Spunta un nuovo video su Marrazzo. Cronistoria di una carriera finita male

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Spunta un nuovo video su Marrazzo. Cronistoria di una carriera finita male

26 Ottobre 2009

Piero Marrazzo è solo uno dei tanti personaggi tv prestati alla politica. Uno dei tanti che non ha portato a compimento il suo mandato (vedi Gruber e Santoro).

La sua carriera politica aveva avuto inizio nel novembre 2004 quando aveva accettato di candidarsi per la carica di presidente della regione Lazio, con la coalizione di centrosinistra, L’Unione, portando a segno una vittoria con il 50,7% dei voti. Nel periodo di campagna elettorale sarebbe stato spiato illegalmente allo scopo di ostacolarne l’elezione a presidente regionale (tale vicenda è correlata allo scandalo Laziogate).

In seguito all’elezione aveva suscitato alcune critiche da parte dell’opposizione il fatto che Marrazzo avesse aumentato, in maniera giudicata eccessiva, le consulenze e gli incarichi alla Regione Lazio, anziché procedere a tagli.

Rifiuti. A fronte dell’emergenza rifiuti nella Regione Lazio, aveva assunto una gestione commissariale che, secondo una sua prima dichiarazione, sarebbe dovuta scadere il 31 gennaio 2007, ma poi era stata da lui prorogata fino al 24 giugno 2008, data in cui era stato presentato al Consiglio regionale lo stato di attuazione delle misure per l’uscita dall’emergenza. Marrazzo aveva preferito attuare una politica di chiusura delle discariche già esistenti, affermando che un loro ampliamento non era all’ordine del giorno. E aveva puntato sul rilancio della raccolta differenziata, con l’obiettivo di raggiungere il 50% nel 2011, con investimenti per oltre 300 milioni di euro da destinare alle Province e ai Comuni del Lazio. In particolare, era stato raggiunto un accordo con il Comune di Roma per portare la raccolta differenziata fino al 45% entro il 2013.

Sanità. All’inizio dell’attività di governo aveva chiamato tutte le Asl e le aziende ospedaliere a una verifica sui conti della sanità. Dai documenti contabili trasmessi dalle Aziende sanitarie, ospedaliere, dagli Irccs e dai Policlinici era emerso un debito di circa 10 miliardi accumulato negli anni precedenti. All’inizio del 2007, era stato sottoscritto con il Governo un piano di rientro per l’abbattimento del debito e la nuova gestione del sistema sanitario regionale. Il debito, oggetto di transazioni con le banche, era stato ristrutturato grazie ad un prestito della Cassa Depositi e prestiti pari a cinque miliardi di euro.

Per far fronte all’indebitamento della sanità regionale, Marrazzo aveva assunto ad interim l’assessorato alla sanità. Tra i provvedimenti, aveva predisposto la chiusura di alcuni ospedali romani, tra cui il Forlanini e il San Giacomo, decisione che aveva provocato varie proteste da parte degli ospedalieri interessati e di numerose associazioni di residenti. Sui tagli decisi da Marrazzo era giunto l’allarme di Confindustria che temeva una perdita di 3.500 posti di lavoro.

A partire dal 17 settembre 2008 Marrazzo aveva reintrodotto il pagamento del ticket sui medicinali nelle farmacie del Lazio, in base a un decreto che era stato contestato da associazioni come Federfarma, Cosnil, Federitalia Consumatori.

Il 30 settembre 2008 aveva ottenuto dal governo Berlusconi lo sblocco di fondi pari a 5 miliardi di euro, dovuti dallo Stato alla Regione, come già indicato dalla Corte dei Conti del Lazio, con cui rimpinguare le casse della regione per far fronte all’indebitamento della spesa sanitaria cimpegnandosi col ministro Sacconi a ridurre il debito (9 miliardi e 700 milioni) entro il 2009.

La scossa sui transessuali. Il 23 ottobre 2009 la sua carriera politica subisce uno scossone che ne provoca l’epilogo: viene diffusa la notizia che Marrazzo sarebbe stato ricattato da quattro persone, tutte appartenenti all’arma dei Carabinieri, in possesso di un video teso a dimostrare il legame tra il Governatore e un transessuale avvenuto nel luglio precedente in un appartamento di via Gradoli, nella zona nord di Roma.

Un "questione morale", che gli è caduta addosso e ora pesa come un macigno. Proprio a lui che tra i punti della sua campagna elettorale aveva insistito sulla questione etica: "Vogliamo stabilire un nuovo e più rigoroso codice etico per gli amministratoti politici e per i dirigenti e fare della regione Lazio il centro propulsore di una nuova attenzione alla questione etica nella pubblica amministrazione".

