Sinceramente Cossiga ci piaceva di più con la K
09 Dicembre 2008
di redazione
A parte il fatto che in Italia doveva passarci la Rice – che ha saltato Roma per volare a Delhi, una tappa più urgente, sembra – le parole di Cossiga hanno un sapore vagamente orientalista. L’immagine dei guerriglieri afghani capaci di sconfiggere inglesi, sovietici e americani, appartiene alla mitologia dell’Islam immutabile e irriducibile. E sinceramente pensavamo che Cossiga avesse letto con più attenzione le pagine del professor Said.
In realtà gli Usa hanno rovesciato da soli l’odioso regime dei Talebani e ricostruito lo scheletro di uno stato democratico. Gli Alleati invece hanno imposto cento limitazioni all’impiego delle loro truppe e le cose non cambieranno. Il Pentagono manderà in Afghanistan altri 20.000 uomini. Il contributo aggiuntivo richiesto alla Nato, un’alleanza di 26 Paesi, è di 10.000 uomini. La metà.
In Italia i caveat alla missione afghana li ha messi Prodi e Berlusconi li ha soltanto “limati” per eliminare qualche freno troppo evidente. Il ministro Frattini ha ricordato che l’Italia, insieme a Gran Bretagna e Germania, ha fatto molto sul fronte afgano: “Non credo che la visita di Petraeus sia l’occasione per chiedere un maggior impegno italiano,” ha spiegato il ministro, aggiungendo che se fosse così “dovremmo rispondere con chiarezza che è il turno dell’Europa di essere attore responsabile, non più quello degli Stati nazionali”.
L’Italia non invierà altre truppe ma garantiremo al comando dell’Alleanza maggiore mobilità e tempi di reazione più svelti. Petraeus invece vorrebbe più forze speciali ed elicotteri Mangusta che siano in grado di sostenere lo sforzo bellico americano. Qualcosa riuscirà a strapparla anche se non è vero che Berlusconi gli ha steso davanti un tappeto rosso.
Insomma Cossiga può tranquillizzarsi. Non siamo una democrazia sotto tutela, anzi. L’agenda Italia desta qualche preoccupazione nel segretario di stato Clinton. Berlusconi è stato un alleato fedele di Bush ma le ultime esternazioni del premier sulle “provocazioni” inflitte dagli Usa a Mosca (dal Kosovo allo Scudo spaziale) fanno a pugni con il ritorno all’universalismo democratico di Obama.
E poi ci sono la politica energetica e l’ambiente. Obama spingerà gli alleati europei a sposare la sua rivoluzione verde per emancipare l’Occidente dal gas russo e dal petrolio arabo. Praticamente il contrario di quello che sta facendo l’Eni con Gazprom e la Libia. Infine la questione del “Comando Africa”. Se il presidente americano vuole fermare le violenze nel Continente Nero ha bisogno di basi nel Mediterraneo per spingersi a sud del Sahara. Le nostre basi. Quelle che una volta Kossiga difendeva a spada tratta. Silendo libertatem servo.