Sette giorni per risolvere tutti i rebus. Per il premier è la settimana clou
05 Luglio 2010
Sette giorni. Per risolvere i rebus e riprendere in mano partito e agenda di governo. I rebus: sul fronte interno c’è il nodo dei finiani e di un Pdl a rischio correntizzazione; sul fronte esterno ci sono i dossier strategici da gestire: manovra, intercettazioni, lodo Alfano costituzionale. Il "ghe pensi mi" di Berlusconi sembra un segnale netto rispetto alla nuova road map da seguire, messa a punto nel fine settimana ad Arcore.
Quello che è certo, è che il tempo dei pontieri sembra arrivato agli sgoccioli e del resto nel vertice di venerdì a Palazzo Grazioli il Cav. è apparso determinato a non indugiare oltre in mediazioni permanenti e irritato, non solo con Fini ma anche con Tremonti e per certi aspetti pure con Bossi. Una settimana decisiva, insomma per la maggioranza e secondo alcuni pidiellini, addirittura "cruciale" per le sorti della legislatura.
La tensione resta alta tra Berlusconi e Fini, al punto che in via dell’Umiltà si pensa ormai a una "separazione concordata" che veda i finiani dare vita a gruppi autonomi in Parlamento pur restando nella maggioranza.
Ma il percorso non è così scontato. Se nei giorni scorsi il premier aveva manifestato tutto il suo disappunto per come il presidente della Camera aveva affrontato il dibattito con Sandro Bondi (in realtà un vero e proprio scontro dove l’inquilino di Montecitorio ha "martellato" pesante nello stesso giorno in cui alla presentazione del libro di Gaetano Quagliariello alla quale hanno preso parte tra gli altri Alfano, Gelmini, Gasparri e Lupi si è avuta chiara l’impressione della volontà di costruire, non di demolire ) ieri è stato quest’ultimo a passare al contrattacco facendo intendere di non avere alcuna intenzione di lasciare il Pdl, anzi, l’ex leader di An fa capire di essere pronto ad andare fino in fondo e dalle colonne di Repubblica (particolare che non è passato inosservato) avverte che in caso di rottura non farà una "An in sedicesimo", ma "nascerebbe qualcosa di nuovo, c’è tanta gente alla finestra che aspetta".
Un ragionamento, quello del presidente che ha scatenato il putiferio nel Pdl, soprattuto nelle file azzurre dove peraltro il malumore è già alle stelle per la linea dei finiani sui provvedimenti all’esame del Parlamento: dalla manovra del governo, fino alle intercettazioni. Temi sui quali la corrente del "dissenso di opinioni" (per citare la definizione dello stesso Fini) ha già presentato una serie di emendamenti. Tra l’altro, proprio sulla manovra il Pd Franceschini ha annunciato che il suo partito sosterrà le richieste dei finiani.
In più, c’è la questione Brancher che giovedì arriva a Montecitorio con la mozione di sfiducia presentata da Pd e Idv, sulla quale – sostengono nel centrodestra – anche i fedelissimi dell’inquilino di Montecitorio potrebbero convergere, magari non votando contro ma, ad esempio, non presentandosi in Aula. Il pasdaran Italo Bocchino – ospite alla Festa dell’Unità – lo esclude ma fa intendere che la "condizione" è la presenza di Brancher (oggi) in tribunale nel processo per la scalata ad Antonveneta che lo vede tra gli imputati. Ieri, tra l’altro, sono rimbalzate con una certa insistenza voci di dimissioni imminenti (forse già oggi) da parte del ministro al Decentramento, un’ipotesi che sarebbe maturata dopo il faccia a faccia con il premier.
Del caso, tuttavia, il Pdl si occuperà mercoledì nell’Ufficio di presidenza e non è escluso che prima di allora vi possa essere un nuovo incontro (dopo quello di giovedì) tra i coordinatori del partito e i fedelissimi del presidente di Montecitorio.
