Sono bastati quattro referendum a far tornare la democrazia

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Sono bastati quattro referendum a far tornare la democrazia

Sono bastati quattro referendum a far tornare la democrazia

15 Giugno 2011

di Ronin

Tempo fa dalle casematte della Sapienza s’invocava un colpo di mano repubblicano, appoggiato dai Paesi europei, per riportare la democrazia nel nostro Paese. Si descriveva un’Italia schiava del Cav., la dittatura del telecomando che presto sarebbe stata rovesciata dagli indignati di Facebook, chiamando a raccolta le strutture repressive dello Stato, carabinieri e polizia, per congelare le Camere e sospendere le immunità parlamentari. Un golpe degno del tenente Tejero. Solo così la sinistra avrebbe abbattuto la "lobby affaristico-delinquenziale" che si è impadronita del Paese.

Spaventata dalla possibilità che il popolo Viola e quelli del "NoBDay" abboccassero alla torva proposta del professor Asor Rosa, la cricca azionista e scalfariana aveva indotto il professore a fare autocritica su Repubblica, esercizio che conosciamo bene avendo studiato la storia del comunismo. L’accademico che stroncò Pasolini, infatti, non è un terrorista ma un nume tutelare del pantheon di sinistra. Un paleo-conservatore che esercita un fascino indiscreto sulle classi dirigenti del Pd e sulla sinistra vendoliana, icona dell’egemonia culturale che fu. Sembrava quindi che la sovversione fosse l’ultima estrema risorsa per la liberazione del Paese dalla feccia di regime.

Poi però sono arrivati i quattro dell’ave maria, cioè i referendum sull’acqua, contro il nucleare e sul legittimo impedimento. Ben 16 milioni di italiani sono tornati a votare, per la prima volta anche i nostri connazionali all’estero. Non succedeva da anni che una consultazione popolare passasse con quel quorum e Berlusconi, paradossalmente, verrà ricordato anche per questo, nonostante i referendum li abbia persi, tutti e quattro, e piuttosto malamente ("E’ stata la volontà degli elettori"). Subito è scoppiata una grande festa di popolo, nelle piazze e davanti ai teleschermi, per le strade e nei posti di lavoro, tutti a fischiare, battere le mani e sentirsi liberi, non si sa da cosa visto che non siamo né in Siria né in Russia, ma comunque liberi. Evviva dagli ambientalisti e da Pax Christi, dai piddini e i futuristi, dai vendoliani e i manettari, senza dimenticare l’insostituibile apporto di Slow Food.

"La tendenza alla partecipazione è stata un segno straordinario. Quello che si era già manifestato alle elezioni amministrative: c’è un senso di riscossa civica nel Paese, la volontà di partecipare, la voglia di contare da parte dei cittadini", il commento di Massimo D’Alema. "Il referendum è stato una grande prova di democrazia", secondo Pier Ferdinando Casini. Insomma, di colpo la dittatura era scomparsa, Carabinieri e Forze di Polizia rientravano mogi nelle caserme, e Tejero rinfoderava la sua celebre pistola nella fondina. Ma neanche il tempo di gustarsi la festa per la libertà ritrovata, neppure un attimo per scolarsi l’ultimo goccio di prosecco (dopo aver incorniciato sul comodino la copertina dell’Economist), che ecco scattare di nuovo la tentazione di farla finita subito: "Berlusconi liberi il campo e si vada a votare", assicura un Vendola sicurissimo di sé.

La sinistra dovrebbe far pace con se stessa. Prima volevano fare il "patto della crostata" e sono rimasti delusi dal fallimento della Bicamerale, convinti che si potesse cambiare la Costituzione insieme al Cav. e che "Mediaset è un patrimonio culturale del Paese". Poi hanno gridato all’inciucio, al mobbing contro Madame Verdurin, ed ecco i girotondi, il "Piano Spinelli" (Barbara), il moralismo alla vaccinara, la pietà di Nichi per il corpo delle donne, esclusa, naturalmente, Ruby Rubacuori. Prima volevano riforme comuni sulle missioni di pace all’estero, il federalismo fiscale, la sicurezza, poi quelle missioni sono diventate la guerra di Bush, il federalismo una forma di separatismo, la sicurezza sinonimo di razzismo. "Non possiamo più rimanere inerti di fronte alla spregiudicatezza di un uomo su cui gravano le pesanti ombre di un recente passato legato alla ferocia mafiosa", dal manifesto del NoBDay, neanche fosse la controfigura dello "scannacristiani" Giovannino Brusca.

Eravamo piombati in una dittatura ma quattro referendum messi in fila ci hanno salvato in zona Cesarini, in un rovesciamento tanto rapido di prospettive che, perfino agli occhi di non è mai stato un fervente berlusconiano, qualche dubbio dovrebbe sorgere o almeno l’impressione di trovarsi davanti a un miraggio. Ma i fatti di questi anni raccontano un’altra storia. In Italia c’è una guerra fra politica e giustiza, condotto da spezzoni della magistratura che soffrono di protagonismo politico e mediatico, e che hanno scelto il reato di satrapia per abbattere il tiranno. Peccato che le accuse di cui si favoleggia con orientalistico fulgore sulla "stampa estera" probabilmente si riveleranno una bolla di sapone, con grande scorno di magistrati e killer della stampa.

Ma se anche fossero vere condannare il Cav. non risolverebbe il problema delle tasse, la disoccupazione giovanile o la questione meridionale. Tutto è destinato a marcire in questo balletto durato più di una generazione. La sinistra dovrebbe mettersi l’anima in pace e scegliere che strada prendere: quella eversiva di Asor Rosa, denunciata dal direttore Sansonetti, o quella di un riformismo radicale, che fino adesso non si è capito bene verso dove voglia andare.