Sarajevo, città simbolo dei conflitti dei Balcani degli anni Novanta per tre giorni è diventata centro dell’Incontro mondiale per la Pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Nella capitale bosniaca che è crocevia di popoli, culture e religioni, il progetto europeo intende ripartire, guidando le Repubbliche sorte dalla disgregazione dell’ex Iugoslavia sulla strada dell’integrazione europea. I Balcani hanno offerto nel passato la lezione più dolorosa e tragica: ondate di movimenti populisti e neo-nazionalisti con fiumi di odio verso l’Altro.
Ma è qui, in questa terra che ha conosciuto il martirio, che la Comunità di sant’Egidio ha deciso di riunire le quattro grandi comunità religiose presenti a Sarajevo, ebrei, musulmani, cattolici e ortodossi promuovono insieme un evento.
Living Together is the Future, si legge nel titolo che è stato scelto per la manifestazione: 28 i panel messi in programma: leader delle Chiese cristiane e rappresentanti delle religioni mondiali, testimoni del mondo arabo, politici e giornalisti parleranno di povertà, immigrazione, Transizione araba, situazione dei cristiani nelle zone di conflitto. Presenit il ministro pakistano, Paul Bhatti, il premier italiano Mario Monti, il presidente del Consiglio d’Europa Herman Van Rompuy. "Senza l’Unione Europea non ci sara’ mai pace durevole nei Balcani occidentali tanto provati dalla storia". E’ quanto ha detto il presidente del consiglio Europeo Herman Van Rompuy a Sarajevo, nella giornata di apertura del meeting. "Il futuro e’ l’Unione Europea. Non bisogna cercare la pace altrove. La storia ci ha insegnato questa terribile lezione", ha aggiunto Van Rompuy.
Memento mori. Secondo Amnesty International sarebbero quattordicimilaseicentoquarantanove le persone che mancano all’appello dalle guerre dell’ex Iugoslavia. Il rapporto di Amnesty International descrive casi di sparizione forzata in Croazia, Bosnia ed Erzegovina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro, Serbia e Kosovo. E, sottolinea, tutti e sei i governi di questi paesi sono venuti meno all’obbligo legale internazionale di indagare e punire questi reati: l’assenza di indagini e processi per le sparizioni forzate e i rapimenti resta un problema grave in tutti i Balcani. Delle 6406 persone scomparse nella guerra del 1991-1995 in Croazia, è stato possibile stabilire la sorte di 4084 di esse. Oltre 2300, 1735 delle quali di passaporto croato, risultano ancora desaparecide. A distanza di anni e anni, oltre 900 resti umani devono essere ancora identificati.
Durante la guerra del Kosovo del 1998-99, si registrarono 3000 desaparecidos albanesi ma anche alter persone scomparse appartenenti alle minoranza serba e a quella rom. Le famiglie di almeno 1797 scomparsi kossovari e serbi, dopo aver perso ogni speranza di rivederli in vita, continuano a pretendere almeno di riavere i loro corpi e che i responsabili siano puniti. Le ferite aperte delle guerre Iugoslave dell?ultimo decennio del secolo scorso continuano a sanguinare.