“Sono poche le possibilità di raggiungere il quorum”
10 Giugno 2011
Il 12 e il 13 giugno prossimi si voteranno i 4 referendum abrogativi al centro di accese discussioni nel paese: due sulla privatizzazione dei servizi idrici, uno sul nucleare e un altro sul legittimo impedimento. A poche ore dal voto ci si interroga sulla possibilità di raggiungere il quorum e sulle modalità di voto: ne abbiamo parlato con l’analista e sondaggista Luigi Crespi.
Crespi, il 12 e il 13 giugno si voteranno i 4 referendum abrogativi, quante possibilità ci sono che si raggiunga il quorum?
Credo ci sia un probabilità bassa, molto bassa, che si raggiunga il 50% + 1 dei votanti, la percentuale minima affinché si superi il quorum. Nei referendum si deve innestare un meccanismo di coinvolgimento che convinca l’elettore a votare. Fino alla scorsa settimana ero più fiducioso che ciò avvenisse, oggi lo credo meno. Ottimisticamente il dato dell’affluenza si assesterà intorno al 40-45%. Non credo si possa andare oltre. Conterà molto la prima proiezione.
Ovvero?
Sarà importante vedere cosa diranno le prime proiezioni di domenica alle 12, se quel dato convincerà la gente che il quorum è raggiungibile allora c’è una possibilità ma se il dato è molto basso i votanti saranno scoraggiati.
Sotto un profilo tecnico, come verranno conteggiate le schede?
Il quorum andrà raggiunto su ogni singolo quesito, non in maniera cumulativa aggregando le 4 percentuali. La scheda lasciata bianca dal votante verrà comunque compresa nel calcolo per il raggiungimento della soglia del 50% + 1 degli aventi diritto. Per fare un esempio, personalmente voterò solo il quesito sul nucleare perché me lo ha chiesto mia figlia, ma non gli altri tre.
In quest’ottica crede che conterà l’alto astensionismo registrato alle elezioni amministrative?
Si, c’è una relazione, un filo conduttore che unisce le due votazioni. Sicuramente i due appuntamenti sono legati. Inoltre bisogna ricordare che il 12 e 13 giugno sono date infelici, che scoraggiano i cittadini a recarsi al seggio.
Ci possono essere differenziazioni tra il Nord e il Sud d’Italia?
C’è una differenza netta tra le due realtà. Basti pensare al primo quesito referendario del 1946 in cui si sceglieva tra monarchia e repubblica: considerando solo i voti del sud saremmo uno stato monarchico. In termini numerici lo scarto può essere anche di 10 punti percentuali, si sono verificate occasioni in cui il quorum è stato raggiunto al nord ma non al sud.
Oltre alla componente geografica si devono considerare altri fattori?
Credo che l’età e il grado d’istruzione saranno marginali. Un ruolo importante lo giocheranno invece i centri di residenza.
C’è differenza tra città e città?
Non proprio. Si tratta più di diversità tra centri abitati piccoli e grandi. Nelle grandi città si crea più “efficacia mediatica” nel messaggio che i sostenitori del referendum lanciano, questo influirà positivamente sulla percentuale di votanti. Nei piccoli centri, al contrario, l’effetto si sente meno. Vedremo come andrà.