Sme, chi chiederà scusa a Berlusconi dopo l’assoluzione?

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Sme, chi chiederà scusa a Berlusconi dopo l’assoluzione?

Sì è vero la legge è uguale per tutti ma per me è più uguale che per gli altri perché mi ha votato la maggioranza degli italiani”.

Era il giugno del 2003 e l’allora Capo del Governo Silvio Berlusconi si rivolgeva con queste parole al magistrato milanese Luisa Ponti, nel corso di una delle udienze più infuocate del processo SME.

In quei giorni la vicenda occupava le prime pagine di tutti i giornali perché il Presidente del Consiglio chiedeva di coordinare i tempi del processo con i suoi compiti istituzionali.

“Un Tribunale non può sindacare sugli impegni del Capo del Governo. Questo è inaccettabile”, affermava il leader  di Forza Italia in aula e, da sinistra, i vari Violante, D’Alema e l’immancabile Di Pietro lo accusavano a gran voce di volersi difendere dal processo anziché nel processo.

La vicenda SME, insieme ai casi collegati “lodo Mondadori” ed IMI-SIR, ha vissuto tuttavia tante altre giornate di enorme popolarità%2C nel corso delle quali l’intero scenario politico italiano appariva interamente focalizzato sulle presunte difficoltà giudiziarie del Cavaliere.

In principio furono le ingegnose ricostruzioni del fantomatico teste Omega, alias Stefania Ariosto, a destare l’interesse prima dei Pubblici Ministeri milanesi e poi della stampa e della televisione. Seguirono gli arresti del giudice Squillante, il famoso avviso di garanzia consegnato a mezzo stampa a Berlusconi, quando era alla guida del suo primo Governo, la condanna di Cesare Previti.

Soprattutto ci fu una sentenza che, accanto all’assoluzione relativa ad alcuni capi d’accusa, pronunciò la colpevolezza di Berlusconi per il reato di corruzione, che tuttavia era ormai prescritto.

Oggi sappiamo che il Capo dell’opposizione non commise nemmeno quel reato, perché, dopo la Corte d’Appello di Milano anche la Cassazione ha confermato la sua assoluta innocenza.

In attesa delle motivazioni è già di per se estremamente significativo che lo stesso Procuratore Generale della Corte Suprema abbia anticipato la decisione finale, chiedendo nella sua requisitoria l’assoluzione del Cavaliere.

Da questa circostanza, prima ancora che dalla sentenza, viene fuori in tutta la sua evidenza quello che la difesa di Berlusconi ha vanamente ripetuto per i dodici anni del Processo: lontano dall’ambiente politicizzato della Procura di Milano non sarebbe mai stato possibile trovare un solo Pubblico Ministero disposto a portare in giudizio le fantasiose accuse rivolte al Cavaliere.

Eppure, all’indomani dell’assoluzione, più che alla giustizia finalmente conseguita, la mente di Berlusconi e dei suoi difensori sarà certamente tornata sui torti che si sono susseguiti ai loro danni in questi dodici anni.

Quanto è realmente costato al leader di Forza Italia il processo SME?

Non bisogna dimenticare che da questa vicenda sono venute fuori decine di altre accuse per Berlusconi, con nuovi processi e con capi di imputazione a volte assurdi più che fantasiosi, che hanno trovato il loro vertice assoluto nel concorso in strage del 1998.

L’immagine del Cavaliere, per tutto questo tempo è stata offuscata a livello sia nazionale che internazionale.   

Nemmeno la sentenza della Cassazione può mettere riparo ad anni di ingiustizia e, allo stesso modo, sarebbe del tutto vano attendere delle scuse da parte dei vari Violante, D’Alema o Di Pietro, che negli anni hanno continuamente strumentalizzato le sue vicende giudiziarie.

Per non parlare dei Pubblici Ministeri che gli hanno contestato dei reati mai commessi.

Il modo per porre veramente rimedio ai torti subiti sarebbe quello di trarre dall’assoluzione definitiva nuovo spunto per impegnarsi nel progetto di offrire agli italiani quella Giustizia serena ed equilibrata che Berlusconi ha sempre posto al centro del proprio impegno politico, senza però mai riuscire ad andare fino in fondo.

Il Capo dell’opposizione, tornando al Governo, dovrebbe cercare in sostanza di garantire agli italiani i diritti che a lui sono stati negati, in modo che la giustizia non possa più essere utilizzata come strumento persecutorio.