Situazione internazionale allo sfascio, quali vie di fuga per l’Italia

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Situazione internazionale allo sfascio, quali vie di fuga per l’Italia

19 Giugno 2014

Ieri si è riunito il Consiglio supremo della Difesa e dalla nota diffusa dopo il vertice si evince una forte preoccupazione per il peggioramento in termini di sicurezza a livello internazionale. Ci sono la crisi in Ucraina e quella in Libia, la risorgenza dell’islamismo jihadista sunnita in Iraq, l’allarme lanciato dal ministro degli interni, Alfano, sulla "colonna italiana" dei musulmani residenti nel nostro Paese, una trentina in tutto, che sarebbero andati a combattere in Siria.

Il Consiglio ha messo in guardia dalle conseguenze che hanno gli "Stati falliti" sulla sicurezza globale, giudicando "fondamentale" il sostegno da dare, "preventivamente o in fase ricostruttiva" e quindi in termini di nation e state building, ai Paesi a rischio. Si pensi alla Libia. Nessun Paese occidentale di quelli che promossero il regime change di Gheddafi sembra disposto a intervenire nella polveriera fra Tripoli e Bengasi. Auspicare, come ha fatto ieri il presidente della Camera Boldrini, e altri prima di lei, che siano gli onusiani a riportare l’ordine appare una speranza piuttosto remota.

E’ possibile immaginare forme alternative di intervento congiunto a livello europeo, se necessario alternative al tradizionale cappello atlantico? La nota diffusa dal Consiglio Supremo sembra andare in tale direzione: "l’Italia si farà promotrice di nuove forme di integrazione militare nell’ambito della Common Security and Defence Policy dell’Unione Europea, attraverso concrete iniziative operative capaci di aggregare gruppi di Stati membri che condividono obiettivi nazionali qualificanti in materia di sicurezza e difesa, secondo le modalità di cooperazione strutturata a composizione variabile previste dai Trattati, e di generare progressivamente tra di essi un crescente grado di interdipendenza".

E’ un passaggio rilevante, anche perché non sarebbe la prima volta che accade in Europa. Un esempio è il V4, il Gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia) sorto negli anni novanta e che nel 2011 si è dotato di un "battle group" congiunto con unità di fanteria e carri armati, training e scambio di informazioni e tecnologie. Perno del V4 è o almeno dovrebbe la Polonia. L’Italia è in grado di promuovere simili strategie simili nel Mediterraneo? La "finis europae", l’Europa del Sud, può muoversi in questa direzione per fare scudo ai confini meridionali di Bruxelles e darsi una proiezione esterna, per esempio in Libia, tra sicurezza, protezione e assistenza umanitaria?