Spagna, le manovre politiche all’ombra della Fase 2
12 Maggio 2020
Gli spagnoli iniziano la fase due e cercano di capire dai decreti legge e dalle ordinanze locali quali delle libertà sospese e in che modo potranno recuperare nei prossimi giorni.
La classe politica è proiettata più avanti e guarda già con intensità al prossimo autunno. Il premier e il Parlamento sanno perfettamente che la gestione della progressiva normalizzazione potrebbe modificare gli schieramenti e gli equilibri di forza in campo.
Qualche giorno fa c’è stata la prima prova generale. Ciudadanos – partito dell’area liberal conservatrice – ha votato le misure proposte dal governo Sanchez per la fase due.
Questa prevede che la fine del lockdown sia scaglionata per regioni. Il nord del Paese è ripartito ieri, il sud subirà delle limitazioni maggiori – ma solo per le città che hanno registrato il numero più alto di contagi -, Madrid rimarrà chiusa.
Questa scelta di privilegiare il piano locale, come ha ben notato l’opinionista Eric Juliana, sta scatenando un federalismo selvaggio, e oltre a radicalizzare il già compromesso rapporto stato-regioni, sta allontanando le comunità autonome le une dalle altre.
Dopo l’estate ci sarà un impatto anche sulla politica nazionale. Ciudadanos era infatti uscito fortemente ridimensionato dalle ultime elezioni politiche ma con questa mossa a sorpresa si è smarcato dall’area di centro destra che occupava insieme al PP e Vox, indebolendola a livello parlamentare.
Offrirà una sponda al Psoe, per allontanarlo da Podemos quando il prossimo ottobre si voterà la legge di Bilancio? O appoggerà comunque un ipotetico governo di minoranza socialista anche con il PP? Intanto Pablo Iglesias di Podemos fa buon viso a cattivo gioco: finge di non paventare una messa all’angolo per il suo partito e ringrazia l’avversario.
Gli scenari sono aperti, è troppo presto per fare previsioni, ma da più parti emerge la richiesta di cooperazione, e la necessità sociale di non considerare salute pubblica e ripresa economica strategie alternative. I sondaggi indicano che gli elettori punirebbero i promotori della dicotomia.
E forse anche per questo si sta facendo largo anche l’ipotesi di un governo di unità nazionale guidato da un tecnico.
Dal post-franchismo, in Spagna, non era mai successo. Nonostante gli scandali di corruzione e di lotta sporca al terrorismo che aveva caratterizzato i tumultuosi anni Novanta, o la crisi economica del 2008, la classe politica non era mai stata delegittimata a tal punto e non aveva mai neppure pensato di adbicare alla sua funzione di rappresentanza.
Non siamo ancora all’imitazione della formula nostrana del governo dei tecnici, ma la strada per giungervi non sembra essere lunga. E non è affatto detto che per la Spagna questo sia un bene.