Siria, di “neocon” negli Usa è rimasta solo la retorica
03 Settembre 2013
Il Presidente Obama accelera sull’attacco alla Siria chiedendo al Congresso di decidere in fretta. Ban Ki-Moon e gli onusiani fanno sapere che però le prove dell’attacco chimico mancano ancora, anche se un medico siriano è fuggito in Turchia e dice di averne di nuove, legate ad attacchi precedenti. Nel frattempo Usa e Israele mostrano i muscoli lanciando qualche missile nel Mediterraneo, ma al prossimo G20 Obama rischia l’isolamento, al massimo il sostegno del francese Hollande.
In realtà negli Usa c’è un gap tra la retoria usata dal segretario di stato Kerry, che ha paragonato Assad a Saddam, rievocando la retorica dei neoconservatori sulle "guerre di liberazione", e l’intervento "misurato" di Obama, quell’approccio minimalista che non avrebbe certo come conseguenza il cambio di regime. Il che getta anche un’ombra sul tanto decantato, sempre da Kerry, rilancio del processo di pace israelo-palestinese, che infatti è sparito dalle cronache.
Kerry a parole sembra un novello Rumsfeld pronto all’azione, ha detto che "Assad deve andarsene", ma non si capisce come se il blitz Usa sarà un semplice atto simbolico contro il regime in Siria, capace di garantire solo l’impunità all’inquilino di Damasco. Che infatti continua a sfottere, protetto da Russia e Iran. Dopo essersi goduto la rottura dell’asse transatlantico, Bashar potrebbe brindare con gli isolazionisti del Congresso americano. Le minacce di Kerry saranno solo parole al vento?. Il passato ritorna ma come diceva il barbuto di Treviri a volte ha sembianze di farsa.