Solana difende Blair dagli attacchi di D’Alema

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Solana difende Blair dagli attacchi di D’Alema

11 Luglio 2007

Javier Solana, alto rappresentante di politica estera e di
difesa dell’Ue, ha preso ieri le distanze dalla lettera pubblicata il 9 luglio
su alcuni quotidiani europei  da dieci
ministri degli Esteri, tra cui Massimo D’Alema, per contrastare le politiche
del nuovo inviato del Quartetto, l’ex primo ministro inglese, Tony Blair.

Secondo Solana la lettera può essere paragonabile a quella
che nel 2003 scrissero otto paesi europei filo-atlantici, tra cui l’Italia, per
chiedere di sostenere l’intervento degli Stati Uniti in Iraq. Simile presa di
posizione evidenziò infatti ulteriormente le spaccature all’interno dell’Unione.
“Avrebbero dovuto imparare allora la lezione”, ha commentato Solana.

Intanto D’Alema, ministro degli Esteri, non desiste e  ribatte: “È una lettera che augura buon lavoro
a Blair, non una posizione dell’Unione Europea, non doveva essere concordata
con alcuno”. Anche Piero Fassino, segretario dei Ds, abbraccia i contenuti di
quella pubblicazione, schierandosi, dunque, a fianco del ministro degli Esteri
italiano. “Non bisogna escludere una trattativa con Hamas, anche senza la
pregiudiziale del riconoscimento con Israele”, commenta e così ricorda che questa
ipotesi è stata fatta con “una lettera ufficiale di 10 ministri degli Esteri”. “Il
problema bisogna almeno porselo”, conclude Fassino.

Ma più che un augurio di buon lavoro quanto pubblicato dai
10 ministri appare essere una forte presa di posizione e un rifiuto verso le
decisioni del Quartetto. Infatti nel testo, preso atto dell’attuale situazione
in Medio Oriente, i ministri si dichiarano autorizzati a definire “quattro obiettivi
– si precisa – alla nostra portata”.

In primo luogo è necessario offrire “una vera soluzione
politica ai popoli della regione mediorientale. Questo passa attraverso
negoziati, senza preliminari, sullo statuto finale, salvo che il percorso
avvenga per fasi successive. Comprendendo le questioni di Gerusalemme, i
rifugiati e le frontiere, questi negoziati permetteranno di fissare un obiettivo
condiviso e realistico”.

In secondo luogo si deve “prendere in considerazione il
bisogno di sicurezza di Israele. Vale la pena esaminare l’idea di una forza
internazionale robusta del tipo Nato o Onu capitolo VII”, che avrebbe “ogni
legittimità ad assicurare l’ordine nei territori e a imporre il rispetto di un
necessario cessate il fuoco”.

Il terzo obiettivo sarebbe poi quello di “ottenere da
Israele provvedimenti concreti e immediati a favore di Mahmoud Abbas, tra i
quali il trasferimento della totalità delle tasse dovute, la liberazione di
migliaia di prigionieri che non abbiano le mani macchiate di sangue, la
liberazione anche dei principali leader palestinesi per assicurare il ricambio
in seno a Fatah, il congelamento della colonizzazione e l’evacuazione degli
insediamenti selvaggi”.

Infine bisognerebbe evitare di “spingere Hamas a rilanciare.
Questo implica riaprire le frontiere tra Gaza e l’Egitto, facilitare il
passaggio tra Gaza e Israele, e incoraggiare l’Arabia Saudita e l’Egitto, come
il presidente Mubarak ha proposto, a ristabilire il dialogo tra Hamas e Fatah”.