Ecco perché, sul piano della politica estera, il bilancio dell'”operazione Romano” è fallimentare
13 Maggio 2020
di Mimmo Srour
Si è concluso in questi giorni, in modo lieto ma alquanto preoccupante, il caso della cooperante italiana Silvia Romano rapita in Kenya. Considerati i suoi protagonisti, la vicenda merita alcune importanti riflessioni.
Al centro del poco edificante caso Romano c’è naturalmente Silvia, una ragazza occidentale che si era messa in testa l’obiettivo di salvare l’umanità probabilmente senza averne gli strumenti né le capacità; altri attori fondamentali sono il Governo italiano, con la sua disperata ricerca di un successo da sbandierare in “politica estera”; i jihadisti islamisti di Al Shabaab, componente del network terroristico di matrice islamista che opera nel Corno d’Africa e prevalentemente in Somalia; infine il nuovo sultano ottomano Erdogan, con la sua politica di leader mondiale dell’islam politico e le sue manie di rifondare il califfato islamico in salsa ottomana.
La riflessione non può prescindere da un bilancio sicuramente fallimentare dell’intera vicenda per il nostro Paese.
Innanzitutto va chiarito che Silvia Romano è stata soltanto uno strumento inconsapevole per il raggiungimento da parte della rete jihadista e dei suoi sodali dei loro infami obiettivi: finanziare con denaro fresco le azioni terroristiche e le campagne contro i loro principali nemici, l’Occidente e il Cristianesimo, e compiere un’azione propagandistica che nobilitasse la loro immagine verso l’esterno. Rivelatrici in questo senso appaiono le parole pronunciate dalla ragazza al suo arrivo in Italia.
Queste quindi le reali motivazioni per cui i jihadisti hanno acquistato la ragazza rapita da una banda criminale in Kenya.
Per parte sua Erdogan, nel perseguire il suo progetto di reinstaurare il califfato, ha più o meno direttamente assunto negli ultimi anni il ruolo di burattinaio di un’infinità di gruppi e gruppetti terroristici sparsi in tutto il Medio Oriente, Siria, Libia, Somalia, Iraq e Afghanistan, sfruttando la propria forza militare e le risorse economiche di alcuni Paesi del Golfo, in particolare del Qatar.
A questo proposito basti pensare alle sue ultime operazioni in Libia e alle conseguenze nefaste che queste hanno sortito in Italia e in Europa, quali lo spostamento in Libia di jihadisti che combattevano in Siria, dietro la promessa di non ostacolare, se non perfino di favorire, al termine della guerra, la loro immigrazione clandestina in Italia. Alla luce di ciò non stupirebbe scoprire che tra gli immigrati che sbarcano a Lampedusa fossero presenti jihadisti col pallino di voler convertire l’intero Occidente.
Nella vicenda di Silvia Romano la Turchia ha giocato un ruolo fondamentale, favorendo il finanziamento del gruppo di Al Shabaab con i soldi del riscatto, col risultato di affermare con questa operazione la propria egemonia nel Mediterraneo. Pertanto non ci sarebbe da meravigliarsi se l’Italia avesse già pagato o pagherà un debito politico alla Turchia, agevolando il suo potere sulla Libia.
Per concludere, resta il rammarico di aver dovuto assistere in televisione alla scena, francamente sconfortante, in cui la ragazza, atterrata a Ciampino, è stata accolta dal nostro Primo Ministro e da un Ministro degli Esteri costretto a un ruolo che finisce inevitabilmente per screditare, purtroppo, la sua stessa autorità. Inutile e disperato il tentativo di veicolare l’intera operazione come un successo dell’Italia: infatti ad una lettura meno superficiale appare chiaro che la vera vincitrice è la Turchia con i suoi burattini mentre lo sconfitto è il Governo italiano e, con esso, l’intera politica occidentale nel Mediterraneo.