Sinodo dei vescovi, pronto messaggio:dialogo con laici e religioni
25 Ottobre 2008
di redazione
Il cardinal Marc Ouellet, relatore sinodale, aveva puntato il dito contro un "clima di tensione, spesso malsano" tra teologi cattolici e magistero ecclesiastico, sottolineando, inoltre, la necessità di fare chiarezza dopo il successo di fenomeni editoriali come il ‘Codice Da Vinci’. Allarmi e preoccupazioni diffuse in Vaticano e nella Chiesa cattolica. Ma a poche ore dalla conclusione, domenica, della dodicesima assemblea del Sinodo che ha visto oltre 250 vescovi di tutto il mondo riuniti per tre settimane a discutere della Parola di Dio, è il momento delle aperture e del dialogo, del confronto, dal sapore conciliare, con il mondo, con i non credenti e con i fedeli delle altre religioni.
La penna di monsignor Gianfranco Ravasi, biblista, intellettuale, presidente del Pontificio consiglio per la Cultura, ha dato voce a queste istanze con un messaggio – una sorta di ‘lascito’ dei padri sinodali a fedeli, sacerdoti, catechisti – approvato per acclamazione dai partecipanti all’assemblea e accolto con un lungo applauso. "E’ un testo di respiro ampio con un certo pathos – ha ammesso lo stesso Ravasi – per far sì che non sia solo un documento teologico". Un testo di undici cartelle, che non riassume i lavori del Sinodo (al Papa verrano consegnate delle ‘propositiones’ sui lavori che egli elaborerà per poi trarne la ‘esortazione post-sinodale’ rivolta a tutta la Chiesa) ma che ne coglie e rilancia alcuni punti fondamentali.
Ravasi riesce, così, a comporre due linee emerse in modo a tratti divergente nel corso delle discussioni. Se alcuni vescovi hanno tratto punto dalle Sacre scritture per sottolineare l’importanza di non discostarsi dall’insegnamento del Papa in materia teologica, ecclesiologica e morale, infatti, altri hanno posto l’accento sulla necessità di trarre ispirazione dalla Bibbia per impegnarsi a favore dei poveri, degli emarginati, dell’impegno sociale della Chiesa. Ravasi ricorda, nel suo messaggio, che il cristianesimo "non ha al suo centro un libro, ma una storia di salvezza e una persona", Gesù Cristo. "Proprio perché l’orizzonte della parola divina abbraccia e si estende oltre la Scrittura, è necessaria la costante presenza dello Spirito Santo che ‘guida a tutta la verità’ chi legge la Bibbia", ossia la tradizione e il magistero ecclesiastico. AL contempo, il ‘ministro’ di Ratzinger per la cultura ha ricordato che nella Bibbia e nella figura di Gesù – che determina "la vittoria del bene sul male" – si possono rintracciare manifestazioni di infelicità umana sempre attuali: "Chi si inoltra per le strade del mondo scopre anche i bassifondi ove si annidano sofferenze e povertà, umiliazioni e oppressioni, emarginazioni e miserie, malattie fisiche e psichiche e solitudini. Spesso le pietre delle strade sono insanguinate dalle guerre e dalle violenze, nei palazzi del potere la corruzione s’incrocia con l’ingiustizia. Si leva il grido dei perseguitati per la fedeltà alla loro coscienza e alla loro fede. C’è chi è travolto dalla crisi esistenziale o ha l’anima priva di un significato che dia senso e valore allo stesso vivere. Simili a ‘ombre che passano, a un soffio che s’affanna’, molti sentono incombere su di sé anche il silenzio di Dio, la sua apparente assenza e indifferenza". Tutte prove che spingono la Chiesa alla fraternità e alla solidarietà.
Ravasi ha poi affrontato il tema dell’interpretazione della Bibbia mettendo soprattutto in guardia dal rischio del fondamentalismo. "La Bibbia è, infatti, anch’essa ‘carne’, ‘lettera’, si esprime in lingue particolari, in forme letterarie e storiche, in concezioni legate a una cultura antica, conserva memorie di eventi spesso tragici, le sue pagine sono non di rado striate di sangue e violenza, al suo interno risuona il riso dell’umanità e scorrono le lacrime, così come si leva la preghiera degli infelici e la gioia degli innamorati. Per questa – ha ammonito – sua dimensione ‘carnale’ essa esige un’analisi storica e letteraria, che si attua attraverso i vari metodi e approcci offerti dall’esegesi biblica".
E’ sulla missione della Chiesa, poi, che si conclude il messaggio. "La voce della parola divina deve risuonare anche attraverso la radio, le arterie informatiche di Internet, i canali della diffusione virtuale on line, i Cd, i Dvd, gli podcast e così via; deve apparire sugli schermi televisivi e cinematografici, nella stampa, negli eventi culturali e sociali", scrive Ravasi sgombrando il campo da ogni diffidenza verso la modernità. Stessa apertura nei confronti della cultura laica. "Perché i nostri ragazzi devono sapere tutto di Omero e niente di Mosè?", si è domandato Ravasi, rilanciando l’idea di introdurre l’insegnamento della Bibbia a scuola. "Se non conosco la Bibbia, non capisco nulla di Dante, Goethe, Racine, Corneille, Pascal". Dialogo e confronto, ancora, con le altre religioni: l’ebraismo, innanzitutto, poi l’islam, le religioni orientali. Il messaggio non affronta, invece, il nodo ecumenico del rapporto con i protestanti, che pure, con Lutero, furono i primi divulgatori della Bibbia. Sempre sul piano ecumenico, è piuttosto sul versante dei rapporti con gli ortodossi che ha voluto insistere Benedetto XVI, che, con una celebrazione dei vespri nella cappella Sistina, ha dato modo al patriarca ecumenico Bartolomeo I di rivolgersi, per la prima volta, a dei padri sinodali.
fonte: APCOM