Settis e il vittimismo a libro paga
17 Luglio 2008
di redazione
Ma allora il professor Settis lo fa apposta. Non contento di esser intervenuto il 4 luglio scorso sul Sole 24Ore criticando in modo accorato l’operato dell’esecutivo Berlusconi e suonando l’allarme per i tagli previsti per i Beni Culturali nel Decreto legge sull’Ici e nel Decreto economico-fiscale 112 varato dal governo, è tornato a farlo sulla prima pagina di Repubblica con un titolo da vero Solone: “Perché dà fastidio chi difende il paesaggio”. Occhiello: “Attaccato dal governo, ho una sola colpa: tutelo la cultura”. Al di là della semplice constatazione che chi si loda s’imbroda, evidentemente Settis fa finta di non capire qual è il punto. Guarda caso cita i tanti attacchi ricevuti da esponenti del centrodestra ma evita quello di Valentina Aprea, presidente della Commissione Cultura della Camera, la quale ha definito il suo intervento sul quotidiano confindustriale “un grave sgarbo istituzionale”. Ecco, questo è il punto caro professor Settis. Se si presiede un Consiglio Superiore dei beni culturali, come lei presiede, assimilabile come lei stesso ricorda ad altri Consigli Superiori (Lavori Pubblici o della Magistratura) – anche se è bene ricordare che le funzioni sono ben diverse – non si affida a un articolo su un quotidiano l’esercizio e l’espressione del proprio diritto di critica. Lo si fa nelle sedi proprie, cioè nel Consiglio superiore. Le risulta che il vicepresidente Nicola Mancino per il Csm o l’ing. Marcello Mauro per Cslp, scrivano ciò che pensano sull’operato del governo in articoli su importanti quotidiani nazionali? A noi risulta il contrario. Al massimo possono rilasciare, cum grano salis, discrete e misurate interviste. E’ proprio il carattere tecnico-scientifico dei loro incarichi a suggerire un simile riserbo. E lei? No, lei ritiene di poterci fare la lezioncina sul carattere non politico della sua carica e usare le entrature al Sole e a Repubblica come megafoni delle sue critiche, senza pagar pegno? Il problema non è l’esser succubi del potere politico (anche se come ancora lei ricorda è da quello che si viene nominati), ma avere o no cultura istituzionale. Se il Consiglio Superiore dei beni culturali si è espresso unanimemente contro i tagli ha fatto il suo mestiere. Il Ministro ne prende atto e regola la sua azione tenendo conto di quell’autorevole parere, punto. Se invece si approfitta di laute collaborazioni, come lei fa, per fare gli splendidi, allora si ha una strana idea, molto privata e esibizionista, delle istituzioni. Nel merito: a tempo debito l’Occidentale dimostrerà che la mancanza di risorse per i Beni Culturali è una stanca litanìa che sarebbe il caso di non recitare più. Un solo dato per concludere: il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha accumulato nel corso della sua storia qualcosa come 2 miliardi di residui passivi, 4000 miliardi di vecchie lire. Non solo. Dei soldi stanziati per restauri non se ne spendono per incapacità circa il 40%. Forse sarebbe il caso di rivedere i meccanismi di spesa, invece di continuare a lamentarsi della mancanza di risorse, o no, caro professor Settis?