Somalia, leader islamico: “Libereremo il Paese dagli etiopi”
22 Maggio 2008
di redazione
Il leader delle Corti islamiche somale, Hassan Dahir Aweys, respinge ogni negoziato con il governo di transizione di Mogadiscio, composto da "traditori", e promette di cacciare con la forza dal Paese le truppe etiopi, sostenute dagli Usa, per creare una Repubblica islamica. Ex leader del Consiglio supremo delle Corti islamiche, che ha governo la Somalia nella seconda metà del 2006, Awyes è accusato dall’amministrazione Usa di legami con il Qaida. "Libereremo la Somalia dall’Etiopia – dice Aweys in un’intervista rilasciata al Guardian da Asmara – quindi daremo vita a un governo di unità nazionale. Siamo tutti musulmani in Somalia. Non abbiamo idea di cosa sia la laicità. La gente riporrà la propria fiducia nella religione". Il leader islamico accusa quindi l’amministrazione Usa di interferire nelle vicende interne somale, garantendo sostegno alle truppe etiopi e complicando così la ricerca di una soluzione di pace: "Sostengono le truppe etiopi. Diversamente, l’Etiopia non sarebbe mai venuta in Somalia". Respinge poi le accuse di legami con al Qaida: "Bush definisce terrorista chiunque gli si opponga. E’ una parola senza senso. Le accuse su al Qaida sono false accuse. Bush pensa di governare il mondo. La sua politica verso la Somalia e gli altri Paesi islamici è ingiusta. Ma, storicamente, ogni grande potenza è destinare a tramontare e il potere di Bush finirà, un giorno". La scorsa settimana sono iniziati a Gibuti i negoziati di pace tra il governo di transizione somalo e l’opposizione in esilio ad Asmara, ‘L’Alleanza per la ri-liberazione della Somalia’, sotto l’egida dell’Onu, ma sono stati subito rinviati al prossimo 31 maggio per il rifiuto dell’opposizione di avviare un dialogo diretto con l’esecutivo prima del ritiro delle truppe etiopi. "Le Nazioni Unite non sono imparziali – dice Aweys – non vogliamo aderire a questo processo di pace. Intendiamo continuare a combattere fino alla morte. Non vogliamo uccidere tutti i soldati etiopi, nè salvarli, vogliamo che se ne vadano!". L’opposizione di Asmara è oggi guidata dal più moderato Sharif Ahmed, 44 anni, che nelle scorse settimane ha espresso apertura verso il piano di riconciliazione presentato dal premier somalo Nur Hassan Hussein. Ahmed viene però guardato con sospetto dai più intransigenti delle Corti islamiche e dai militanti più giovani, tanto da alimentare voci di una lotta di potere. Awyes, 66 anni, rimane la figura più influente e rispettata tra gli islamici, scrive oggi il Guardian. Lo stesso leader somalo non disdegna paragoni con il leader sudafricano Nelson Mandela e, ridendo, sostiene che un giorno potrebbe diventare il Thomas Jefferson della Somalia, "ma solo se vincerò". Riguardo ad Ahmded, Aweys ritiene che abbia sbagliato ad andare a Gibuti senza consultare lui e gli altri membri dell’alleanza: "Sono andati lì senza il nostro consenso. Se fosse una mediazione giusta ed equilibrata da parte della comunità internazionale, la accetteremmo. Ma le Nazioni Unite non sono così". Un diplomatico occidentale conferma al quotidiano britannico le tensioni all’interno del gruppo dell’opposizione somala, "ulteriormente complicate da tutta una serie di interessi, che vengono dai sotto clan fino ai leader regionali". Tuttavia, l’avvio del negoziato a Gibuti, dice il diplomatico, "è stato indubbiamento un importante passo avanti".
APCOM