In seguito al risvolto mediatico causato dalla vicenda, Marrazzo, dopo aver negato in un primo momento il proprio coinvolgimento, ammette l’incontro con la transessuale, "frutto di una mia debolezza della vita privata, e si autosospende dalla carica di Presidente della Regione Lazio, lasciando al Vice-Presidente e Assessore all’Urbanistica della Regione Lazio Esterino Montino tutti i poteri della carica.

La smentita di Marrazzo. Inizialmente venerdì Marrazzo aveva dichiarato l’intenzione di continuare il suo mandato: "Continuerò con serenità e determinazione a essere presidente", tutto è "basato su una bufala", aveva detto, seppure visibilmente scosso. E aveva dichiarato fermamente: "Mi vogliono colpire alla vigilia delle elezioni. Sono amareggiato e sconcertato per il tentativo di infangare l’uomo per colpire il Presidente. Quel filmato, se davvero esiste, è un falso. È stato sventato un tentativo di estorsione basato su una bufala. Non ho mai pagato, nego di aver mai versato soldi. Bisogna vedere se l’assegno che dimostrerebbe il pagamento l’ho firmato io. Occorrerà attendere l’esito delle perizie calligrafiche". Poi aveva ribadito: "Non ero a conoscenza di questa vicenda, quanto sta accadendo non risponde a verità. Quanto è successo, è un atto di una gravità inaudita, e dimostra che nel nostro paese la lotta politica ha raggiunto livelli di barbarie intollerabili. Ma io non mi dimetto e vado avanti". Poi, visibilmente emozionato, aveva aggiunto: "Ho una famiglia alla quale tengo più di ogni altra cosa e che voglio preservare con tutte le mie forze. Sul piano politico ho risposto, sul piano umano mi faccio delle domande. Da questo momento – aveva proseguito – di questo argomento parleranno esclusivamente i miei legali".

Salvo poi venire smentito dagli sviluppi della vicenda. Aveva affermato di non aver pagato i ricattatori, mentre esistono gli assegni, sia pure non incassati, e addirittura di non aver nemmeno saputo del ricatto, mentre dai verbali emerge il contrario. Smentita anche la non esistenza del video: il maresciallo Antonio Tamburrino, uno dei quattro indagati sentiti sabato dal gip, ha consegnato una copia del cd ai carabinieri. Infine, il trans Natalie ha riferito in un’intervista che il presidente l’avrebbe chiamata venerdì "per tre volte" chiedendole di "non parlare con nessuno" in merito alla vicenda. Natalie asserisce, tra l’altro, di conoscere Marrazzo da sette anni.

Le ammissioni di Marrazzo. Di fronte alla realtà dei fatti l’ex, ormai, Governatore della Regione Lazio ha scoperto le carte e ha affermato in una nota: "Sono consapevole che la situazione ha assunto un rilievo pubblico di tali dimensioni da rendere oggettivamente e soggettivamente inopportuna la mia permanenza alla guida della Regione, anche al fine di evitare nel giudizio dell’opinione pubblica la sovrapposizione tra la valutazione delle vicende personali e quella sull’esperienza politico-amministrativa. Ho quindi deciso di auto-sospendermi immediatamente e a tal fine ho conferito al vicepresidente la delega ad assumere la provvisoria responsabilità di governo e di rappresentanza ai sensi della normativa vigente, rinunciando a ogni indennità e beneficio connessi alla carica. In considerazione degli importanti provvedimenti di governo e legislativi che nell’immediato dovranno essere assunti, in virtù della particolare congiuntura economica e anche in relazione alle funzioni che svolgo in qualità di commissario di Governo, ho deciso di aprire un percorso – conclude – che porti alle mie dimissioni dalla carica di presidente della Regione".

Il fantasma del secondo video. Ma la storia non finisce qui. È infatti saltato fuori, nelle ultime ore, un secondo video che documenterebbe un altro incontro con due transessuali, secondo quanto rivelato da La Repubblica. Le immagini sarebbero state girate qualche mese prima del luglio scorso, quando è stato registrato il filmato al centro della vicenda che coinvolge i quattro carabinieri al momento agli arresti. Si tratterebbe di un video esplicito, di dieci minuti, girato da uno dei due transessuali che in quella occasione si trovavano con il presidente della Regione Lazio. Secondo gli inquirenti, una copia di questo primo video sarebbe ancora in circolazione. E proprio queste immagini sarebbero l’oggetto del ricatto. Sarebbe poi stato proprio quel primo filmato "ad avere svelato ai quattro carabinieri del Trionfale la vulnerabilità di Marrazzo e che li avrebbe convinti a provare una ‘stangata in proprio’", come si legge da quotidiano.

