Senza il centrodestra il salvinismo si ferma a metà
07 Marzo 2019
Tav, difesa della vita sin dal suo concepimento, estensione dei diritti del cittadino in materia di difesa: se Matteo Salvini vuole davvero realizzare il programma che ha presentato agli elettori, deve per forza passare dal centrodestra. Il leader del Carroccio, durante la giornata di ieri, ne ha avuto l’ennesima conferma. Le facce contrite di almeno venticinque parlamentari del MoVimento 5 Stelle sono lì a testimoniare come il provvedimento sulla legittima difesa, per quanto fosse presente nel “contratto di governo“, non abbia potuto contare su una ferma condivisione.
E in Senato andrà ancora peggio, dov’è possibile pronosticare la necessità del “soccorso” del resto della coalizione naturale. Quella che ancora resiste sui territori. Il ping pong e la prolungata attesa sul Tav, poi, sono ulteriori sintomi: l’accordo con i pentastellati non regge come avrebbe dovuto. Volendo allargare ‘la base del ragionamento, si potrebbe segnalare come il sottosegretario alle Pari Opportunità Vincenzo Spadafora, che alcuni considerano il contrappeso “progressista” ad un presunto oscurantismo tradizionalista, abbia da poco dichiarato quanto segue: “Noi sui temi dei diritti siamo diversi da loro, che portano avanti delle idee che non sono le nostre e che non avranno mai M5s dalla loro parte. Finché ci sarà questo governo, con questo contratto di governo, non si dirà mai sì ad un arretramento culturale del Paese”. Sullo sfondo c’è la querelle attorno al Congresso Mondiale delle Famiglie, che si terrà a Verona dal 29 al 31 marzo. La Lega parteciperà in maniera attiva. I pentastellati non ne vogliono sapere. Sono i limiti di una contrattazione, quella nata attorno all’esecutivo, che ha potuto vantare solo una base procedurale, ma non su una Weltanschauung comune.
Battaglia antropologica, grandi opere, sicurezza: sono i tre temi che Salvini ha cavalcato con più insistenza durante la scorsa campagna elettorale, ma sono pure quelli che rivendicherà in funzione delle europee. Solo che i grillini vanno in tutt’altra direzione. Basti pensare, per fare un altro esempio, al ruolo di promotore che il presidente della Camera Roberto Fico sta incarnando sulla legge d’iniziativa popolare che vorrebbe liberalizzare l’eutanasia. Il leader del Carroccio è pronto a fare ostruzionismo? Anche in quel caso, tenendo presente il possibile canale di dialogo da aprire – perché no, sembrano chiedersi in entrambi i campi – in materia bioetica tra grillini e Pd a trazione zingarettiana, servirà il centrodestra per resistere all’avanzata del relativismo di ratzingeriana memoria. Sarà ancor più necessario serrare i ranghi, poi, se il “forno” tra MoVimento 5 Stelle e partito radicale di massa – quello di Nicola Zingaretti – dovesse essere aperto con tutti i crismi del caso.
Si è soliti mettere in evidenza come i numeri abbiano la testa dura, ma più rocciosa dei numeri, a volte, è la dottrina politica. Mentre scriviamo, l’esecutivo gialloverde ha di fatto certificato l’esistenza di un’incrinatura attorno alla Torino – Lione: la quadra non è ancora stata trovata. Un altro segnale di come il completamento del manifesto salviniano necessiti di passare per un boscaglia meno invasa da ideologismi, recriminazioni e indefinite velleità da populismo tanto liquido quanto indefinito. Quello che, in fin dei conti, i pentastellati rappresentano.
Matteo Salvini, nella posizione attuale, può sgomitare e ottenere parte di quanto ha promesso all’elettorato. Ma non potrà mai vedere completato il suo progetto programmatico. Il leader del Carroccio è un “visconte dimezzato” che ha l’altra metà di se stesso a portata di mano. Prima di potersi allungare per ricongiungersi, però, bisogna allontanarsi da un partner in grado di bloccare un Paese, il nostro, che non se lo merita.