Speriamo solo che la vera festa non la facciano i mullah agli Usa
23 Marzo 2009
Commentando gli auguri di buon anno rivolti da Obama all’Iran, il ministro degli esteri Mottaki ha detto: “È bello che il Nowruz venga usato come occasione per un messaggio di pace e amicizia, ma per quanto riguarda gli altri aspetti li stiamo valutando”. Si riferiva alle diverse richieste giunte dalla diplomazia americana: bloccare la rincorsa nucleare, smetterla di finanziare Hamas ed Hezbollah, favorire il processo di stabilizzazione dell’Afghanistan.
Il tono delle risposte iraniane alle aperture della Casa Bianca è sempre lo stesso, uno snobbare sarcastico ogni proposta realistica di Washington, con richieste impossibili da soddisfare (tipo che gli Usa dovrebbero rinnegare l’alleanza con Israele oppure confessare che l’11/9 fu la madre di tutte le cospirazioni). Il nuovo giorno, la stagione dei nuovi inizi, gli appelli di Obama sulla responsabilità dell’Iran di fronte alla comunità internazionale, sono pezzi di un armamentario retorico destinati a cadere nel vuoto. Lo sanno gli americani e lo sanno anche gli alleati europei che plaudono alle distensione obamiana. Vedremo cosa diranno gli iraniani se davvero, come sembra, parteciperanno al vertice per la stabilizzazione dell’Afghanistan fissato per il prossimo 31 marzo all’Aia.
L’Iran è un Paese che ha rinnegato ogni valore laico e repubblicano ma Obama si rivolge ai mullah con deferenza chiamandola “Repubblica Islamica”, un riconoscimento che vecchi alleati come il Pakistan possono semplicemente sognarsi. Come ha fatto giustamente notare William Kristol, “libertà” è l’unica parola che non troverete nel discorso di auguri pronunciato da Obama al popolo iraniano. Non c’è neanche traccia di sinonimi come democrazia o diritti umani. Non ci sono espressioni di solidarietà verso la popolazione quanto piuttosto un velato riconoscimento del buon governo di Ahmadinejad.
Quando si parla di “people and leaders of Iran” sembra quasi che gli iraniani vivano in armonia con la dittatura clericale che ha annullato ogni opposizione interna nel Paese. La questione del nucleare iracheno è una toccata e fuga, nonostante il decollo atomico di Teheran stia scatenando una rincorsa nucleare in tutti gli stati limitrofi, spaventati dall’egemonia che l’Iran sciita – un regime eretico e pericoloso, secondo i sunniti – potrebbe acquistare se possedesse armi del genere.
Chiedere lumi sul programma nucleare, d’altra parte, avrebbe significato minacciare gli iraniani e Obama, di questi tempi, non vuole minacciare nessuno, solo trovare interlocutori moderati. Subito dopo il messaggio del presidente, il ministro dell’energia iraniano Fattah è andato in tv per dire che il programma per la costruzione della centrale di Bushehr proseguirà con l’aiuto dei russi e si concluderà entro la fine dell’anno.
Qualche giorno prima degli auguri di Obama siamo stati informati della morte di Omid Mir Sayafi, un giovane iraniano che non è più emerso dalle caverne di Evin. Era stato rinchiuso dentro a vita per aver insultato il leader supremo – l’Ayatollah Ali Khameney – e figuriamoci che fine avrebbero fatto se avesse lanciato una scarpa in testa ad Ahmadinejad. Dalla prigione Sayafi ha scritto a Khamenei: "Potrai amarmi mai quanto hai amato i figli dello sceicco Nasrallah?". Nasrallah è il caporione degli Hezbollah in Libano.