Sicurezza sul lavoro: il Governo fa passi avanti, la Cgil alza un muro

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Sicurezza sul lavoro: il Governo fa passi avanti, la Cgil alza un muro

01 Aprile 2009

Venerdì scorso il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera alla bozza di decreto correttivo del Testo unico sulla sicurezza del lavoro (Dlgs n. 81 del 2008), il provvedimento approvato dal passato Governo quando era ormai già sfiduciato e a Camere sciolte sulla base della delega del Parlamento approvata nella legge n. 123 del 2007. Il "Tu" ha il pregio di aver riassunto in unico testo (appunto) le variegate disposizioni in materia di sicurezza e salute dei luoghi di lavoro. Ma si è anche preoccupato di fare qualche innovazione alla disciplina nel tentativo di migliorare e incrementare la tutela dei lavoratori sul lavoro, purtroppo però intervenendo principalmente con un inasprimento delle sanzioni e con l’imposizione di nuovi legacci burocratici a carico delle imprese.

L’intervento correttivo dell’attuale Governo – necessario per alcuni, sbagliato per altri – arriva in un quadro statistico sull’andamento degli infortuni più favorevole rispetto al passato. I dati ufficiali Inail rilevati al 30 aprile 2008 spiegano che nel 2007 (quando, dunque, è ancora lontana l’entrata in vigore del Tu) ci sono stati 912.615 infortuni con una diminuzione di circa 15.500 casi rispetto all’anno precedente, ossia con una flessione dell’1,7% (superiore al meno 1,3% che si era registrato nel 2006). Quello più significativo è il dato relativo alla riduzione degli eventi mortali, denunciati per 1.210 casi nel 2007 con meno 131 casi rispetto al 2006 (quando sono stati 1.341). Una flessione molto accentuata: meno 12,8% (meno 21% in agricoltura e meno 12% nei settori industria e servizi) a cui, però, non fanno da eco i dipendenti statali – settore molto più sindacalizzato del privato: qui il dato rileva un aumento di 2 casi di infortuni mortali, che passano da 12 a 14. Oltre la metà degli infortuni sono stati causati dalla circolazione stradale, inclusa l’ipotesi dell’incidente in itinere, quello cioè che avvenga nel percorrere il tragitto da casa al lavoro e viceversa, cresciuta del 2,2%.

Il provvedimento correttivo del Governo, sempre nell’ottica di migliorare ed incrementare la tutela sul lavoro dei lavoratori – anche un solo infortunio sul lavoro è una sconfitta sociale – interviene prevalentemente su due direttrici. La prima è di semplificazione di alcune disposizioni del Tu che sono risultate di maggiori difficoltà operative, al fine di rendere più agevole dunque l’applicazione dei nuovi precetti. La seconda direttrice è di rivisitazione delle sanzioni, con la scelta di punire con maggiore severità gli inadempimenti commessi in realtà lavorative connotate da un pericolo di maggiore immanenza per coloro che ne entrano a far parte. Un terzo filone d’intervento che traspare infine è quello della valorizzazione degli organismi paritetici (enti bilaterali) a favore di un modello sindacale collaborativo sul tema così importante della sicurezza del lavoro. Il nuovo provvedimento ha in comune con l’azione riformatrice del passato Governo non soltanto la finalità (più tutela ai lavoratori), ma pure il campo di azione: la possibilità di correggere il Tu, infatti, è prevista dalla stessa legge (la n. 123/2007) e le modifiche non possono eccedere i principi e le direttive fissate dalla medesima normativa (sempre la legge n. 123/2007).

Il giudizio delle Parti sociali non si è fatto attendere a lungo. Una posizione di condivisione sembra quella di Cisl e Uil. Quest’ultima ha commentato che «nonostante quanto paventato, i pilastri della legge sulla sicurezza sul lavoro non sono stati compromessi dal decreto legislativo correttivo» e che «ci sono aspetti che vanno discussi e approfonditi ma l’apertura del Governo al dialogo va colta sino in fondo». Il commento della Cisl, che più di tutto condivide il rafforzamento della bilateralità, è indirizzato a un maggiore coinvolgimento delle Parti sociali: «si deve avviare al più presto la fase di concertazione per trovare il massimo di condivisione possibile». Assolutamente negativo, invece, il giudizio della Cgil: il Governo «tenta di svuotare il Testo Unico sulla salute e sicurezza»; «si riducono drasticamente le responsabilità del datore di lavoro e dei dirigenti, fino ad addossarle al lavoratore»; «si interviene su ben due articoli dello Statuto dei Lavoratori….»; infine «si riducono le tutele per i lavoratori – dipendenti e autonomi – ….. Si riducono fino a dimezzare le sanzioni, che però vengono aumentate a carico dei lavoratori».

La dice lunga quest’ultima affermazione: «Si riducono le tutele per i lavoratori… fino a dimezzare le sanzioni». Lascia intendere una diretta correlazione tra «tutele» ai lavoratori e «sanzioni» a carico delle imprese (datori di lavoro). Esiste veramente simile dipendenza? Ovviamente no. L’equazione: “più sanzioni e vincoli uguale lavoratori più tutelati”, fortemente inseguita dalla legge n. 123/2007, non ha mai portato granché di risultati in termini di maggiore efficienza ai sistemi socio-economici.

Se c’è un problema “sicurezza lavoro” oggi in Italia è quello della corretta applicazione delle norme specialmente nei settori più a rischio e soprattutto nell’economia sommersa. Norme che esistevano già precedentemente al Tu e alla legge n. 123/2007: la famosa 626 già era allineata agli standard di sicurezza dell’Unione europea considerati efficaci pure a livello mondiale. Ciò che manca è una “cultura” della sicurezza. Ridurre la burocrazia – meno formalismi, più attenzione alla sostanza – e abbassare il regime sanzionatorio è una soluzione che aspira certamente a creare un clima molto più collaborativo tra tutte le parti che interagiscono nel mondo del lavoro. La «responsabilità» – e nello specifico della sicurezza sul lavoro è meglio parlare di «corresponsabilità» perché tutti (lavoratori, imprese, sindacati, stato) devono sentirsi coinvolti e interessati al problema – non è mai stata frutto della paura di una punizione. L’inasprimento delle sanzioni – ancora invocato a voce grossa dalla Cgil – è un espediente che non aiuta alla crescita etica di una società nel rispetto dei ruoli: imprese, lavoratori e stato. Anzi, ne mina l’evoluzione spronando, inspiegabilmente, all’irrigidimento delle e sulle proprie rispettive posizioni.

Il provvedimento correttivo del Governo, diversamente da quanto sostiene la Cgil, ha la qualità di puntare a smussare gli angoli di un sistema della sicurezza aziendale basato su tanta burocrazia e troppa diffidenza tra lavoratori e imprese. Lavoratori e imprese che, in una visione d’insieme, sono  fondamentalmente “collaboratori” della stessa impresa, e non “dipendenti e datori di lavoro” in una viziosa ottica personalistica e antagonista.