Senza l’atomo e con l’austerità energetica non andremo lontano
21 Giugno 2011
In Italia siamo convinti che lo sviluppo di energia elettro-nucleare sia ormai una partita chiusa, eppure, tra le molte soluzioni che si possono adottare l’atomo rimane ancora quella più ragionevole. Abbiamo cancellato il nucleare con un secondo referendum: gli italiani non lo vogliono, o meglio, non lo vogliono nel loro giardino.
D’altra parte nel giardino non ci vogliono neanche le centrali elettriche a olio o a carbone, che inquinano. E non gradiscono nemmeno le dighe per l’idroelettricità, perché sono pericolose e rovinano l’ambiente. Così come le pale eoliche, che non sarebbero né eco-sostenibili né convenienti. Così come non converrebbero i pannelli solari, che rubano terre o tetti "preziosi". Rimane il gas, purché non sia quello da "scisti" che tende a creare problemi ambientali e geologici.
Questo quadretto sembra un paradosso ma, purtroppo, è uno spaccato della realtà. D’altronde noi italiani vorremmo tutte le cose dei ricchi con tutti i mezzi dei poveri. Tanto per dare qualche numero, oggi in Cina e in India si consuma 1 tep (tonnellata equivalente di petrolio) a testa ogni anno. In Europa circa 4 e, negli Usa, circa 8. E lo sviluppo maggiore nei prossimi anni sarà proprio nelle aree che escono dalla povertà.
Con quale energia si pensa che questo sviluppo possa essere alimentato? Molti credono che i recenti aumenti dei prezzi di petrolio e gas siano dovuti alla guerra libica. La mancata produzione di petrolio libico (1,6 milioni di barili/giorno su un totale produttivo mondiale di 86 milioni) è stata ampiamente compensata dall’aumento della produzione di olio nei mari del nord e dalla flessione dei consumi giapponesi, in seguito al terremoto-tsunami. La Cina invece ha richiesto al mercato un milione di barili al giorno in più rispetto alle previsioni, ed ecco che il prezzo del greggio al barile è cresciuto al livello dei 100 dollari. In tendenza analoga è il mercato del gas. E così sarà anche per quello del carbone.
Da questi dati emerge che con le sole fonti energetiche fossili non abbiamo grandi prospettive. Al di là di un loro futuro esaurimento e del grosso impatto eco-ambientale che hanno, sarà il mercato a limitarne l’uso perché, a breve, costeranno troppo. E le energie rinnovabili? Saranno sicuramente importanti, con produzioni e consumi diffusi. Costano ancora molto care ma un loro sviluppo sul mercato ne abbasserà i costi di produzione. Costituiscono dunque una risorsa da perseguire laddove possibile. Eppure non saranno in grado di soddisfare un fabbisogno energetico mondiale di base.
Quindi non rimangono che le soluzioni "tecnologiche" e "avveniristiche". Fra le prime ci sono la fissione e la fusione nucleare. Oggi l’orientamento scientifico prevalente sulla fissione, dopo Fukushima, sembra quello di puntare su centrali elettriche di piccole-medie dimensioni (da 200 a 800 MW circa) a cosiddetta sicurezza intrinseca, cioè con il recupero e reimpiego delle scorie radioattive prodotte. E’ un disegno astratto? Non sembra. Naturalmente bisogna studiare, ricercare e progettare. Tutto ciò, forse, non è stato ancora vietato dal popolo italiano sovrano. In ogni modo gli altri a questo stanno lavorando. Poi ci sono le soluzioni avveniristiche, ovvero la creazione di centrali solari nello spazio o nei grandi corsi d’acqua di tutto il mondo, con un lavoro di innovazione per il trasporto e la distribuzione di energia elettrica. Per il momento queste soluzioni restano, purtroppo, dei sogni.
Oggi la risorsa più importante per l’Italia è una grande austerità energetica fatta di innovazione tecnologica per consumare di meno e produrre di più, di diffusione delle piccole produzioni, di razionalizzazione dei trasporti e della distribuzione. Questa risorsa potrà, con non poche difficoltà, farci sopravvivere nel lungo periodo di transizione che abbiamo di fronte. Ma non illudiamoci: anche questa risorsa costa sacrifici.
Insomma, non siamo più ecologi né tecnologi, bensì pantofolai conservatori costantemente in lotta politica, riluttanti a qualsiasi proposta di sviluppo e innovazione. Per il bene del Paese è ora che si punti al cambiamento.