Lasceranno ai figli un mondo peggiore di quello che hanno ricevuto dai vituperati nonni, “che hanno fatto i debiti”.