Senza memoria storica il PD resterà un partito di vecchie elite e nuovo denaro
27 Settembre 2009
Oggi tutti i movimenti politici mostrano comportamenti contraddittori ma se la Sinistra appare schizoide è perché il suo nuovo partito, il PD nasce tormentato. Ancorché difatti si dichiari svanita l’utopia dell’unità di tutta la Sinistra, l’obbiettivo di trasformarlo nell’ approdo di una rivoluzione culturale che reinventi il partito marxista di massa in un partito radical/relativista di massa è forte. Questo disegno si scontra però con il recupero di unità dei Cattolici intorno ai valori di vita, famiglia, uomo mettendo in difficoltà le componenti storiche, che Augusto Del Noce definì giacobine ed illuministe. E così il PD rischia di derubricarsi in una operazione di potere. Il dubbio è avvalorato dalla tentazione di Bersani di puntare ad un partito olistico capace di fondere le diverse culture politiche che l’Ulivo si limitava a sommare.
Bersani, e Franceschini, non sembrano invece cogliere che il PD, per decollare, deve risolvere la pregiudiziale gobettiana sul socialismo ed ammettere che in Italia il riformismo moderato non è stato collaborazionismo con la destra liberale e conservatrice. E non colgono che il PD deve da un lato individuare una base sociale alternativa/integrativa della classe operaia, senza la quale rischia di esistere nel vuoto o di esaurirsi in un partito di dirigenti self-helping. Dall’altro ripensare l’equilibrio fra i lasciti culturali cattolico/progressista e socialcomunista. In assenza il PD continuerà a rispondere all’identikit di partito postdemocratico: élite autoriprodottesi, lontananza dalla base, ottimo collegamento con alcune grandi aziende: un partito di centrosinistra di vecchie componenti e nuovo denaro. Insomma l’idea di partito che in molti rimproverano a D’Alema.
L’Italia intera si augura invece che il PD maturi l’esperienza politica vissuta dalla sinistra tra i1 1892 ed il 1901 quando Salvemini notò la possibilità di avere un partito liberale con la bandiera socialista. Ma perché tutto questo sia però possibile occorre accettare di vedere nel Socialismo il figlio della debolezza della società dell’800 di fronte alla grande depressione del ’29 e riflettere sull’interpretazione crociana dell’antifascismo: un valore morale e non anche politico. Il presupposto culturale su cui ci si aspetta sia rifondata l’identità del PD nel prossimo congresso è in definitiva il riconoscimento degli altri italiani ed il recupero, critico ma pieno, della loro memoria storica come segni della volontà di dare vita ad una comunità politica su cui fondare se non una coscienza nazionale quanto meno una ritrovata identità comune. Il che pretende una diversa sensibilità verso la Costituzione del 1948.
Nata come molte da un atto di ribellione ad un potere statale repressivo la nostra Costituzione ha disaffezionato gli Italiani dal concetto di Patria. Privati, anzi divisi, da una Storia comune, gli Italiani non hanno potuto sviluppare la propria comunità politica e sono prigionieri del rispetto ieratico di principi astratti. Ciò non è di per se un male: la Costituzione Repubblicana ha costituito il perimetro difensivo ultimo della convivenza democratica italiana durante i numerosi picchi di tensione eversiva e sovversiva che si sono succeduti. Dobbiamo però riconoscere che la prospettiva partigiano/centrica con cui è stata redatta ha ghettizzato il cordoglio dei famigliari di tanti altri Italiani caduti in guerra e favorito l’affermarsi della cultura del nemico politico anziché dell’avversario politico.
Questa ghettizzazione, figlia naturale di una reattività istintuale alle sofferenze inferte da un regime totalitario, trovò nel 1946 sponda culturale nella scelta di giudicare e condannare i comportamenti degli Italiani fascisti in base anche a criteri morali anziché solo giuridici. La volontà, emotivamente comprensibile, fu di riconoscere cittadinanza condizionata agli Italiani che avevano condiviso fino in fondo la demenza autoritaria del regime fascista.
Una volta però che la nostra Costituzione rimase impalmata da questo flatus passionale, era solo questione di tempo prima che la coerente interpretazione dell’articolato formale inalasse nel tessuto sociale i sentimenti di estraneità verso l’idea di Nazione Italiana ed insofferenza verso i principi liberali coltivati dai movimenti Risorgimentali che gli avevano fatto da apripista al Fascismo. Un virus dormiente, quello dell’estraneità del concetto di Nazione, che non riuscì a debellare neppure il coraggioso tentativo di riconciliazione civica sotteso dal decreto di amnistia nei confronti dei fascisti firmato dal Guardasigilli, Palmiro Togliatti, nell’immediato dopoguerra.
Se pertanto la Costituzione deve essere considerata l’espressione di una comunità politica, che solidarizza intorno alla coscienza di essere un’unica collettività di individui eguali, dobbiamo ammettere che quella Repubblicana presenta un deficit a livello di soggetto costituente. Una parte del demos italiano fu difatti, coscientemente e comprensibilmente, escluso dal processo elaborativo dei valori e degli orientamenti assunti come ideali regolativi della convivenza e fu relegato ai margini della vita politica. Non c’è pertanto da stupirsi se, per l’effetto, a 60 anni dalla fine della guerra l’Italia non ha ancora avuto il suo 8 maggio 1995 allorché tutto il riunificato Popolo Tedesco indicò l’8 maggio 1945 come data ideale della sua liberazione sia dal nazismo che dal comunismo.
Questa incapacità riconciliativi, che oggi alimenta la guerra alla persona di Silvio Berlusconi, il PD deve imporre che sia sostituita dalla presa di coscienza che solo nel riconoscimento dell’appartenenza di tutti gli Italiani ad un comune contesto storico e con l’adeguamento di alcune strutture organizzative dello Stato sarà possibile perseguire un’identità collettiva. Un’identità collettiva che deve diventare più forte degli stessi principi intorno ai quali si è formata. Questo ci si augura essere l’obiettivo del PD. Diversamente il sistema politico-partitico italiano continuerà a frantumarsi contro l’intangibilità della Costituzione Repubblicana, per timore che anche una breccia possa far crollare l’intero edificio. Ma l’immobilismo da panico alimenterà la disillusione politica, i politici al professionismo, i cittadini al vaffa-day.