Sfida Bersani-Casini sulla legge elettorale. Pace tra Veltroni e Renzi?
18 Settembre 2012
Settembre, si sa, è tempo di feste di partito. Tempo, inoltre, di ripresa dell’attività parlamentare e, nell’anno di grazia 2012, periodo clou per disegnare i contorni delle regole, di candidature e di alleanze per le politiche di primavera.
Fervono dibattiti, dunque. Nel centro-sinistra, il weekend appena trascorso ha riservato due confronti di notevole importanza: Pier Luigi Bersani e Pierferdinando Casini si sono ritrovati, sabato scorso, all’incontro delle Acli a Orvieto dal titolo “Cattolici per il bene comune”; domenica, invece, confronto tra Matteo Renzi e Walter Veltroni alla festa democratica di Firenze.
Bersani vs Casini, quindi. Sulla riforma delle legge elettorale, tra i due leader le distanze parrebbero essere incolmabili. O meglio, difficilmente sanabili. Da un lato, Bersani spinge affinché possa essere approvata in parlamento una modifica del “Porcellum” in favore dei collegi; dall’altro, Casini non sembra affatto disposto a indorare la pillola e a rinunciare al meccanismo delle preferenze. Insomma, due visioni delle regole elettorali auspicate e auspicabili assolutamente antitetiche, sebbene il segretario democratico si sia dichiarato favorevole a una maggior “flessibilità” sul premio di maggioranza, in un contesto, però, che sia in grado di assicurare la governabilità al vincitore delle elezioni.
Da Bersani, inoltre, un secco no alla grande coalizione nel 2013, al prosieguo dell’attuale maggioranza montiana – Pdl, Pd e Udc – dopo Monti, e dopo la scadenza naturale della legislatura: ”Grande coalizione di che? Vogliamo andare nella palude’? Pensate davvero che io per uscire dalla palude vada a fare un accordo con Berlusconi? Non chiedetemi questo! Piuttosto lascio io”, le parole testuali del segretario. E sulle alleanze, netto appare il suo progetto: un’alleanza tra forze progressiste e moderate, nonostante non siano ancora chiare le modalità di una simile convergenza. Fredda, al riguardo, la risposta del presidente Udc: “Voi non avete qui due persone che vengono dalla stessa esperienza politica, avete qui due amici che vengono da storie e che hanno idee diverse, se vogliamo annullare queste diversità non facciamo un buon servizio”.
Non solo divergenze, però. Anche alcuni punti in comune: in chiave anti Beppe Grillo, contro il populismo incarnato dalle proposte politiche e dal linguaggio del Movimento 5 Stelle, “ben diverso da popolare” secondo Bersani; nonché sull’”unione di forze diverse per la creazione di una svolta politica”, per Casini. Ci si riferisce, evidentemente, all’operazione Mario Monti a Palazzo Chigi del novembre 2011.
Domenica, invece, s’è assistito al confronto tra Renzi e Veltroni a Firenze. Un confronto altamente simbolico, tra il rottamatore per antonomasia e un vecchio dirigente da rottamare, nonostante Renzi si sia subito affrettato ad affermare che, in caso di vittoria alle politiche, “sarà Berlusconi il primo rottamato”. Scambio di carinerie, tra i due, e clima tutto sommato disteso.
Renzi, però, il 10 settembre scorso dagli studi di RadioRai 2, s’era spinto molto al di là, quasi al limite dell’insulto nei confronti del lascito politico veltroniano: “I successi maggiori li ha avuti come romanziere”, aveva dichiarato. Ora la definisce una “cafoneria”. Tuttavia, sull’eterno refrain del ricambio generazionale nessun passo indietro: “Oggi non si può fare politica per tutta la vita, prima succedeva così ma era il frutto di una vecchia idea di politica e anche del partito”. Veltroni, da parte sua, ha provato a riportare Renzi su un terreno di maggior “rispetto” nei confronti della storia riformista italiana. "Non sciupare la storia del partito", il suo monito.
Infine, sempre nel campo del centro-sinistra, un (forse) clamoroso dietrofront: Nichi Vendola, governatore della Puglia e leader di Sel, starebbe seriamente prendendo in considerazione l’idea di non candidarsi più alle primarie. Ufficialmente, secondo quanto diramato dallo stesso governatore nella giornata di lunedì, per meglio affrontare “qualche problema da risolvere” (Vendola è indagato per concorso in abuso d’ufficio per aver favorito la nomina di un primario al San Paolo di Bari, ndr), perché “chi si vuole candidare in una contesa così complessa ha il dovere di presentarsi senza che alcuna ombra lo possa accompagnare. E io non solo devo essere immacolato, devo anche apparire immacolato”. Ufficiosamente, per le pressioni di Bersani e, soprattutto, in vista (così spifferano in queste ore i maligni) di un listone unico assieme al Pd.
Assai bizzarro per chi, poco più d’un mese fa, s’era perentoriamente candidato “alle primarie quale candidato premier per il centro-sinistra”.