Siria, anche Putin vuole l’attacco Usa

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Siria, anche Putin vuole l’attacco Usa

07 Settembre 2013

E’ opinione largamente diffusa che il presidente americano, Barack Obama, stia disperatamente cercando di trovare il consenso necessario per un attacco al regime siriano di Assad e che Putin sia in prima fila, insieme all’Iran, nel contrastare questa mossa. Ma le cose sono davvero così semplici?
In realtà la Russia ha bisogno di questo attacco probabilmente più di quanto ne abbiano necessità gli Usa. Perché mandare uno schieramento di navi di fronte alle coste siriane per “scoraggiare” Obama allora? Da decenni non si vedeva un simile confronto tra le marine dei due stati.

Nella visione russa un governante serio, nel momento in cui un altro lo minaccia di non agire, deve agire per forza, salvo passare per un codardo che si è fatto spaventare dalle minacce altrui. Questa è una specie di riproposizione della crisi di Cuba del 1962, in cui furono i sovietici a dover fare una vergognosa marcia indietro,evitando la terza guerra mondiale. Chi conosce la mentalità di Putin sa che il suo piano è proprio questo, costringere Obama ad agire per non fare una figuraccia mondiale. Che poi il premio nobel per la pace sia in grado di comprenderlo è un altro discorso, e personalmente ne dubito.

Insomma il Cremlino vuole creare una cosiddetta “win win situation” in cui, se l’attacco ci sarà, ne avrà un grande beneficio, e se non ci sarà potrà vantare, soprattutto all’interno del suo paese, di avere fermato con la sua determinazione e la potenza militare russa il coniglio Obama.Giustamente molti si chiederanno dove sta il guadagno nel vedere un regime amico attaccato e indebolito dai missili americani. Bisogna quindi ricordare i due concomitanti motivi che rendono particolarmente positivo un intervento militare in Siria.

La Russia è entrata in una fase recessiva fin da ottobre 2012 e non è più riuscita ad uscirne. I dati ufficiali, opportunamente edulcorati, parlano di crescita economica più bassa degli ultimi anni, per nascondere la realtà di una recessione con i prezzi del petrolio alle stelle. Il paese è economicamente esausto e solo la spesa pubblica, con un’incessante e stratosferica crescita ha stimolato artificialmente un paese moribondo. Pochi anni fa bastava che il petrolio fosse a 69 dollari al barile per avere i conti dello stato in equilibrio,ora deve essere a 117 dollari circa…

A questo siamo arrivati per tenere in vita , con la bombola ad ossigeno, una situazione insostenibile.
Per la prima volta si parla di tagli a determinate spese, di aumento delle tasse, di innalzamento dell’età pensionabile. Lo stato non ce la fa più a tenere in piedi tutto il resto, anche con prezzi petroliferi già così elevati. E’ stato varato un grande piano di opere pubbliche attingendo ai fondi di riserva, quelli che non avrebbero mai dovuto essere toccati, essendo il “cuscinetto” che protegge il paese in caso di ribasso del prezzo del greggio. Le emissioni di titoli di stato, con interessi nettamente superiori a quelli pagati dal nostro paese,così indebitato e così in crisi, sono andate deserte e annullate.

Chi può avere fiducia in un paese che si regge sulle esportazioni di petrolio e gas ed è in crisi con i prezzi alle stelle? Non i ricchi russi, che stanno portando i capitali all’estero a ritmo impressionante, e che vendono la propria dacia fuori Mosca o il lussuoso appartamento in centro città e ne comprano uno a Londra. Non bastando questo rischia di verificarsi, proprio di questi tempi, un fatto nuovo,ossia il progressivo ritiro, da parte della Federal Reserve americana, dello stimolo monetario durato anni e che ha riempito di liquidità a buon mercato il settore finanziario.

Questa liquidità abbondante ha contribuito a gonfiare i prezzi di qualsiasi cosa,compreso il petrolio. La sua fine rischia seriamente di provocare un netto calo, che per Mosca sarebbe, in questo momento già difficile, quasi letale. Un attacco alla Siria farebbe invece volare il prezzo del greggio al record storico dando un aiuto insperato. Difficilmente potrà da solo fare cadere Assad,e per questo non è così preoccupante. In compenso potrebbe indebolirlo abbastanza da convincere il regime siriano a un accordo verso un governo di unità nazionale, con gli interessi russi ancora ben rappresentati. Un epilogo che non dispiacerebbe a Putin, possibilmente non subito, con il petrolio a 150 dollari al barile meglio prima riempire le casse dello stato per bene e sopravvivere ancora qualche anno.
Come andranno poi le cose lo vedremo in poco tempo…