Silvio sulle tasse è “evasivo” (dal WSJ)

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Silvio sulle tasse è “evasivo” (dal WSJ)

19 Gennaio 2010

Nella sua prima conferenza stampa, dopo aver lasciato l’ospedale la settimana scorsa a seguito di un’aggressione da parte di un uomo affetto da problemi psichici, Silvio Berlusconi fa marcia indietro sulla promessa di un taglio delle tasse dichiarata soltanto tre giorni prima. “L’attuale crisi non ce lo permette”, ha detto alla stampa. Con tutto il dovuto rispetto, il premier italiano dovrebbe riconsiderare le sue posizioni. La sola cosa che il suo paese non può permettersi è tassare l’economia facendola finire in stagnazione.

Berlusconi fa bene a preoccuparsi del calo, nello scorso anno, del 5% del prodotto interno lordo, risultato del tumulto finanziario internazionale. Oltretutto il debito pubblico è ora al 115% e continua a salire. Ma l’economia italiana era già debole e le finanze pubbliche stavano già perdendo il controllo ben prima che il caso dei mutui subprime diventasse l’argomento principale dei notiziari. Ecco perché rievocare la campagna del 1994, attraverso la quale si prometteva l’abbassamento delle tasse, era una così brillante idea. In un’intervista rilasciata a La Repubblica ha espresso la volontà di rimpiazzare le correnti cinque fasce di tassazione comprese tra il 23% ed il 43%, con due soltanto, una dl 23% l’altra del 33%. E’ questo tipo di semplificazione, concepita attraverso tagli marginali, che promuoverebbe la ripresa economica e maggiori entrate all’erario.

Ora Berlusconi sostiene che i giornali citano affermazioni che lui non ha fatto. Ma è stato probabilmente il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti a convincere il suo capo a rompere ancora una volta la promessa di una riforma fiscale. Non più tardi dello scorso Ottobre, Tremonti ha minacciato di dimettersi se Berlusconi non avesse rinunciato a alla promessa dell’abolizione della particolarmente dolorosa tassa regionale dell’ Irap. Il primo ministro è crollato.

Aldilà di un incoraggiamento per il lavoro e l’investimento, i tagli alle tasse sarebbero particolarmente benefici in Italia, dove l’evasione è sport nazionale. E il governo Berlusconi sembra comprendere bene il principio secondo il quale è meglio tassare un po’ tutto, che tassare al 100% nulla.

Una recente amnistia finanziaria (“Scudo fiscale” ndt) ha incoraggiato gli italiani a dichiarare 95 miliardi di euro in risorse non soggette a tassazione. Gli evasori hanno dovuto pagare soltanto un’ammenda del 5% senza rischiare alcuna persecuzione legale o dover dichiarare come hanno guadagnato i loro soldi. L’amnistia, la terza in otto anni, ha avuto un tale successo che il governo ha deciso di estendere il termine per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi dal 15 dicembre al 30 aprile. La banca centrale italiana ha stimato che gli italiani hanno nascosto all’estero qualcosa come 500 miliardi di euro di fondi non dichiarati.

Un così serio bottino, naturalmente, esorta ad una caccia altrettanto seria. Oltre a concedere amnistie ad ogni nuovo anno, le autorità italiane sono ricorse anche a drastiche misure, come fotografare le targhe delle auto italiane che attraversano il confine svizzero e controllare i conducenti al rientro. Invece di collezionare piccole multe sui capitali rimpatriati o curiosare sulle abitudini degli italiani i vacanza, perché prima di tutto non si riducono semplicemente le tasse e così anche gli incentivi per gli italiani ad imbrogliare? Il paese si troverebbe in una situazione migliore oggi se imposizioni fiscali meno pressanti avessero spinto gli italiani a lasciare a casa propria la maggior parte dei 500 miliardi ora accumulati all’estero.

“Rivoglio i miei soldi indietro”, ha detto Tremonti il mese scorso parlando dello Scudo fiscale. L’atteggiamento tenuto nei confronti dei lavoratori che pagano le tasse ha contribuito a far crescere il debito pubblico italiano, che ogni anno fagocita circa il 5% del PIL solo a causa dei tassi d’interesse.

Tremonti è senza dubbio sincero nel suo desiderio di mettere a posto il disordine fiscale. Tuttavia, lui ed il suo primo ministro falliranno se prima non faciliteranno le condizioni per la ripresa economica. Ciò richiederà una manovra che Berlusconi – ora a Palazzo Chigi per il terzo mandato – ha promesso dai primi anni ’90 ma non ha mai rispettato: un significativo abbassamento delle tasse.

Dal Wall Street Journal (traduzione di Filippo Benedetti Valentini)