E sempre La Repubblica, Marrazzo ha concesso amare dichiarazioni: "Vuol sapere se ho sbagliato? Vuole che lo ripeta, tre, quattro, cento volte? Sì, ho sbagliato. In questa storia ne esco a pezzi, maciullato, messo alla gogna, per colpa di chi si è infilato nella mia vita privata in una mattina di luglio. Un incubo, lo ricordo come un incubo". Il governatore della Regione Lazio si è autosospeso dopo lo scandalo che lo ha travolto. "Sono entrati in quella stanza, hanno detto di essere delle forze dell’ordine, hanno rovistato nel mio portafoglio, hanno preso dei soldi. Per evitare il peggio ho staccato tre assegni. Tutto si è svolto in pochi minuti, nessuno di loro ha mostrato tesserini né dei carabinieri né della polizia, quelle facce, quei movimenti rapidi, quel terrore, quel senso di angoscia…". La mancata denuncia: "Per paura e vergogna". "Da quel luglio – spiega Marrazzo – è calato il silenzio, io ho bloccato gli assegni ma nessuno ha provato ad incassarli. Ho detto: è andata. Ma avevo ancora paura, una paura fottuta. Temevo che una violenta incursione nella mia sfera privata potesse rovinare tutto. Così ho taciuto fino al 21 ottobre, quando sono stato convocato dal giudice. Ho taciuto e ho sbagliato, ho commesso un tremendo errore, dovevo denunciare tutto".

Il coinvolgimento del Premier e gli ultimi sviluppi. È di stamane la notizia secondo cui Silvio Berlusconi aveva avvertito Piero Marrazzo dell’esistenza del video. La clamorosa rivelazione viene dal Corriere della Sera, secondo cui il Premier avrebbe telefonato al governatore del Lazio comunicandogli che alla Mondadori era stato offerto il filmato compromettente. Un contatto che risalirebbe a tre giorni prima dell’arresto dei quattro carabinieri.

Una volta ricevuta la notizia, sembra che Marrazzo abbia deciso di non fare nessuna denuncia. Era stata l’agenzia Photo Masi di Milano a contattare il settimanale Chi offrendo il video. Alfonso Signorini, il direttore, ha riferito al Corriere di averlo guardato, e di aver spiegato subito di non essere interessato, anche se, ha precisato, ne avrebbe parlato con i vertici dell’azienda. L’agenzia richiedeva 200mila euro trattabili.

Ma anche i vertici gli avrebbero detto di rifiutare la proposta. Sarebbe stata proprio Marina Berlusconi, presidente di Mondadori, ad avvertire il padre della vicenda. Berlusconi avrebbe guardato le immagini per poi chiamare Marrazzo, spiegandogli che il video era nelle mani della Mondadori, ma che l’azienda non l’avrebbe acquistato. Una mossa che si spiegherebbe con la volontà del capo del governo di non sfruttare uno scandalo sessuale di un esponente dell’opposizione a fini politici.

Ed è stato a quel punto che per Marrazzo si sono aperti momenti molto difficili. Il governatore sperava ancora di potersi salvare, sottraendosi al ricatto. Si era messo in contatto con l’agenzia fotografica e sembrava che la prova potesse essere distrutta. Ma gli investigatori del Ros hanno bloccato il fotografo che aveva avuto il video dai militari della Compagnia Trionfale prima che incontrasse Marrazzo. La Photo Masi è stata quindi perquisita e una copia del video sequestrata. Gli agenti sono poi entrati anche nella redazione di Chi per prendere la seconda copia. Il giorno dopo Marrazzo è stato convocato in Procura, dove ha ammesso quello che viene raccontato nel video ma omettendo di aver cercato di bloccarlo. Al momento dell’arresto degli agenti però lui aveva gridato alla bufala, nonostante avesse confessato tutto davanti ai magistrati.

In attesa del faccia a faccia con la Giustizia. La posizione del dimissionario governatore rischia di aggravarsi nelle prossime sotto il profilo giudiziario qualora dovessero emergere "distonie" rispetto agli interrogatori dei protagonisti del caso, all’esame dei conti correnti del Presidente e degli indagati, agli accertamenti su chi e come ha portato la droga al festino di via Gradoli, alle telefonate in partenza e/o in arrivo dagli uffici regionali del numero uno dell’ente amministrato dal centrosinistra. Marrazzo rischia seriamente di dover rispondere di peculato, secondo una giurisprudenza ormai consolidata, per l’uso dell’auto di servizio per esigenze non istituzionali.

In un secondo momento, a seguito dai controlli patrimoniali in corso sui soldi girati da Marrazzo ai carabinieri (compresi quelli non incassati degli assegni) l’autorità giudiziaria potrebbe anche arrivare a contestare la corruzione visto che Marrazzo avrebbe pagato/corrotto per bloccare la divulgazione del video, puntando così a ottenere un vantaggio da un’azione illecita, seppur commessa da altri. Se avesse denunciato in tempo l’estorsione, oggi il governatore dormirebbe sonni tranquilli sotto il profilo penale.