Brancher a parte, quello che appare ormai chiaro a molti dirigenti della maggioranza, è la linea scelta dal premier: andare avanti a governare avendo i numeri dalla sua parte. Esiste una maggioranza, – è il ragionamento di fondo – e chi dovesse distinguersi se ne assumerà la responsabilità. E in questa ottica, la questione coi finiani pare arrivata al redde rationem. Due le opzioni in campo: o si arriva a un "disarmo bilanciato" che ruota anche attorno alla questione del congresso – spiega un autorevole dirigente pidiellino – oppure sarà inevitabile una "separazione concordata" che potrebbe sfociare nella costituzione di gruppi autonomi della corrente finiana che manterrebbe inalterati gli incarichi nella compagine di governo ma sulla base di un patto di non belligeranza.
Ma quello coi finiani non è l’unico problema. Nel Pdl si guarda con una certa preoccupazione al movimentismo di Liberamente, l’associazione fondata dai ministri Frattini e Gelmini. I sospetti sono concentrati sulle mosse, compresa quella di un seminario dedicato al tema del Sud che dovrebbe essere calendarizzato in settimana a Sicuracusa e che avrebbe ricevuto l’adesione anche dei ministri Prestigiacomo e Carfagna, e il gradimento del sottosegretario Miccichè (sostenuto dai finiani) che in Sicilia guida la componente del partito contrapposta a quella che fa riferimento ad Alfano e Schifani.
La preoccupazione nasce dal fatto che se alcuni degli animatori di Liberamente interpretano l’associazione come un laboratorio di idee e progetti, al pari di una fondazione o di un think thank, ve ne sono altri che la vivono come una corrente in formazione, come una risposta forzista alle componenti aennine.
Da questo punto di vista – si osserva in via dell’Umiltà – ci sono due rischi che il Pdl non può permettersi di correre. Il primo: l’area degli ex azzurri sarebbe destinata a spaccarsi in due, con una parte (quella che sta in Liberamente) che potrebbe ricercare un rapporto privilegiato con la corrente finiana per bypassare gli ex colonnelli di An i quali a loro volta hanno rotto con l’ex leader. Non solo, ma la componente di Frattini e Gelmini avrebbe avviato una sorta di "monitoraggio" su deputati e senatori per raccogliere adesioni.
Il secondo rischio è che questa iniziativa possa avere ripercussioni e provocare effetti certamente non positivi in un momento in cui lo scontro esterno è particolarmente forte sui dossier del governo: manovra, intercettazioni e lodo Alfano costituzionale. Berlusconi se ne occuperà direttamente ma è chiaro che se gli assetti interni al Pdl si orientano sullo schema delle correnti, questo inevitabilmente crea uno stato di tensione interno destinato a cristallizzarsi e dal sicuro effetto destabilizzante.
Con in più il fatto che un quadro del genere va a incidere sulla compattezza della maggioranza del partito, nel momento più delicato del rapporto con la corrente di Fini. E’ per questo che alcuni, nel Pdl, stigmatizzano la "corsa" alla corrente che sembra aver attecchito anche nella ex Fi dove le componenti interne organizzate non ci sono mai state. "E’ come un uomo che a settant’anni improvvisamente scopre l’amore e intesta tutto il suo patrimonio alla compagna senza pensarci su due volte", spiega un dirigente ex azzurro con una immagine efficace.
E di fronte a tutto ciò, sono in molti nel partito a sostenere che è arrivato "il momento di darci un taglio, di mettere uno stop". Il passaggio successivo è il seguente: o si rientra nei ranghi oppure la reazione correlata potrebbe essere quella della nascita di un "correntone" traversale tra gli ex azzurri e gli ex aenne, compresi alcuni big pronti a scendere in campo per evitare la "balcanizzazione" del Pdl.
Il quadro è in movimento. E tutti, da oggi, attendono la mossa del Cav.