Senatori a vita, il centrodestra riesce a fare 4 nomi liberali?

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Senatori a vita, il centrodestra riesce a fare 4 nomi liberali?

01 Agosto 2013

Non esistono valori che non vogliano valere, che non vogliano contare, pesare, essere decisivi. Chiunque abbia una convinzione, non gli basta averla nel cuore. La vuole trapiantare negli altri. E’ così che i valori diventano culture politiche, e le culture politiche diventano pressioni nei Comuni, nelle Giunte, nel Parlamento, nei circoli, nelle associazioni, nelle comunità. Un valore “disincarnato”, che non voglia premere sulla scena pubblica, è un valore che non conta o che sta morendo. Il sinonimo di valore è potere. Perché solo avendo potenza, il tuo valore può pesare.   

Rimane perciò senza logica, senza giustificazione, senza lungimiranza, il perché il centrodestra italiano non voglia sviluppare nei territori, nelle sezioni, nei giornali di appartenenza, nelle case editrici di vicinanza, nelle televisioni di proprietà, una cultura politica liberale che risveglia con baldanza, incisività e passione, i cittadini e il dibattito pubblico.

Il centrosinistra, con i suoi intellettuali e uomini di cultura più o meno apertamente schierati, è riuscito e riesce con un’efficacia straordinaria a dettare l’agenda del dibattito nazionale (l’appello ai beni comuni, alla devozione verso la Costituzione, alla scuola di Stato, alla difesa della legalità, al patrimonio in mano pubblica, alla salvaguardia del lavoro statuale). Così i loro valori valgono, e il risultato è spesso raggiunto.

La Costituzione non viene minimamente toccata (invece ne avrebbe un gran bisogno). Il patrimonio storico-artistico rimane saldamente nelle mani pubbliche (invece andrebbe fortemente aperto ai cosiddetti privati, che altro non sono che cittadini che si riuniscono in aziende, cooperative, associazioni, comitati). Il pubblico impiego andrebbe drasticamente rivisto (invece ogni riforma profonda viene ogni volta inibita). E così via dicendo: l’immobilismo dell’Italia è la prova più inconfutabile che i loro valori riescono a valere.

Ciò che invece non riesce a valere è la cultura liberale. Il ceto politico di centrodestra ha del tutto rinunciato a tessere un dialogo continuo, quotidiano, strutturato tra politici, pensatoi, think thank, fondazioni, riviste, giornali, siti online di taglio liberale. Non c’è dialogo, non c’è ossigenazione, non c’è alimentazione reciproca, se non sporadica come è il caso della Fondazione Magna Carta o dell’Istituto Bruno Leoni. Spesso sul quotidiano con cui collaboro, Il Giornale, lo scriviamo e lo denunciamo. Il risultato è il silenzio più assoluto dei politici.

I valori liberali non hanno una struttura politica, editoriale, culturale, permeata nei territori, nelle redazioni, nelle associazioni, che li voglia far valere. Rimane perciò senza credibilità la polemica sui senatori a vita nominati dal Presidente della Repubblica e ritenuti vicini allo schieramento avverso. Se ai politici di centrodestra, che hanno contestato Napolitano, avessero chiesto un nome alternativo a Renzo Piano e al Nobel Carlo Rubbia, più vicino alla loro area, questi politici non avrebbero fatto alcun nome. Non perché non c’è. Ma perché non lo conoscono.