Smettiamola di farci dare lezioni da quei bacchettoni degli inglesi
27 Luglio 2011
Zitti tutti, parlano gli inglesi. Ora per Berlusconi e il suo bunga bunga, ora per i numeri del debito pubblico che schiacciano la nostra economia, ora per le cattive abitudini alla guida o perché “Se una cosa è divertente, l’Italia ha una legge che lo vieta” (questa la critica che l’Independent muoveva nell’agosto del 2008 al nostro Paese, reo di dare ai sindaci carta bianca per decidere le misure di sicurezza nella propria città), i cari maestrini della carta stampata d’Oltremanica non perdono occasione per metterci in ginocchio sui ceci e con le orecchie d’asino in testa.
Stavolta l’ennesimo quotidiano britannico, nello specifico quello diretto da Roger Alton, mette in allerta i suoi connazionali prendendosela con l’“ipocrita simpatia degli italiani”. Noi che facciamo? Ascoltiamo in silenzio e prontamente diamo spazio sui nostri giornali, quasi con spirito di riverenza, alla critica anglofona.
Nell’articolo “The truth about la dolce vita” l’Independent avverte che quella (la simpatia) che all’apparenza è una virtù e che sembra la caratteristica principale di chi ama la dolce vita, è invece una maschera ipocrita che permette “al privilegio e al patronato di governare incontrastati” e che quel sorriso rivolto da lontano dagli italiani verso lo straniero è spesso “il preludio a frodi da lupo”. E conclude con parole che picchiano come un martello: “La simpatia, seppur affascinante, è un principio disastroso su cui fondare una società, perché lungi dall’essere fonte della morale, è il trucco attraverso il quale la morale va in corto circuito”. Insomma, giù bacchettate ancora una volta. E noi? Come sempre pieghiamo le orecchie.
Atteggiamento, quello dei giornali italiani, che non trova nella maniera più assoluta una corrispondenza in quelli inglesi che, chiusi nella cortina di ferro del loro forte senso identitario e nazionale, fanno orecchie da mercante e ignorano i biasimi provenienti dall’estero. Basti pensare allo scandalo Murdoch che ha infiammato la stampa internazionale (la nostra in primis) e che ha portato molti quotidiani a puntare il dito contro Murdoch (vedi l’autorevolissimo Der Spiegel), lo sregolato sistema di intercettazioni vigente in Gran Bretagna e i rapporti di strana natura tra David Cameron e Andy Coulson, uomo di palazzo coinvolto nel phonehacking scandal. Gli inglesi sulle loro prime pagine non hanno di certo dato voce al dissenso straniero, né hanno fatto mea culpa.
Per noi, che probabilmente ancora crediamo ciecamente nel mito del giornalismo anglosassone, agguerrito ed indipendente, imperniato sulla regola aurea delle ‘notizie separate dai commenti’ e custode della verità suprema, non è così. Quindi ci lasciamo redarguire e facciamo risuonare i rimproveri d’Oltremanica come fossero regole del bon ton da cui non si può trasgredire. Forse dovremmo tirare su la testa ed evitare di farci dare troppe lezioncine da un Paese dove il giornalismo, quello vero, è morto da tempo e ha lasciato spazio alla calunnia e ai giochi di potere.